“Dove c’è offesa, ch’io porti il Perdono. Dove c’è discordia, ch’io porti l’Unione». Sono versi della Preghiera semplice di san Francesco: ci indicano come essere operatori di pace, dove la nostra azione di pace può essere veramente efficace. La sera del 3 ottobre scorso”, scrive da Gerusalemme Padre Ibrahim Faltas, rettore di tutte le scuole Francescane della custodia, “meditavo le parole di questa preghiera e mi risuonavano nella mente mentre a Gerusalemme, nella chiesa di San Salvatore, ricordavamo il transito del nostro fondatore: sono le ore in cui, dopo il ricordo del distacco terreno, celebriamo la santità del Poverello di Assisi”. Poco dopo è arrivata una notizia che portava speranza: la risposta positiva di chi accettava, con alcune condizioni, la proposta di pace. Dove c’è errore, ch’io porti la Verità. La pace, tanto desiderata e attesa, ha bisogno della volontà di tutte le parti che devono riparare con la responsabilità della verità agli errori della violenza subita da innocenti disarmati. Per tutti, e in particolare per chi abita la Terra Santa, la speranza torna come una luce nuova che vuole farsi spazio nel buio: forse si tratta di una possibilità di pace ancora incerta e poco dettagliata, ma è un inizio che va aiutato e protetto. Le ferite profonde e non visibili hanno bisogno di cura e di tempo per rimarginarsi senza infettarsi e senza infettare. Il ricordo del 7 ottobre 2023 non può essere cancellato. Come altre date segnate dall’odio e dalla violenza, rimarrà scolpito nella storia e nella memoria dell’umanità. È un anniversario da ricordare con sofferenza, è una data che è una ferita aperta per due popoli. Non sarà possibile dimenticare i giorni del dolore di questi due ultimi anni e di quelli passati, ma chi vuole essere vero operatore di pace deve impegnarsi per aiutare due popoli a perdonare e prima ancora a distruggere le armi della violenza. Le armi che offendono reciprocamente non sono solo quelle che uccidono i corpi, sono armi anche le parole, la mancanza di verità, le ingiustizie, i diritti negati. Chi vuole veramente costruire la pace, unisce l’umanità, lavora per dare a tutti le stesse opportunità di crescita e di sviluppo, si impegna per garantire giuste condizioni di vita a chi non ha potuto riceverle, a chi sono state rubate. San Francesco, mite e profondo, ci chiede di consolare, di comprendere, di amare reciprocamente: sono indicazioni precise per chi vuole essere operatore di pace. La pace deve avere radici forti perché possa dare stabilità e sicurezza ai palestinesi e agli israeliani”, conclude i frate francescano minore che aggiunge, “due popoli che hanno bisogno di aiuto concreto, rivolto esclusivamente al loro benessere e alla ricostruzione di società rispettose delle leggi e dei diritti. Ascoltiamo ancora san Francesco e non sprechiamo il tempo della Verità, la verità che porta alla pace e non oltraggia la vita”.
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