Italian former Prime Minister, Matteo Renzi, talks during his speech at the National Assembly of Local Administrators in Rimini, Italy, 28 January 2017. ANSA/PASQUALE BOVE

Oggi la Direzione del Pd. Renzi: ‘Chi perde congresso o primarie, il giorno dopo rispetti esito del voto’

 

A quanto pare sembra che Matteo  Renzi abbia deciso e oggi, salvo ripensamenti,  alla Direzione del Pd,  davanti a  200 membri con diritto di voto, che, per l’occasione, è stato allargato ai 416 parlamentari e ai 120 segretari locali, annuncerà la volontà di portare al più presto il suo Pd al congresso anticipato. Renzi non annuncerà, comunque, le dimissioni dalla carica di segretario. Invierà, invece, una lettera aperta a tutti gli iscritti del Pd, subito dopo la Direzione, che conterrà una vera chiamata alle armi contro ‘polemiche, accuse, divisioni interne e caminetti da Prima Repubblica’. Inviterà a non rassegnarsi per rilanciare il Pd, rimesso in cammino con una leadership legittimata dal voto popolare, rispettando la regola che chi perde dà una mano a chi vince.  Renzi, ipoteticamente, annuncerà le sue dimissioni formali nei prossimi giorni con una lettera a Orfini, presidente del partito, o direttamente nella sede dell’Assemblea nazionale il 18 febbraio.  Per fine aprile,  e in tempo per andare a votare a giugno o, al massimo, a ottobre,   il Pd avrà un nuovo segretario eletto che, almeno ai nastri di partenza, si chiamerà sempre Matteo Renzi. E’, quindi, stato stabilito, a seguito di una riunione di ieri tenutasi al Nazareno, il percorso congressuale a tappe forzate, anche se nel pieno rispetto dello Statuto. Questo, per tacitare la minoranza che chiede ‘la segreteria di garanzia’. Renzi e i suoi metteranno ai voti il seguente timing congressuale: il 18 febbraio convocazione dell’Assemblea nazionale che indice il congresso. Il vero rischio che corre Renzi è che l’Assemblea può votare, se si trova una maggioranza alternativa,  un altro segretario.  Poi, ‘Convenzioni dei circoli’,  dove si presentano le candidature e in cui possono votare solo gli iscritti dem in regola con le quote 2016, termine prorogato al 28 febbraio, nel giro di un mese al massimo. A fine marzo, ‘Convenzione nazionale’ che screma le candidature fino a un massimo di tre,  purché abbiano preso almeno il 5% dei voti. Infine, ai primi di aprile celebrazione delle primarie per il segretario, carica che nel Pd coincide con il candidato premier, attraverso  i  gazebo cui votano iscritti ed elettori. La data del congresso non è collegata alla data del voto alle Politiche, che invece dipende dalla legge elettorale e dalle scelte del governo.  Oggi, in Direzione, ci saranno il premier Gentiloni e il ministro Padoan. Bisogna vedere  cosa faranno i pezzi di maggioranza ‘diversamente renziana’. Parliamo della metà   dei Giovani Turchi, Area dem e Sinistra&cambiamento, tre aree che fanno riferimento a tre ministri: Martina, Franceschini e Orlando.  ‘Io non ci sto a farmi cuocere: tanto è chiaro che nessuno vuole trovare l’accordo sulla legge elettorale. E se accelero i tempi del congresso, trovo la minoranza impreparata, divisa tra vari candidati’, ha spiegato Renzi a un esponente della sua maggioranza. Oggi,  il presidente Orfini chiuderà la discussione dando il via al percorso verso il congresso, con la convocazione dell’Assemblea nazionale, come dicevamo,  già sabato 18. Un’ipotesi che allarma la minoranza, tanto da evocare nuovamente l’opzione B, la scissione: ‘Se non si anteponesse la voglia di rivincita al bene del Paese, adesso dovremmo fare la legge elettorale, andare a congresso in ottobre e votare a scadenza naturale’, predica il bersaniano Miguel Gotor: ‘Se Renzi oggi insiste per il voto a giugno, allora sarebbe un irresponsabile e la scissione diventerebbe possibile’.  La minoranza vorrebbe fare il congresso dopo le amministrative perché pensano che andranno male e possono così servire a logorare Renzi.   