Nettuno. Rubava soldi ad un suo connazionale, arrestato e una multa di 2.000 euro

Diceva di far del bene, doveva esser il Robin Hood dei poveri e invece era quello di se stesso. Fingendosi un benefattore ha sottratto tutto il denaro donato all’indiano di 35 anni che a febbraio 2009, mentre dormiva su una panchina alla stazione di Nettuno, Roma, era stato aggredito con violenza da due uomini che, dopo averlo ripetutamente colpito, gli avevano poi dato fuoco, provocandogli ustioni gravi su tutto il corpo. Ma gli investigatori della Digos l’hanno scoperto e arrestato. Dopo l’episodio, raccontato anche dai media, la vittima era stata destinataria di numerose iniziative di solidarietà che avevano coinvolto anche i più alti livelli istituzionali. All’uomo un connazionale aveva offerto ogni tipo di assistenza, aprendo a suo nome anche un conto corrente su cui far convergere tutti i fondi donati per far fronte alle spese mediche. Ma poco dopo il benefattore si era rivelato uno sfruttatore e aveva indotto la vittima dell’aggressione a effettuare operazioni bancarie a suo favore, distraendo quindi i fondi dalle finalità per le quali erano stati donati. A far partire le indagini sono stati gli investigatori della Digos della Questura di Roma, guidati da Lamberto Giannini, sulla base di alcune segnalazioni di rappresentanti della comunità indiana che avevano scoperto il doppiogioco del loro connazionale. L’uomo, indiano 48enne, è stato condannato a tre anni di reclusione e 2.000 euro di multa, oltre ad un risarcimento di 12.000 euro e al pagamento delle spese processuali. Gli investigatori della Digos, attraverso una serie di indagini, coordinate dal Sostituto Procuratore Mario Palazzi, durate oltre due anni, sono riusciti a ripercorrere tutti i movimenti del denaro che l’uomo era riuscito a sottrarre alla sua vittima, tra cui due assegni che erano stati acquisiti dal truffatore all’insaputa del beneficiario. Le indagini e le testimonianze raccolte presso istituti di credito e agenzie postali, ospedali e istituti di riabilitazione hanno consentito di ricostruire il quadro probatorio, sulla base del quale il Gip Francesco Patrone ha adottato il provvedimento di condanna.

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