Nel Pd è scontro sulle alleanze a sinistra

A 2 giorni dalle primarie si scalda la campagna per la guida del Pd. Dopo il confronto in  tv  ad animare il dibattito sono state le parole di Matteo Renzi: ‘Con quelli che sono andati via dal Pd è ovvio che noi non facciamo alleanze. Non perché hanno insultato me ma perché hanno tradito migliaia di militanti e simpatizzanti. La gente non capirebbe se ci rimettessimo insieme, capirebbe che è per tre poltrone in più’. Parole che arrivano dopo che  a Sky Renzi non aveva escluso larghe intese con Forza Italia, precisando però che ‘lavorerò perché non ci sia il proporzionale’, e dunque per evitarlo.

Le affermazioni di Renzi, però, non vanno giù al ministro della Giustizia Andrea Orlando, che proprio sulla ricostituzione del centrosinistra basa la sua candidatura: ‘Quando e se si porrà questo tema io chiederò la convocazione di un referendum nel popolo del centrosinistra per chiedere se andare con Pisapia o con Berlusconi. Io tra Pisapia e Berlusconi scelgo Pisapia, se per questioni di rancore personale per Renzi non è così non credo sarà compreso dal nostro popolo’. Il Guardasigilli torna ad incalzare Renzi alludendo ad una sua preferenza per il ritorno alle larghe intese con Berlusconi: ‘Io penso che parlare di un eventuale accordo con la destra sia pericoloso, così M5S arriva al 51 per cento’, sostiene Orlando che crede nel ritorno dell’Ulivo, sostenuto anche da Prodi e Bersani.

A Orlando, da Porta a porta, ha replicato  Renzi: ‘Una cosa è se si dice Pisapia, ma se si scrive Pisapia e si legge D’Alema è un’altra cosa. D’Alema ha brindato il giorno delle elezioni, ha rotto il Pd, ha fatto quello che ha fatto’.

Pisapia per ora spinge per unire tutto il centrosinistra, da Sinistra Italiana al Pd, ma i suoi desiderata non sembrano avere grandi possibilità se domenica le primarie incoroneranno segretario Renzi. Sia dal punto di vista politico che tecnico-elettorale.

Durissimo contro Renzi è stato  Michele Emiliano che denuncia la ‘sua incapacità politica’ e giudica una sciagura per il Pd, per la sinistra e per il Paese la possibilità che venga confermato segretario. Il governatore pugliese ha quindi lanciato un appello con una lettera ai suoi sostenitori, affermando che ‘la nostra vittoria potrebbe essere più vicina di quanto noi tutti possiamo immaginare’. In caso di sconfitta, però, ‘continueremo a essere scomodi, critici, insopportabilmente sinceri. Saremo la coscienza critica del Pd e dell’Italia e, se dovessimo essere chiamati a governarla, lo faremo a modo nostro, con imparzialità ed efficienza’.

Lo scontro è destinato a rimanere teorico finchè non si capirà se la legge elettorale sarà maggioritaria, ipotesi del Pd che non trova numeri in Parlamento, o, come tutto lascia pensare, proporzionale. Renzi a quel punto non ha intenzione di cedere al premio alla coalizione che favorirebbe con certezza solo il centrodestra. E lo costringerebbe a valutare intese a sinistra: ‘Se c’è il proporzionale i partiti si presentano e poi fanno gli accordi in Parlamento, io volevo cambiare questo sistema ma al referendum ho perso’, dice l’ex leader per addossare agli altri la tentazione delle larghe intese. Il Guardasigilli, invece, chiede il premio alla coalizione proprio in chiave di riunificazione del centrosinistra. Dopo le primarie di domenica si capirà meglio in che direzione andrà il Pd.

Ultimi fuochi di una campagna elettorale che però ha, fin qui, smosso poco gli animi dei democratici. E infatti l’affluenza è la grande incognita.  Renzi ha messo le mani avanti, dicendo che le primarie sarebbero un successo se i votanti fossero più di un milione. Per Orlando, invece, se non venisse raggiunta la soglia dei due milioni la consultazione sarebbe un ‘flop’, rispetto ai 2,18 milioni del 2013. Numeri su cui già si inizia a giocare la partita del dopo congresso.

Roberto Cristiano

 

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