Da sin: i ministri e vicepremier Luigi Di Maio e Matteo Salvini e il presidente del Consiglio Giuseppe Conte, durante la cerimonia dedicata al giorno della memoria, "Le donne della Shoah", palazzo del Quirinale, Roma, 24 gennaio 2019. ANSA/ALESSANDRO DI MEO

Mes e M5s: ‘Cambi o voto è no’. Salvini: ‘Trattato da bloccare’

Giuseppe Conte ha detto ieri che tutti i ministri sapevano di questo fondo. Sapevamo che il Mes era arrivato ad un punto della sua riforma, ma sapevamo anche che era all’interno di un pacchetto, che prevede anche la riforma dell’unione bancaria e l’assicurazione sui deposito. Per il M5S – ha scritto su Fb il leader M5s, Luigi Di Maio –  queste tre cose vanno insieme e non si può firmare solo una cosa alla volta”.

IL POST di Di Maio

“Concordo. Così non conviene all’Italia. Punto”, scrive Alessandro Di Battista in un commento in cui plaude al post con cui Luigi Di Maio rilancia, via Facebook, la trincea del M5S sul Mes.

“Come ha affermato il nostro capo politico, Luigi Di Maio, il Mes va migliorato perché, con questo contenuto, non conviene al nostro Paese e, per noi, non è possibile votarlo. Confidiamo, quindi, in una correzione e in un miglioramento in sede europea in modo che il meccanismo europeo di stabilità non presenti un pericolo per l’Italia”. E’ quanto afferma il deputato dei 5s, Michele Gubitosa: “Il M5s sta lavorando ad una risoluzione di maggioranza, che tenga conto di tutte le nostre perplessità, in modo che siano portate ai tavoli dell’Unione europea”.

‘Torno in Italia oggi pomeriggio perché il clima è frizzantino e al premier non mancheranno le cose da chiarire su tanti fronti e non lo invidio’,  ha detto il leader della Lega Matteo Salvini nel corso della conferenza stampa oggi a Bruxelles al parlamento europeo.

Sul Mes “qualcuno ha mentito, o ha mentito Conte o Gualtieri o ha mentito il governo italiano o l’Eurogruppo o qualcuno a Roma o qualcuno a Bruxelles. La nostra posizione è quella dei 5 stelle, il trattato così come è non è accettabile, va visito, ridiscusso, ridisegnato, emendato che è l’esatto contrario di quello che arrivava ieri da Bruxelles dicendo il pacchetto è chiuso – ha aggiunto -. Mi sembra che il premier abbia diversi problemi, non lo invidio”.

 Sul Mes noi non abbiamo cambiato posizione rispetto a sette anni, eravamo contro allora siamo contro le modifiche oggi, dal nostro punto di vista il trattato sul Mes “non è emendabile, è da bloccare,  punto. Quando parlavo di emendabilità riportavo le parole del vice-capogruppo dei 5 stelle Silvestri che esprimeva tutti i suoi dubbi ieri alla Camera. Per noi è una esperienza chiusa, che non è utile né modificare né ripetere”. Lo ha detto il leader della Lega Matteo Salvini oggi a Bruxelles.

Al Parlamento europeo il gruppo della Lega adesso conta 28 eurodeputati, la nostra collocazione rimane coerentemente per una idea di Europa diversa più vicina al lavoro e alla crescita umana economica e sociale dei popoli e delle donne e degli uomini e siamo contenti perché stiamo contaminando con le nostre proposte di cambiamento anche tutte le altre famiglie politiche. Noi stiamo bene dove stiamo.

In realtà da dieci anni l’Italia paga le crisi finanziarie degli altri Stati dell’area dell’euro e perfino delle altre banche di quei paesi. Roma ha dovuto svenarsi per la Grecia, ma anche per la Spagna, l’Irlanda, Cipro e il Portogallo. Secondo i dati dell’ultimo bollettino economico della Banca d’Italia il sostegno finanziario offerto dal governo italiano agli altri paesi dell’area dell’euro è pesato sul debito pubblico italiano per 58,2 miliardi di euro mentre le passività connesse ai prestiti concessi dall’Esfs, l’organismo comunitario poi trasformato in Mes, complessivamente sono 33,9 miliardi di euro. Con tutti quei soldi abbiamo concesso prestiti alla Grecia, aiutato le banche spagnole, irlandesi e perfino quelle di Cipro e dato una mano al Portogallo sopportando oneri finanziari decisamente superiori alla remunerazione dei prestiti concessi che certo essendo tali devono,  ma non sempre succede,  esserci restituiti. Su un piatto della bilancia dunque c’è la donazione forzosa del sangue degli italiani.

Sull’altro a compensazione non solo non c’ è proprio nulla di reale, ma addirittura qualcosa in meno di nulla: nel momento del bisogno invece del ringraziamento sono arrivati colpi bassi dagli altri paesi che guidano l’euro. Se non si ha presente questo quadro, diventa difficile capire il braccio di ferro politico e le mille polemiche giornaliere di questi giorni sulla firma che il presidente del Consiglio italiano, Giuseppe Conte, ha già promesso in segreto di apporre sulla riforma del Mes. Il meccanismo europeo di stabilità è la continuazione in altra forma del Fondo salva stati che in sigla prima era Esfs, e al suo capitale l’Italia partecipa attraverso 14,3 miliardi di euro già versati. Ma non ci sono solo questi fondi, perché il Mes ha una potenza di fuoco già stabilita per l’intervento nelle crisi finanziarie di poco inferiore ai 705 miliardi di euro, e di questa somma 125 miliardi e 395,9 milioni di euro debbono essere messi a disposizione dall’Italia attraverso emissioni speciali di titoli di Stato e quindi aumentando il suo debito pubblico, esattamente come è avvenuto in questi anni. Le cifre sono enormi, il problema è che nel meccanismo del Mes è previsto pure a chi possono essere erogati subito gli eventuali aiuti, a chi erogarli ad alcune condizioni e a chi proprio non possono essere erogati. Dalle bozze del testo già approvate da Conte e dall’allora ministro dell’Economia, Giovanni Tria – nonostante il mandato diametralmente opposto avuto sia dall’allora maggioranza gialloverde che dal Pd che era all’opposizione – emerge con chiarezza che se l’Italia dovesse avere bisogno di quell’aiuto rientrerebbe nella terza categoria dei paesi e nella migliore della ipotesi nella seconda categoria che imporrebbe per avere quei prestiti in automatico la ristrutturazione del debito pubblico secondo linee fornite da una nuova troyka composta da vertici del Mes, commissione europea e Fmi. Di fatto se non cambiano i testi l’Italia sarebbe costretta a donare ancora una volta forzosamente il proprio sangue agli altri, senza vedersi mai restituire il favore in caso di sua crisi finanziaria.

 

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