New York, l’Isis rivendica l’attacco: ‘Saipov è un soldato del califfato’

L’Isis ha rivendicato l’attacco di New York di martedì scorso costato la vita a otto persone: lo riporta la stampa internazionale, che cita il giornale online Al-Naba del gruppo jahadista. ‘L’aggressore é uno dei soldati del califfato’, scrive il giornale.

Intanto Donald Trump annuncia l’ennesimo giro di vite sugli immigrati, sino a ventilare l’ipotesi di inviare Saipov e gli ‘animali’ come lui a Guantanamo. E dopo l’attentato, domenica maratona blindata a New York.

Il killer di New York e’ arrivato negli Stati Uniti nel marzo del 2010 con una Green Card vinta alla lotteria annuale

‘Il terrorista di New York merita la pena di morte’,  Donald Trump continua a cavalcare politicamente la ‘strage di Halloween’, dopo aver chiesto una legge sull’immigrazione più severa e aver attaccato i democratici, nonché una giustizia lenta diventata una ‘barzelletta’. Intanto proseguono le indagini sull’attentato con un pickup compiuto dall’uzbeko Sayfullo Saipov in nome dell’Isis per accertare eventuali complicità o legami con la rete terroristica, anche se finora lui resta l’unico sospettato, anche dopo l’interrogatorio di un suo concittadino, il trentaduenne Mukhammadzoir Kadirov, inizialmente ricercato perché irreperibile.

‘Il terrorista di New York era felice quando ha chiesto di appendere la bandiera dell’Isis nella sua stanza di ospedale. Ha ucciso 8 persone e ne ha ferito gravemente 12. Dovrebbe essere condannato a morte!’, ha twittato il tycoon:  ‘Ci piacerebbe vedere il terrorista di New York a Guantanamo ma statisticamente il processo richiederebbe troppo tempo per andare attraverso il sistema federale. C’è qualcosa di più appropriato per l’orribile crimine che ha commesso. Pena di morte’, ha incalzato, facendo marcia indietro sull’ipotesi di inviare l’attentatore nel famigerato carcere di Cuba per processarlo con la procedura militare. Ma il suo nuovo intervento a gamba tesa rischia di essere pericoloso, minando l’imparzialità del futuro procedimento. Gli esperti legali sostengono infatti che i suoi commenti potrebbero essere visti come un pregiudizio per un processo equo. Nei giorni scorsi, ad esempio, un giudice militare ha spiegato che valuterà una sentenza più lieve per Bowe Bergdahl, un soldato Usa che ha disertato la sua base in Afghanistan, proprio perché in precedenza Trump aveva chiesto per lui la pena di morte.

E’ prassi che i presidenti non prendano posizione mentre i procedimenti sono ancora in corso. Ci sono alcune eccezioni, come quando nel 1970 l’allora presidente Richard Nixon dichiarò nel bel mezzo del processo a Charles Manson che era colpevole degli omicidi contestatigli, inducendo i suoi difensori a chiedere l’annullamento del dibattimento. Nixon fu costretto a ritrattare per consentire la prosecuzione del processo. Trump aveva già chiesto la pena capitale in altri casi clamorosi, ma non era alla Casa Bianca: nel 1989 pagò 85 mila dollari per una pubblicità su un quotidiano di New York per chiedere il ripristino della pena di morte contro un gruppo di cinque neri e un ispanico accusati di stupro. Tutti poi furono assolti dal test del Dna. Gli investigatori continuano intanto a scavare nella vita di Saipov.

La moglie Nozima Odilova, 24 anni, sta collaborando, ma sostiene che non sapeva nulla dell’attacco pianificato per un anno dal marito e si è detta ‘scioccata’ quando lo ha saputo. ‘Aveva mostri dentro di lui’, ha raccontato al Nyt un conoscente dell’assalitore. Un imam della Florida era invece preoccupato della sua cattiva interpretazione dell’Islam. Restano gli interrogativi su se e quanto sapesse di lui l’Fbi, dato che Saipov aveva alcuni contatti con persone sotto inchiesta per terrorismo nel 2015, come un uzbeko alle cui nozze partecipò in Florida.

Il resto è emerso dalle imputazioni che Saipov ha ascoltato impassibile ieri in aula: un attentato pianificato da un anno, provato recentemente, attuato nel giorno di Halloween per fare più vittime e che doveva includere il ponte di Brooklyn, dopo una radicalizzazione e un addestramento online documentati da decine di immagini e video dell’Isis. Compreso quello in cui il leader Abu Bakr al-Baghdadi chiede cosa stiano facendo i fedeli dell’Islam in Usa e nel mondo per rispondere all’uccisione dei musulmani in Iraq.

 

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