Milano-Cortina, Olimpiadi invernali 2026

Il voto espresso a Losanna dal CIO riporta le Olimpiadi invernali in Italia, e ciò permette di ridare al nostro Paese una grande manifestazione sportiva. Si tratta di un esito da cui certamente deriva lustro per il sistema-Paese, e che ha il pregio di mandare un segnale di controtendenza rispetto alla penosa doppia figuraccia delle precedenti candidature romane a ospitare le olimpiadi estive. E come sempre succede in casi del genere, si è immediatamente scatenato il calcolo dei benefici che la grande manifestazione lascerà in eredità. Cifre iperboliche, di cui è meglio conservare i vaticini per poi sottoporle alla prova dei fatti.

La realtà dice che il ticket Milano-Cortina ha vinto la corsa all’organizzazione di un’Olimpiade invernale che nessuno voleva. Molte candidature sono state bocciate attraverso voto referendiario. È stato così per quella austriaca di Innsbruck, affondata da una consultazione tenuta contestualmente alle elezioni politiche del 2018. Idem per la candidatura canadese di Calgary, città che fra l’altro aveva ospitato le Olimpiadi invernali nel 1988. Ma i suoi cittadini, di avere un’altra volta il circo olimpico in casa, non hanno voluto saperne. E a novembre 2018 hanno bocciato la candidatura col 56,4% di voti contrari. Persino la candidatura svizzera di Sion, che soltanto un anno fa veniva giudicata come la più accreditata, è stata bocciata dai residenti del cantone di pertinenza. È successo poco più di un anno fa, quando il 53,9% dei votanti ha mandato a dire che le Olimpiadi invernali sono una cosa bellissima purché organizzata altrove.

È andata a finire che la candidatura di Milano-Cortina si sia trovata quasi sola, e senza una rivale temibile. Né si deve pensare che questa penuria di candidature sia effetto di una situazione eccezionale. È vero il contrario. Da qualche tempo a questa parte scarseggiano i paesi e le municipalità disposti a correre il rischio d’organizzare le Olimpiadi, specie nella versione invernale.  E quella del 2026, col trascorrere dei mesi, si è trasformata in un incubo per il CIO. Che a un dato momento ha rischiato seriamente di trovarsi con Milano-Cortina come unica candidatura. Una situazione che ha mandato nel pallone il presidente del Comitato Olimpico Internazionale, Thomas Bach, al punto da spingerlo a dire che la penuria di candidature per ospitare le olimpiadi invernali sia da attribuire ai cambiamenti climatici

Nella gara per ospitare le Olimpiadi invernali 2026 hanno vinto Lombardia e Veneto, insieme a Trentino-Alto Adige. A perder però potrebbe non essere stata solo la Svezia. Il grande evento, che indubbiamente avrà un impatto positivo sull’occupazione a medio termine, 8500 posti di lavoro previsti, potrebbe non essere così sostenibile e potrebbe incontrare più di una difficoltà a causa delle mutazioni del clima. Per il comitato organizzatore l’Olimpiade italiana risponde alle linee adottate dal Cio con la sua ultima riforma, la quale impone come requisito indispensabile per le candidature l’organizzazione di eventi a impatto ambientale contenuto e l’ottimizzazione di infrastrutture e sfruttamento del suolo. Ma il piano attuale di sostenibilità potrebbe non essere sufficiente a vincere la medaglia “verde”.

Uno dei principali problemi potrebbe essere lo scarso innevamento a causa del climate change. Secondo il climatologo Luca Mercalli lo scenario climatico non può che essere ostile a questo evento. Passeranno altri 7 anni e le temperature medie aumenteranno. Certamente non farà più freddo di oggi. Sotto i 2000 metri la carenza di neve è già oggi un problema reale». Nel 2017, 57 delle 666 località sciistiche alpine non hanno potuto contare sui 30 centimetri minimi di neve per i tre mesi necessari ad assicurare la sopravvivenza nella stagione invernale

Per essere sicuri di avete tutta la neve necessaria si rende necessario costruire nuovi bacini idrici necessari per l’innevamento, andando però così ad alterare ulteriormente un ambiente già fortemente antropizzato e diminuendo le riserve idriche per l’agricoltura. Oltre che con impatti energetici importanti. Secondo il WWF Italia i 4.700 km di piste italiane consumano, oltre a un’esorbitante quantità di acqua, 600 GWh di energia all’anno per un costo di circa 136.000 euro per ettaro di pista.
Sarà un evento fuori scala rispetto alla capacità di accoglienza di piccole vallate dolomitiche ambientamene fragili

