Il presidente di Fratelli d'Italia, Giorgia Meloni, parla al cellulare nei pressi di Montecitorio a Roma, 14 agosto 2020. MAURIZIO BRAMBATTI/ANSA

Meloni festeggia il trionfo nelle Marche e chiede le urne

Fratelli d’Italia festeggia il ‘si’ al taglio dei parlamentari,  sostenuto fin dall’inizio della campagna elettorale, e festeggia la vittoria del suo candidato nelle Marche. Ma anche la vittoria nel referendum, su cui la Meloni era stata chiara nei giorni scorsi: si vota sì, il taglio dei parlamentari è una nostra posizione da sempre.

“Trionfo Marche! Grazie a Francesco Acquaroli e a Fratelli d’Italia un’altra roccaforte della sinistra sarà amministrata dal centrodestra”, scrive su Fb la Meloni. “Da nord a sud Fratelli d’Italia è l’unico partito che cresce in tutte le regioni al voto”.

Giorgia Meloni vede all’orizzonte le urne, o quantomeno le auspica.
“Con il Referendum gli italiani confermano la decisione presa dal Parlamento, con il contributo determinante di Fratelli d’Italia, di ridurre il numero dei parlamentari. Una riforma attesa da tempo e che il centrodestra aveva già tentato di realizzare molti anni addietro. Ora è necessario dare all’Italia le ulteriori coraggiose riforme costituzionali di cui ha bisogno, e solo un parlamento pienamente legittimato dal voto popolare può farlo”.

La leader di Fratelli d’Italia ritiene da archiviare al più presto questo Parlamento “delegittimato dagli italiani nella sua composizione e anche nella sua numerosità”. Per questo diventa necessario ridare al più presto la voce agli italiani affinché ogni forza politica possa presentare le proprie proposte di riforma. Fratelli d’Italia, ovviamente, porrà come prioritario il passaggio a una Repubblica Presidenziale e a un sistema che garantisca la stabilità di governo”.

La vittoria del Sì al referendum sul taglio dei parlamentari e la sconfitta nelle regionali  certificano il momento di grande difficoltà attraversato dal Movimento 5 Stelle.

La schiacciante affermazione del Sì alla riforma fortemente voluta dal M5S offre la possibilità a Luigi Di Maio di parlare di ‘risultato storico’ e annunciare  l’inizio di una “grande stagione riformatrice” con il contributo di maggioranza e opposizione: “Diverse forze si sono riunite sotto il vessillo del No con il solo scopo di colpire il governo e anche il sottoscritto” ma, ha rimarcato il titolare della Farnesina, il voto è stato un “boomerang” per chi cullava il sogno di mandare a casa l’esecutivo.

“Il M5S è il vero motore del cambiamento di questa legislatura”, commenta il leader Vito Crimi, il quale ammette, per quanto riguarda
le regionali, che il risultato “è stato inferiore rispetto alle precedenti elezioni”. Da domani “parte il percorso per nuove sfide e  obiettivi”, promette il reggente 5 Stelle. Ma questo non basta a placare la rabbia interna per una debacle annunciata.

Il ligure Sergio Battelli, presidente della Commissione Politiche Ue e grillino della prima ora, non le manda a dire: “Il M5S  o cambia o va incontro a una crisi profonda che potrebbe non essere più curata. E quando parlo di cambiamento, parlo di cambiare tutto”.

Secondo il deputato l’emorragia di voti “è dovuta al fatto che il M5S non sa più parlare alle persone. Sediamoci tutti, facciamo degli stati generali veri: non accetterò blitz su questo tema. Ci vuole un approfondimento chiaro – insiste Battelli – dalla governance alla struttura, passando per il rapporto con i territori e gli attivisti”.

Impietosa l’analisi del dissidente Fabio Berardini: “Il Movimento 5 Stelle dopo 12 anni dalla sua nascita governa zero regioni e possiede
zero assessori regionali. Questo significa aver completamente sbagliato strategia negli ultimi due anni. Così non è più possibile
andare avanti. Ci stiamo estinguendo sui territori”

Ringhia l’ala vicina ad Alessandro Di Battista: “Oggi si registra una disfatta senza precedenti del M5S, che dopo aver dimezzato le percentuali alle europee l’anno scorso continua a correre a velocità spedita verso il fondo”, attacca l’europarlamentare Ignazio Corrao. L’ex ministro Barbara Lezzi parla invece di “assoluto disastro” per il M5S chiedendo la convocazione degli stati generali, “prima di arrivare al 5% o addirittura all’estinzione”.

In effetti per i pentastellati il risultato del referendum è stato un risultato storico,   ma non nel senso che si crede. Lo è stato perché ridurrà all’osso la presenza dei 5 Stelle nel prossimo Parlamento, visto la miseria di voti che hanno preso nelle regionali. Forse Di Maio non l’ha capito, ma quello che avverrà, nel suo campo, sarà una salutare bonifica.

Matteo Salvini da via Bellerio fa l’affondo contro i Cinquestelle. «La prima forza politica presente in Parlamento, con il voto di due anni e mezzo fa, in alcune Regioni è stata democraticamente cancellata. Se in Veneto sono al 3%, se a casa di Di Maio faticano ad arrivare al 10% e se nell’unica regione dove hanno provato l’alleanza Pd-M5S, la Liguria, hanno preso una batosta memorabile, ognuno tragga le sue conseguenze». Il M5S, ha aggiunto, «è la prima forza politica solo sulla carta e non esiste più in alcune Regioni italiane». Un esito che vale anche per il leader di Italia Viva. «Matteo Renzi e il M5S sono stati democraticamente depennati».

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