Migranti, Mare Jonio nel Mediterraneo: partita nuova missione

Dopo lo sblocco della Ocean Viking, che sbarcherà i 356 migranti soccorsi a Malta, prima di essere ricollocati, è tornata nel Mediterraneo la Mar Jonio, per la sua quarta missione. Lo annuncia Mediterranea Saving Humans su Facebook, spiegando che ieri al tramonto Mare Jonio ha lasciato il porto di Licata per tornare nel Mediterraneo centrale “a monitorare e denunciare le violazioni dei diritti umani e, laddove ci siano persone in pericolo, a salvare vite”. “La nostra nave è stata sotto sequestro probatorio per più di due mesi dopo avere salvato 30 donne, uomini e bambini a maggio scorso. Restituita al suo equipaggio di mare e di terra, è tornata adesso dove bisogna essere, mentre continuano le notizie di terribili naufragi di persone in fuga dalle bombe della guerra e dalle torture dei campi di detenzione libici”, sottolinea l’organizzazione umanitaria battente bandiera italiana. Il coordinatore di missione è Luca Casarini, poi ci sono 22 membri dell’equipaggio, distribuiti tra Mare Jonio e una barca d’appoggio, che “coprono tutte le funzioni necessarie a garantire la massima efficacia e sicurezza della missione”. Tra questi sono a bordo anche Cecilia Sarti Strada e la scrittrice Caterina Bonvicini.

Al fianco di Mare Jonio anche l’Ong Lifeline, che ha deciso di supportare la missione con l’apporto di una ulteriore barca a vela, “nel solco della collaborazione simbolica e materiale che ha visto le navi della società civile europea continuare nonostante tutto a difendere strenuamente il diritto e i diritti contro l’arbitrio e la violenza del potere”. “Questo rimane il nostro faro, la bussola che orienta la nostra azione e che guiderà le scelte che ci troveremo a compiere nei giorni avvenire”, sottolinea Mediterranea, ricordando: “Alle spalle abbiamo tanti mesi difficili, in cui il dimissionario governo italiano ha messo in campo ogni mezzo per fermarci, e in cui con ogni mezzo abbiamo continuato nella nostra missione, anche quando ci siamo ritrovati a portare in salvo 59 profughi di guerra su una barca a vela”. “Abbiamo sempre portato le persone soccorse nel porto sicuro più vicino, che ha coinciso giuridicamente con l’isola di Lampedusa, costretta a diventare frontiera di un mare in guerra e capace di mantenere sempre una straordinaria dignità. Anche a Lampedusa e ai lampedusani va il nostro ringraziamento”, aggiunge, l’organizzazione umanitaria, concludendo: “La speranza, l’umanità, la serenità di essere dalla parte giusta della storia, ci hanno portati fino a qui, insieme”.

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