‘Ndrangheta: sei arresti per estorsioni a ditte sull’A3

Controllavano gli appalti sulla Salerno- Reggio Calabria. Sei persone, appartenenti alla ‘ndrangheta e presunti affiliati della cosca Nasone-Gaietti di Scilla, sono state arrestate dai carabinieri di Reggio Calabria e di Villa San Giovanni con l’accusa di estorsioni alle ditte impegnate nei lavori sull’A3.

Tra gli arrestati, ci sono anche tre operai accusati di essere collusi con la ‘ndrangheta ed impegnati nei lavori sull’A3. I tre, Francesco Alampi, Giuseppe Piccolo e Francesco Spano’, insieme a Francesco Nasone, ritenuto elemento di spicco della cosca e gia’ detenuto dopo l’operazione ‘Alba di Scilla’, sono accusati di estorsione e furto aggravati dall’aver favorito un sodalizio di tipo mafioso. Gli operai, erano dipendenti della ditta Santa Trada che aveva vinto un subappalto dei lavori e, secondo l’accusa, estorcevano denaro alla ditta appaltante. In particolare i tre sono accusati di avere rubato, nell’aprile scorso, materiale da lavoro e avere danneggiato un furgone della ditta. Quindi era seguita una richiesta di denaro per la restituzione del materiale e per mettere ”a posto” il cantiere.

Gli operai erano come dei burattini che Gli operai accusati di essere collusi, che secondo le indagini si muovevano sotto le direttive di Nasone, ma agivano liberamente senza destare sospetti. Ed infatti, avvicinavano le vittime con le loro richieste che poi venivano riportate ai vertici dell’organizzazione, per concertare le modalità di intervento. Con un secondo provvedimento sono stati arrestati Giuseppe Fulco, 41 anni, anche lui già detenuto dopo essere stato arrestato in flagranza di reato il primo giugno 2011, e sua madre Gioia Nasone, 68 anni, cui sono stati contestati l’associazione di tipo mafioso. Fulco, nipote diretto del defunto boss di Scilla Giuseppe Nasone, secondo l’accusa, si e’ piu’ volte recato su un cantiere esigendo da un imprenditore 6.000 euro, pari al 3% dell’importo dei lavori, come condizione necessaria alla prosecuzione degli stessi. In questo caso, secondo l’accusa, la cosca ha esercitato la pressione con due danneggiamenti subiti dalla ditta nel cantiere Anas nel tratto Scilla-Favazzina sulla statale statale 18. La madre svolgeva secondo le indagini il ruolo di collante tra il figlio recluso ed i vertici del clan.

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