Nomine, da CDP a FS: Draghi mette i partiti in fuorigioco

Dalla campagna vaccinale,  al Recovery Plan passando per le tante crisi industriali ancora aperte in cerca di una soluzione: sono tanti i dossier sul tavolo di Palazzo Chigi ai quali se n’è aggiunto un altro decisamente “pesante” che rischia di creare (non poca) maretta.

Una partita delicatissima e strategica quella delle nomine pubbliche pronta ad impegnare, a stretto giro,  il Governo, alla quale i partiti guardano da sempre con una certa attenzione e apprensione. Tante le partecipate dello Stato in scadenza tra le quali molte big.

A cominciare da Cassa Deposito e Prestiti, affidata tre anni fa dal governo gialloverde all’ad Palermo, ora in scadenza. Nomina questa particolarmente cruciale perché Cdp è attiva su molti fronti, da Autostrade  alla rete unica (la Cassa è azionista di Tim con il 9,8% ed è socia di Enel nel capitale di Open Fiber). Del ricco pacchetto fanno parte anche Rai e Ferrovie, oggi in mano all’amministratore delegato Gianfranco Battisti.

Rispetto all’era Conte quando le nomine crearono più di qualche scontro, il Premier Draghi è pronto ad un netto cambio di rotta che rischia di generare più di qualche turbolenza.

“Lo schema dovrebbe prevedere la scelta dei vertici – dunque amministratore delegato e presidente – ad appannaggio del premier, lasciando ai partiti la possibilità di mettere il becco solo sui consiglieri, con il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Roberto Garofoli a gestire le quote in una sorta di manuale Cencelli”.

Il nuovo metodo, tra l’altro, viene fatto notare, ha già scaldato i motori nella partita dell’Ex Ilva con la scelta di Franco Bernabè per l’incarico presidente di Acciaierie d’Italia.

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