C’è poco da fare: come lo metti lo metti, il Mes fa rima con guaio. Doppio. Mentre tengono banco le polemiche sull’utilizzo o meno della linea di credito aperta per fronteggiare il Covid, ossia un prestito di 37 miliardi ecco che torna un’altra questione bollente che diversi mesi fa aveva fatto salire l’asticella della tensione nella maggioranza, accantonata in scia all’improvvisa esplosione della pandemia.
Parliamo della discussa riforma del Mes, sostenuta nel dicembre scorso anche dal governo italiano, bocciata in particolare dalla Lega e mal vista anche da una frangia sostenuta tra le fila del Movimento CinqueStelle che, da sempre, guarda allo strumento con diffidenza.
A riportare sul tavolo il dossier a dir poco bollente ci ha pensato l’Eurogruppo, tornato in pressing sulla riforma dell’ex Fondo Salvastati, necessaria tra l’altro per completare l’unione bancaria.
Avviata più di due anni fa, obiettivo della riforma era rafforzare e semplificare l’uso degli strumenti a disposizione del Mes prima del salvataggio di un Paese, ovvero le linee di credito precauzionali, utilizzabili nel caso in cui un Paese venga colpito da uno shock economico e voglia evitare di finire sotto stress sui mercati. La riforma elimina il contestatissimo Memorandum – quello passato alla storia per aver imposto condizioni rigidissime alla Grecia – sostituendolo con una lettera d’intenti che assicura il rispetto delle regole del Patto di stabilità.
Come ricostruisce il Fatto Quotidiano, la polemica italiana sul “nuovo Mes” era letteralmente divampata alla fine 2019 a causa della riforma delle “clausole di azione collettiva” (Cacs) negli eventuali casi di ristrutturazione del debito sovrano di uno Stato membro. In pratica, dal 2022, sarà più semplice ottenere l’ok della platea degli azionisti per approvare la ristrutturazione di un debito sovrano, perché dalle attuali regole che richiedono una doppia maggioranza, si passerà a una maggioranza unica. Fu proprio il Ministro Gualtieri che riuscì a strappare delle modifiche, puntando ad una via di mezzo tra i due sistemi.
Il tema, nel nostro Paese, resta politicamente controverso. Tornato sotto la luce dei riflettori in scia ai segnali di fiducia, al termine delle riunioni di Eurogruppo e Ecofin informali a Berlino, sia dalla presidenza di turno tedesca, sia dalla Commissione europea proprio sulla riforma del Mes e sulla possibilità di concludere il negoziato entro fine anno.
Precisando che quelli conclusi a Berlino erano incontri “informali“, e che le eventuali decisioni concrete verranno prese nelle future riunioni formali, sulla riforma del Mes “abbiamo fatto progressi – ha riferito nelle scorse ore il ministro delle Finanze della Germania, Paese che ha la presidenza di turno dell’Ue, Olaf Schoz, nella conferenza stampa finale – perché abbiamo avuto discussioni intense su questioni che ci stanno a cuore”.”La mia sensazione è che i negoziati sulla riforma del Mes stiano progredendo molto bene – ha aggiunto – e sono ottimista sul fatto che li porteremo a conclusione per fine anno”.
Gli ha fatto eco il vicepresidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis. “Sulla riforma del Mes e il basckstop del fondo di risoluzione unico in realtà si è parlato all’Eurogruppo informale di ieri e abbiamo visto che il presidente, Paschal Donohoe è molto determinato a fare progressi su questi due elementi – ha detto -. Si spera di raggiungere una accordo entro quest’anno”.”Direi che è tempo di farlo – ha aggiunto Dombrovskis – perché più tardi si fa l’accordo più tempo ci vorrà per introdurre il backstop”.