McCann, grazia e vita tra Irlanda e Usa

Un autore profondamente irlandese come Colum McCann, che pure vive da quando aveva 12 anni in America, sente evidentemente in modo particolare i legami tra queste due sponde dell’Atlantico e proprio su questo gioca il suo ultimo romanzo, che non è però un romanzo storico, pur affrontando vari avvenimenti e personaggi storici tra metà Ottocento e i nostri giorni, ma un romanzo sul normale e l’eccezionale, su come l’uno si innesti, magari brevemente nell’altro, dando vita a cambiamenti e scarti in avanti significativi, a momenti di grazia: ”Il mondo non potrebbe girare in assenza di momenti di grazia. Per quanto brevi essi siano”.  Si parla della trasvolata atlantica del 1919 di Arthur Brown e Jack Alcock su un aereo di tubi di ferro e tela, ex velivolo militare trasformato in simbolo di pace. Ecco il viaggio in Irlanda, in uno dei momenti più neri del paese in preda alla carestia, 1845/’46, dell’ex schiavo afroamericano in fuga Frederick Douglas per raccogliere fondi per riscattare la propria libertà e sostenere la campagna abolizionista, che è la parte più bella del romanzo. Ecco il viaggio a Belfast nel 1998 del senatore americano George Mitchell, mediatore per un cessate il fuoco tra Irlanda e Inghilterra, che passerà alle cronache col nome di ”Accordo del venerdì Santo”.  Quando Brown e Alcock partono, sulla pista c’è una donna, Emily, che ha lottato per diventare giornalista, con la figlia, Lottie, che scatta le foto per i suoi articoli, la quale andrà, nel decennale dell’eroica avventura, in Irlanda per incontrare Brown, colto nell’intimità della sua tranquilla vita famigliare e che le restituisce una lettera che avrebbe dovuto consegnare in Irlanda e che era sempre invece rimasta nelle sue tasche. Ed è questa lettera il vero filo conduttore di tutto. Un romanzo complesso, dalla costruzione ardita, coinvolgente proprio per quei bagliori di verità che riesce a comunicare.

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