‘Metamorfosi, il viaggio’, tratto da ‘Metamorfosi’ di Ovidio, con regia di Raffaele Latagliata, messo in scena a Roma allo Spazio Diamante

Riceviamo, e volentieri pubblichiamo, da Roberto Stagliano le sue note critiche su ‘Metamorfosi, il viaggio’, tratto da ‘Metamorfosi’ di Ovidio, messo in scena allo Spazio Diamante di Roma con regia di Raffaele Latagliata. 

 

C’è una dimensione sublime del Teatro, dove tutto si incontra e converge in un’unica direzione. L’estensione del movimenti, la bellezza evocativa e la precisa sincronia dei passi su partiture musicali si sposa con i disegni delle luci e le forme degli oggetti di scena, valigie che composte all’occorrenza diventano ora il carro del Sole, ora pareti di percorsi a labirinto.  Le parole citate per mezzo di battute e monologhi diventano ritmo, con il sapiente intreccio e la modulazione dei colori di voce degli attori. L’energia della musica, la melodia di un canto popolare disvelano emozioni condivise come petali colorati dell’umano agire; qualcosa che è appena accennato, impercettibile si muove nell’aria in una direzione solitaria o a due voci, due anime che si riconoscono in viaggio.

Ebbene, tutto questo, in sintesi, è Metamorfosi, il viaggio, tratto dall’opera Metamorphoseon di Publio Ovidio Nasone, spettacolo andato in scena sul palcoscenico dello Spazio Diamante di Roma. La regia è di Raffaele Latagliata, un regista che si è formato alla BSMT, The Bernstain School of Musical Theatre, diretta da Swawna Farrell. La sua carriera, come attore e regista, è stata segnata da diversi incontri fortunati come quelli con Monica Guerritore e Gabriele Lavia, collaborazioni internazionali con il Living Theatre di New York, spaziando tra teatro e fiction televisive. Nel 2003 ha fondato, con Federica Restani, la compagnia ARS Creazione e Spettacolo che, insieme con Teatro e società, società romana di produzione di spettacoli teatrali che collabora con l’Estate Teatrale Veronese, insieme hanno prodotto Metamorfosi, il viaggio, in partnership con l’associazione di produzione e promozione culturale Meta.

Meritano una menzione la bellezza dei costumi d’epoca realizzati da Stefania Bonantibus, le scenografie di Attilio Cianfrocca, le musiche originali firmate dal compositore Patrizio Maria D’Artista, sulmonese come l’illustre Ovidio. Pasquale Di Giannantonio e Sara Sciullo hanno collaborato al lavoro di drammaturgia, mentre Ramona Genna ha aiutato il lavoro di regia.

L’idea da cui muove e ha origine lo spettacolo è quella di rielaborare alcune parti tratte dalla vasta opera classica di Ovidio che in questo caso specifico diventano il racconto di una partenza ambientato in un porto, narrato agli inizi del XX secolo da un gruppo di giovani donne e uomini nell’attesa e poco prima di una nave che li condurrà verso una nuova destinazione. I sei attori sono già presenti in scena; nella penombra c’è qualcuno che fuma, chi lavora a maglia e chi, nell’attesa, legge o pensa.  Ben presto verranno esplicitati i motivi per cui loro hanno deciso di intraprendere quel viaggio: c’è chi sente la necessità di servire la patria, chi ha il bisogno di conoscere o di andare incontro all’amore e chi, invece, sente l’urgenza di ricominciare e di ritrovare se stessi.

Un viaggiatore misterioso è con loro, vestito con un completo bianco e quello che sembra un cappello Panama, si presenta come un uomo di cultura che difende la Poesia dall’attacco di chi, tra loro, la ritiene essere qualcosa di inutile. Oltre a fare quel viaggio, poiché è costretto a farlo in quanto esiliato, lui è una sorta di guida spirituale in pectore. Attraversando con loro quel mare, andrà verso la meta, una nuova terra.

Come una voce, come un io narrante lui sarà il ricercatore del senso e dei significati, il descrittore delle tracce di quei movimenti umani, il custode delle storie di quanti hanno lasciato la propria terra, la propria casa, i propri affetti. E la memoria consegnata ai posteri che continueranno a farlo. È il fine oratore, il termine di riferimento degli esiliati, dei cuori sofferenti e degli spiriti inquieti che sono rimasti ancora indocili e smaniosi di vivere.

Protagonisti e interpreti di questo lavoro teatrale sono stati: Alessandra Barbonetti (Dafne), Domenico Macrì (Fetonte, Cupido, Narciso), Agnese Fallongo (Eco), Davide Paciolla (Apollo, Ceice), Alessandra Fallucchi (Alcione), Adriano Evangelisti (il Poeta).

Una compagnia di attori che rievocando le gesta di quelle figure mitologiche con devozione e sensibilità, talento autentico e carisma, mostrano come il viaggio non sia, in modo netto e preciso, l’inizio e la fine di qualcosa. Nel mentre si compie, si realizza una trasformazione, un mutamento. ‘Non c’è mai una vera fine al nostro viaggio poiché tutto si trasforma e nulla si perisce e tutti noi non siamo altro che anime alate destinate ad una perpetua metamorfosi all’interno di questo grande universo’.

Abbiamo avuto modo di porgere in seguito una serie di brevi domande al regista Raffaele Latagliata, qui riportate.

Qual è stata la genesi di Metamorfosi, il viaggio?

Lo spettacolo nasce in occasione del bimillenario Ovidiano con lo scopo di avvicinare Ovidio ai giorni nostri e renderlo fruibile per gli spettatori di oggi, soprattutto giovani. Da qui l’idea di teatralizzare la pagina scritta di Ovidio attraverso una ambientazione nel primo Novecento e la collocazione del poeta sulmonese in mezzo ad un gruppo di viaggiatori costretti ciascuno per un motivo diverso a lasciare la propria terra. Ovidio, che nei ‘Tristia’ racconta il dramma dell’esilio a cui lo costrinse Augusto quando lo ‘relegò’ a Tomi, diventa così il cantore dei sentimenti di tutti coloro che in ogni epoca storica sono costretti a lasciare la propria patria. La sua poesia diventa però balsamo alle sofferenze dei viaggiatori che inizieranno così, grazie a lui, prima a raccontare e poi a vivere in prima persona, quelle storie di ‘metamorfosi’ di uomini e donne che Ovidio narra nell’opera omonima che lo ha reso celebre.

Come avete realizzato il lavoro di ricerca sulla parole e sul testo di Ovidio?

Per restituire a teatro la forza poetica di Ovidio abbiamo cercato di realizzare un’ armonizzazione tra un ‘teatro di immagine’ che si avvalesse dell’uso delle luci in una chiave onirica e quasi favolistica, una colonna sonora originale che restituisse la forza emotiva delle vicende narrate e un lavoro fatto con gli attori sulla parola che consentisse di rendere di conciliare l’epicità dei versi di Ovidio con una fruizione contemporanea.

Le metamorfosi raccontate si incarnano cosi’ nelle vicende dei viaggiatori creando dei parallelismi continui tra coloro che sono perennemente destinati ad un perpetuo cambiamento

Roberto Staglianò

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