‘Missione Sophia’, da Trenta a Salvini

La missione Sophia, sottoscritta dal governo Renzi,  va cambiata, serve una rotazione dei porti di sbarco, l’Italia non può accollarsi tutti gli oneri. È un intervento pacato nei toni ma risoluto nella sostanza quello della ministra della Difesa, Emanuela Trenta, alla riunione Difesa dell’Ue  a Vienna, nel quale illustra la proposta italiana di modifica delle regole della missione sulle quali non c’è accordo, tanto che da da Roma Matteo Salvini fa sapere che la pazienza italiana è ai limiti e che il governo valuterà se continuare.

Nel 2015 ci siamo assunti la responsabilità politica di far nascere la missione Sophia, ricorda la ministra sottolineando però che in questi anni la situazione è molto diversa: ‘Allora si riteneva che l’azione in acque extra-territoriali sarebbe stata solo una prima fase. Le cose in Libia sono andate diversamente e la presenza di Sophia dura ormai da tre anni. Finora, come Italia, abbiamo da soli accolto tutti i migranti salvati. Questo non è più possibile, lo dico a nome del governo. Occorre cambiare le regole. Per certi versi Sophia dimostra che l’Europa sa essere un security provider, ma penso che su Sophia si giochi l’immagine dell’Europa. La nostra proposta  mira ad introdurre una rotazione dei porti di sbarco e una unità di coordinamento che assegni il porto al Paese competente, l’auspicio è che venga aperto un dibattito su questo fronte, noi siamo qui per questo. Anche perché se tutti ne traggono beneficio da Sophia è naturale che anche gli oneri vengano condivisi equamente: sin dall’avvio l’Italia ne sopporta invece gli oneri maggiori, ad iniziare da quello per cui tutte le persone salvate in mare vengono sbarcate in Italia e non vi è alcun meccanismo di redistribuzione degli stessi tra Stati Membri’.

Salvini è pronto ad andare fino in fondo: ‘La missione navale Sophia ha un bel nome ma spesso non bellissimi risultati. Ho chiesto di condividere i porti di sbarco. Se anche a fronte di questo nuova richiesta otterremo un no dovremo valutare se continuare a spendere soldi per una missione che sulla carta è internazionale ma di fatto è tutta a carico di 60 milioni di italiani e di un solo Paese’.

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