Che è invece molto attento a risollevare la sua immagine dopo la batosta del referendum. Per questo si è infuriato con il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, sulla vicenda della manovra aggiuntiva richiesta dall’Europa da 3,4 miliardi, di cui l’ex premier non vuole nemmeno sentire parlare: ‘Non possiamo passare per quelli che alzano le tasse’, gli ha ripetuto. D’altra parte, racconta chi conosce bene il ministro che, per lui, l’aumento di Iva e accise non sia un tabù, a differenza di Renzi e i suoi che ne temono l’effetto politico. ‘Comunque sia, qualunque operazione si volesse fare per andare incontro all’Europa, bisognerebbe farla dopo il Def di aprile’, ha fatto sapere il segretario. Renzi  è convinto che, quando uscirà il consuntivo Istat del 2016, il dato del Pil sarà più alto del previsto: ‘E’ realistico raggiungere l’1 per cento’, considera il responsabile economico del partito, Filippo Taddei. Nel frattempo ieri si è aperto  un nuovo centrosinistra al Teatro Ambra Jovinelli a Roma, con l’assemblea nazionale ‘Si apre’.  Circa 600 persone provenienti da gran parte delle regioni italiane hanno partecipato all’incontro promosso da Arturo Scotto e dagli attivisti di ‘Sinistra Italiana’ che si erano raccolti attorno alla sua candidatura a segretario, poi ritirata a seguito di varie polemiche alla vigilia dei Congressi locali. Sono intervenuti anche il sindaco di Rieti Simone Pietrangeli e il giovane Tommaso Sasso, esponente dei comitati ‘Consenso’ di Massimo D’Alema. Tra le personalità presenti anche Claudio Fava, Michele Piras, Arcangelo Sannicandro, Marisa Nicchi e altri deputati di ‘Si’ ma anche l’ex segretario nazionale del Prc Franco Giordano. L’introduzione è stata affidata all’onorevole Ciccio Ferrara, il quale ha detto: ‘Serve un campo largo progressista e popolare, ma la politica è sempre più distante dalle persone. Dopo la fine di Sel non volevamo l’ennesimo partitino della sinistra, ma un progetto ampio con un processo largo che partisse dai territori. Ciò non è stato fatto: il gruppo dirigente di ‘Si’ non si è reso conto che c’è una novità dopo il referendum, anche con il dibattito che si è riaperto nel Pd, ci hanno chiamati venduti. Io non posso accettare che per fare un partitino si denigri il nostro lavoro. Non ci possono accusare di aver fatto tessere false e poi rivendicare di aver 22 mila iscritti: delle due l’una. Il congresso di ‘Si’  non è contendibile, è una partita truccata e io non andrò a Rimini. Dobbiamo osservare cosa avviene lì dentro sperando che cambi qualcosa, ma intanto ci apriamo per federare ciò che si muove fuori e attorno a noi’. Molto applaudito è stato Gianni Cuperlo del Pd che ha sottolineato l’importanza di ricostruire un centrosinistra che torni a parlare ai più deboli andando in discontinuità con gli ultimi anni.  L’altro deputato dem Nico Stumpo  ha invocato il rilancio di una sinistra in questo paese a cui devono contribuire persone esterne ed interne al Pd, e che il Pd deve tornare a essere il soggetto a cui ruota intorno la sinistra italiana. Ha chiuso l’assemblea Arturo Scotto: ‘Solo ‘Sinistra Italiana’ non si è resa conto che dal 4 dicembre tutto è cambiato. Renzi non è più a Palazzo Chigi, seppure ora vi sia un governo fotocopia. Vogliamo una sinistra utile a cambiare il quadro politico. Renzi vuol fare un’alleanza con Berlusconi, il nuovo centrosinistra è l’unico antidoto a questo. Bisogna riaprire la partita e farlo in autonomia, nessuno di noi vuol finire nel Pd, lo avremmo potuto fare in altre stagioni. Ma il popolo del Pd non è assuefatto al renzismo, bisogna aprire le contraddizioni in quel mondo. La bussola sia l’unire le forze di progresso’. Questa lieve ricostruzione di questo evento lascia capire che è stata ribadita la  decisione di non partecipare al Congresso nazionale,  verificando i prossimi sviluppi affinché possa rinascere una coalizione di centrosinistra diversa rispetto a quella che ha governato negli ultimi anni. Ovviamente si unisce agli altri segnali di chi è  in aperto dissenso con Renzi,  sperando in una sua caduta, sia da segretario del partito, sia da candidato premier.

Roberto Cristiano

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