Gli ecosistemi montani settentrionali sono inoltre molto fragili da un punto di vista della biodiversità e della stabilità ecologica, messi già a dura prova da un turismo sempre più sregolato e da una crescente antropizzazione. Secondo gli esperti nell’arco alpino dovrebbero aumentare le aree protette e spingere su quello che Legambiente ha definito nel report Nevediversa 2018, “turismo invernale leggero”. Invece le Olimpiadi2026 aumenteranno inevitabilmente la popolarità delle destinazioni per il turismo di massa che favorisce l’uso degli impianti da sci, invece che alimentare una crescita di turismo alpino invernale sostenibile, a base di sci alpinismo, fat bike riding e ciaspolate.

Ci saranno poi ovviamente gli impatti inevitabili di tutti i grandi eventi: dallo spreco e creazione di rifiuti, alla mole immensa di CO2 generata da tutti gli spostamenti dei 250mila partecipanti, tra sportivi, spettatori e operatori media attesi. Secondo il comitato per la tutela delle alpi costituito da Mountain Wilderness, WWF Terre del Piave O.A., Italia Nostra Sez. Belluno «sarà un evento fuori scala rispetto alla capacità di accoglienza di piccole vallate dolomitiche ambientamene fragili, e al contempo portatrici di grandi valenze storiche e paesaggistiche, culturali e identitarie, che pretendono rispetto e non ammettono manomissioni né sovraccarichi».

Numerose nazioni e regioni hanno detto no alle olimpiadi invernali proprio per ragioni ambientali. A Calgary, in Canada, i cittadini hanno votato in un referendum per concentrare le risorse sulla tutela del territorio e evitare di sperperare denaro pubblico nei grandi eventi. Nel 2017 Innsbruck con 67,41% voti contrari ha rifiutato di candidarsi insieme a Kitzbuehel. Dato che la loro realizzazione è inevitabile si può optare per un evento assolutamente circolare, ad emissioni quasi zero, che abbia un impatto rigenerativo, fissando obiettivi ben più ambiziosi di quelli presentati dal comitato promotore lombardo-veneto

 «Abbiamo pensato ad un’olimpiade sostenibile. Ad esempio il 93% degli impianti inseriti è esistente o temporaneo», afferma il presidente del Coni, Giovanni Malagò. I Giochi 2026 puntano a riciclare il 100 per cento dei rifiuti urbani e l’80 per cento degli imballaggi, il divieto di incarti e confezioni monouso per cibi e bevande nonché con la scelta di materiali per il mantenimento del ghiaccio con meno ammoniaca, e l’utilizzo di pannelli solari per l’alimentazione degli impianti per la neve artificiale.

Se da un lato la decisione di creare unevento diffuso ridurrà la pressione dei visitatori su una singola area, dall’altro si dovrà lavorare tantissimo sulla mobilità sostenibile per ridurre quando possibile gli spostamenti in auto. La sfida non è banale, dato che oggi da Livigno a Cortina con l’auto si impiegano 5 ore, mentre con i mezzi non esistono nemmeno soluzioni praticabili. «Servirà portare su treno il più alto numero di spettatori possibile collegando le aree remote con autobus elettrici che nel 2026 saranno pienamente disponibili. Bisognerà investire in quella direzione, anche con adeguate infrastrutture, e disincentivare l’automobile. Va creato un gruppo di lavoro dedicato alla mobilità che cerchi soluzioni leggere che combini mezzi pubblici con mobilità elettrica e studi nuove forme di sharing moblity per gli spettatori», dice  Gianni Silvestrini, direttore scientifico Kyoto Club.

Nel 2020 il Giappone realizzerà la prima Olimpiade con linee guida completamente circolari. Nel settore delle costruzioni, ad esempio, la progettazione modulare e l’uso di materiali durevoli di costruzione ridurranno gli sprechi. Un principio da tenere in considerazione anche per la realizzazione del villaggio olimpico nello Scalo di Porta Romana e per tutte le infrastrutture. Nell’area dei servizi, una soluzione per evitare di dover costruire hotel che non saranno necessari dopo i Giochi è quella di incentivare i cittadini a offrire servizi di condivisione della casa. Infine, sebbene sia una minuzia, il Giappone ha ricavato i metalli delle medaglie dal riciclo di telefoni. Milano-Cortina porrebbe fare lo stesso.

La vera medaglia la vincerà chi riuscirà a spingere gli organizzatori a fare molto di più che semplicemente considerare i problemi di sostenibilità.

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