Esattamente come successo ormai anni fa con il termine spread – all’epoca conosciuto in larga parte dalla platea degli addetti ai lavori e poi diventato comune ai più – ce n’è un altro che in questi giorni è letteralmente balzato agli onori della cronaca. Stiamo parlando dell‘ESM – l‘European Stability Mechanism, ribattezzato in italiano Mes, anche detto Fondo Salva- Stati.
Sono ore, ormai, che questo termine, fino a poco tempo fa pressochè sconosciuto è salito in cattedra e accende il dibattito creando non pochi problemi al Governo, Conte in primis, tirato pesantemente in ballo dalle opposizioni. Al netto delle polemiche che ancora non si sono placate, sono in tanti a domandarsi di cosa si tratta. Che cos’è esattamente il Fondo Salva Stati? Come funziona, a chi serve e come sarà riformato? Cerchiamo di fare chiarezza
E’ il meccanismo di stabilizzazione finanziaria entrato in vigore nel 2012 per rispondere agli choc innescati dalla crisi del debito sovrano nell’Eurozona. Nato dalle modifiche al Trattato Europeo approvate il 23 marzo 2011 ha sostituito il Fondo europeo di stabilità finanziaria (Efsf). In poche parole, la sua funzione è quella di prestare assistenza agli Stati in difficoltà finanziaria. Si legge: L’obiettivo del Mes, è “quello di mobilizzare risorse finanziarie e fornire un sostegno alla stabilità, secondo condizioni rigorose commisurate allo strumento di assistenza finanziaria scelto, a beneficio dei membri del Mes che già si trovino o rischino di trovarsi in gravi problemi finanziari, se indispensabile per salvaguardare la stabilità finanziaria della Zona euro nel suo complesso e quella dei suoi Stati membri”. Tradotto in parole semplici, il Mes mette a disposizione risorse finanziarie ai Paesi in difficoltà vincolate a una rigida condizionalità.
Il capitale su cui può contare il MES è di 700 miliardi di euro di cui gli stati membri iniziano a versare pro quota 80 miliardi di euro (con quasi il 27% del capitale la Germania è il primo contributore; l’Italia partecipa con il 18%). Ad oggi ha concesso prestiti a Cipro (€6,3 miliardi), Grecia (€61,9 miliardi) e Spagna (€41,3 miliardi).
Da diverso tempo, ormai, circa un paio d’anni, si è iniziato a discutere in sede europea di una possibile revisione del trattato istitutivo ed è proprio la riforma ormai ribattezzata della discordia che sta facendo discutere. Lo scorso giugno, infatti, I Paesi hanno trovato un accordo politico preliminare sul pacchetto di correzioni e il semaforo verde dei governi è atteso proprio a dicembre. Per entrare in vigore serve la ratifica dei parlamenti dei singoli stati. La riforma non si può modificare, ma non è ancora stata approvata, come ha ribadito il Ministro dell’Economia sottolineando anche che è “difficile che l’Italia possa rimettere mano al testo”. Serve, comunque, il consenso unanime di tutti i Paesi firmatari in assenza del quale salterebbe la modifica.
Una delle questioni più dibattute nei giorni scorsi è stata senza dubbio quella legata alla ristrutturazione obbligatoria del debito per accedere al fondo, condizione che ha fatto infuriare in particolare, ma non solo, le opposizioni. In realtà, come spiegato all’inizio, la concessione delle risorse è vincolata a una rigida condizionalità: ora come prima il Mes può decidere di accordare assistenza finanziaria a un Paese in difficoltà chiedendo che una parte del debito venga ristrutturata. Ma non stiamo parlando di un automatismo, direzione nella quale spingevano invece alcuni “falchi” dei Paesi del Nord Europa. Non dunque una conditio sino qua non: al termine di una attenta analisi di sostenibilità del debito, condotta unitamente da Commissione europea e board del Mes. se il debito viene giudicato insostenibile, si può chiedere la ristrutturazione.