Meloni: ‘I dazi sono un problema da risolvere,  ma non a suon di dazi e controdazi’

‘Sono ovviamente preoccupata, è un problema che va risolto. Non ne farei la catastrofe che sto ascoltando in questi giorni che mi preoccupa paradossalmente più del fatto in sé. Parliamo di un mercato importante, quello Usa, che vale circa il 10% della nostra esportazione. Non smetteremo di esportare negli Usa, ma attenzione all’allarmismo che sto vedendo in queste ore’, ha detto la premier Giorgia Meloni a margine della visita sull’Amerigo Vespucci a Ortona.

Perseguire con convinzione la strada del dialogo per evitare una guerra commerciale a suon di dazi e controdazi non è «una speranza, ma la cosa giusta da fare. Non è questione di speranza. Io credo che sia quello che va fatto. Per l’interesse nostro e della nostra economia, per l’interesse europeo e occidentale e quindi perseguo quello che ritengo sia più giusto», ha risposto Meloni ai cronisti che le chiedevano se sperasse ancora nella via del confronto sui dazi, ribadendo anche in questo frangente quello che è un suo “mantra”: fare delle crisi un’opportunità.

Meloni non ha nascosto, come non ha mai fatto, di essere «ovviamente preoccupata» per i dazi, che rappresentano «un problema da risolvere», ma non «la catastrofe che sto ascoltando in questi giorni». In questa settimana il governo incontrerà i rappresentanti delle categorie produttive per cercare soluzioni «a livello italiano ed europeo». Il premier ha avvertito che bisogna guardarsi dall’«allarmismo che stiamo vedendo in queste ore». Gli Stati Uniti sono «un mercato importante, che vale circa il 10% del nostro export. Non smetteremo – ha chiarito – di esportare negli Usa».

Nel suo ragionamento Meloni ha ricordato che ci sono diverse azioni che si possono intraprendere a livello nazionale e ancor più a livello europeo per evitare di subire le scelte americane e, insieme, di innescare quella paventata guerra commerciale che non giova a nessuno. Sostanzialmente, è la linea che emerge dalle sue parole, bisogna che l’Europa si faccia padrona del proprio destino, perseguendo una propria strada e non inseguendo quella aperta dall’altra parte dell’Oceano. È quello che l’Italia è fermamente decisa a fare e a sollecitare e a cui si sta preparando non da ieri, ma «da mesi», come chiarito anche dal ministro degli Esteri, Antonio Tajani.

Il tema è di dare un contributo incisivo affinché l’Ue dia la risposta più pragmatica possibile e faccia proprio il mantra italiano della crisi e delle opportunità. «In questo momento noi possiamo intanto fare alcune cose a livello europeo che sono molto importanti perché, se abbiamo una difficoltà, quella difficoltà deve portarci a lavorare sulla competitività del nostro sistema produttivo, della nostra industria, delle nostre aziende», ha spiegato il presidente del Consiglio: ‘Green deal, Patto di stabilità, energia sono tutti settori su cui l’Ue può agire rispetto a se stessa, abbattendo paletti ed eccesso di regole e rigidità che si è data e che, secondo la definizione che ha coniato Mario Draghi, funzionano come “dazi autoimposti. Sappiamo che l’automotive oggi è un settore colpito dai dazi in maniera importante, quindi forse dovremmo ragionare di sospendere le norme del Green deal relative al settore dell’automotive», ha detto il premier, ricordando che si può agire anche sul Patto di stabilità. «C’è un tema aperto: c’è una norma che si chiama clausola generale di salvaguardia, che prevede una sospensione, una deroga. Forse dovremmo ragionare di quello, o di fare una valutazione ulteriore su come è stato indicato il Patto di stabilità», ha chiarito Meloni, per la quale poi «c’è una materia energetica che è fondamentale. La riforma del mercato elettrico, per esempio è una cosa importante, ma bisogna accelerare. Sull’energia forse bisogna essere un po’ più decisi e coraggiosi. Ragioniamo, intanto, anche su che cosa noi possiamo fare sfruttando una difficoltà per farla diventare anche un modo per fare passi avanti importanti in una fase che lo richiede», ha concluso Meloni, ribadendo che bisogna intavolare una «trattativa con gli Usa» che punti «a rimuovere tutti i dazi, non a moltiplicarli». Dopodiché, ha concluso, le trattative «si fanno in due».

“Giorgia Meloni ha utilizzato il condizionale fino a ieri e ha fatto trovare il Paese impreparato di fronte a questo disastro”, ha detto la segretaria del Pd Elly Schlein parlando della questione dazi a margine dell’assemblea di Autonomie locali italiane in corso a Perugia: “Il governo spagnolo ha annunciato 14 miliardi di aiuti per imprese e famiglie per proteggerli dagli effetti di questi dazi assurdi”, ha aggiunto. “Ci aspettiamo una risposta con una voce univoca europea mirata e proporzionata. Una risposta con la schiena dritta. Giorgia Meloni ha utilizzato il condizionale fino a ieri e ha fatto trovare il Paese impreparato di fronte a questo disastro”.

“L’economia sta iniziando a prosperare con ben 228.000 posti di lavoro aggiunti nel mese di mercato, ben al di sopra delle aspettative del mercato. La spinta del presidente” Donald Trump “per portare posti di lavoro qui negli Stati Uniti sta funzionando. L’età dell’oro dell’America è alle porte”. Lo afferma la portavoce della Casa Bianca, Karoline Leavitt. In realtà quanto dichiarato dalla Leavitte è niente altro che una menzogna: che le tariffe riportino indietro le fabbriche e creino posti di lavoro ci riporta però ai dubbi spacciati per certezze: gli economisti sono scettici, anche perché con i dazi del suo primo mandato non è successo. Come molto problematica appare l’idea che i proventi doganali possano sanare il problema del super debito americano, perché a pagare, dicono storia e teoria, saranno soprattutto gli americani in termini di inflazione e minore crescita. Non solo: durante il primo mandato di Trump, nonostante le tariffe, il deficit commerciale americano si è ancora allargato. La ragione profonda del disavanzo infatti è che nel complesso gli Stati Uniti spendono più di quanto guadagnino.

Insomma è difficile siano le tariffe a rendere “di nuovo ricchi” gli americani. A sostegno della tesi Trump ha riscritto anche la storia, dicendo che nel 1913 gli Stati Uniti commisero il madornale errore di abbassare i dazi e tassare i redditi, con il risultato di provocare la Grande depressione. In realtà l’imposta sul reddito fu creata per spostare il prelievo sui più ricchi, visto che i dazi sono tasse sui consumatori e colpiscono duro i più poveri. Un secolo dopo, colpiranno molti di quelli che hanno votato Trump.

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