Il Capo dello Stato vola a Berlino dalla Merkel, al suo ritorno solo ‘freddo e fame’

La Campagna elettorale è terminata, lo spoglio è stato fatto, vincitori e vinti decretati, adesso tocca al Presidente della Repubblica, Giorgio Napoletano, che a quanto pare ha tra le priorità oltre quella di fare il nuovo Parlamento anche di modificare la legge n. 270 del 21 dicembre 2005. Si tratta  della legge che ha modificato il sistema elettorale italiano, delineando la disciplina attualmente in vigore. È stata formulata principalmente dall’allora Ministro per le riforme Calderoli, che in un’intervista televisiva la definì “una porcata”. Proprio per questo venne definita ‘porcellum’ dal politologo Sartori. La norma sostituì le precedenti leggi 276 e 277 del 1993 (cosiddetto Mattarellum), introducendo un sistema radicalmente differente. Il nostro capo dello Stato, avrà un bel da fare, al suo ritorno dalla visita alla Merkel e a tre mesi dalla fine del semestre bianco. L’obiettivo massimo è trovare una maggioranza che riformi il Porcellum. Quello minimo, mettere in piedi un governo istituzionale, guidato magari dal prossimo presidente del Senato, che riporti il Paese alle urne senza danni. Dal Colle, oltre al silenzio ufficiale, filtrano l’amarezza e il dispetto per la scelta di Mario Monti di “salire” in politica senza dare retta ai consigli di Napolitano. Quella carta ora è bruciata, quell’ipotesi, viste anche le percentuali di voto raccattate dal Prof, è finita nel cestino. E allora il Quirinale, mentre le nuove Camere perderanno un mese nelle procedure di insediamento, di formazione dei gruppi e di nomina dei presidenti dei due rami, dovrà attingere al suo armamentario per trovare soluzioni creative. Napolitano userà i suoi poteri fino alla fine del suo mandato ma, essendo scattato il “semestre bianco”, non potrà più sciogliere le Camere. Organizzerà consultazioni-flash per verificare se esistono margini di intesa almeno tra due dei tre attori principali, Pdl, Pd, Cinque Stelle, se c’è almeno la possibilità di varare una nuova legge elettorale.
Se mai questo accordo minimo si dimostrerà praticabile, ma non è aria, si aprirà comunque un’altra questione: chi deve andare a Palazzo Chigi? Non c’è una regola precisa. Il presidente potrebbe conferire l’incarico esplorativo a una personalità indicata dal partito arrivato primo. Che succede però se i primi, alla Camera e al Senato, sono diversi? L’altra possibilità è quella di affidarsi a un personaggio neutrale, un nuovo Monti, e qui rinascono i rimpianti. Non sarà facile, dopo l’esperienza dei tecnici, trovare su piazza un’altra “riserva della Repubblica” a cui affidare le chiavi.Se invece l’intesa sarà impossibile, bisognerà comunque che qualcuno amministri il Paese. Potrebbe in teoria restare in carica Monti, con la consueta formula del “disbrigo degli affari correnti”. Oppure, per la gravità del momento, Napolitano potrebbe preferire una soluzione più forte e incaricare il presidente del Senato, se mai si riuscisse ad eleggerne uno: un governo istituzionale riporterebbe l’Italia alle urne coinvolgendo maggiormente il Parlamento.
Uno scenario (leggermente) più rassicurante anche per i mercati finanziari, in una fase di pericolo doppio vuoto politico. Al ‘buco’ da riempire a Palazzo Chigi si aggiungerà presto quello del Quirinale. Il mandato presidenziale scade il 15 maggio, ma già un mese prima le Camere in seduta congiunta devono riunirsi per trovare il prossimo capo dello Stato. Che fare se la partita del governo sarà ancora aperta? Come possono i partiti accordarsi per il Colle se non ci riescono per Palazzo Chigi? Ecco allora che rispunta l’idea di confermare Napolitano a tempo, finché il sistema non si riassetta. Re Giorgio però è stato chiarissimo: non sono disponibile. Peraltro l’istituto della proroga non è prevista dalla Costituzione. Certo, come ipotesi di scuola, potrebbe essere rieletto per un mandato pieno e lui potrebbe dimettersi in seguito. Intanto Napolitano vola a Berlino probabilmente per rassicurare la Merkel che l’Italia ce la farà.

 

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