Marino: ‘Lavoro e guardo avanti’. Il Pd teme il ritiro delle dimissioni

‘Questa città ha avuto dei problemi importanti legati alla criminalità e alla corruzione, rispetto ai quali questa giunta ha rappresentato discontinuità,  ha detto il sindaco di Roma, Ignazio Marino a margine dell’inaugurazione del collegamento viario Fidene Villa Spada: ‘Una giunta che lavora, una giunta che guarda avanti. Questa giunta lavora e guarda oltre, Roma deve andare avanti’, Marino centellina le parole, da giorni mai casuali. Inaugura una strada in periferia, attesa da anni, convoca la giunta, studia delibere e annuncia che nei prossimi giorni taglierà altri nastri. E varerà il progetto Fori completamente pedonali, più che un testamento un biglietto da visita della sua amministrazione. Questi ultimi giorni da sindaco per Marino, ammesso siano gli ultimi, sono quelli ‘del fare’. Ormai sciolto dal giuramento col Pd, si presenta come un primo cittadino super attivo e scaltro. Di sicuro non sembra intenzionato a mollare.  Il Pd intanto studia le contromosse al ritiro delle dimissioni che Marino tiene come ultima e decisiva carta a suo favore. Tramontata l’opzione sfiducia che lacererebbe ulteriormente un Pd romano ormai sfibrato, i consiglieri dem potrebbero decidere di dimettersi in massa. Ma non saranno seguiti da Sel che neanche prende in considerazione l’ipotesi dimissioni. Il commissario Matteo Orfini non vuole neanche pensarci ad un ripensamento del sindaco. I bene informati dicono che abbia assicurato il Nazareno che Marino dal 2 novembre, giorno in cui scade il tempo per il ritiro delle dimissioni, non sarà più sindaco di Roma. Ma in casa dem non tutti ci credono e parlano di una situazione di stallo, di calma prima della tempesta. E se lo scenario predetto da Orfini non si avverasse aumenterebbe sicuramente il malcontento strisciante per la gestione commissariale del partito romano. La compagine dei consiglieri capitolini inoltre non è poi così compatta. Uniti sì nel volere l’uscita di scena di Marino, ma divisi sulle modalità: ‘Non voterò la sfiducia assieme a chi ha lasciato la città a Mafia Capitale’, afferma il capogruppo Fabrizio Panecaldo. Per questo M5S punzecchia i dem: ‘Votate con noi la sfiducia e ponete fine a questo circo’. Ma sarebbe anche una firma sotto la condanna a morte del Pd capitolino che si consumerebbe in un’aula Giulio Cesare trasformata in mattatoio politico. ‘Sfiduciare col Pd il sindaco dimissionario Ignazio Marino? Deciderà il movimento. Marino è un sindaco dimissionario. La nostra intenzione, indipendentemente da cosa farà Marino, è vincere le prossime elezioni’,  ha detto Gianroberto Casaleggio, rispondendo alle domande dei cronisti a Montecitorio, dove è arrivato per parlare con i parlamentari con uno scambio di opinioni sulla situazione politica attuale. Interpellato sulla situazione politica nella capitale afferma: ‘Anche a Roma come a Bologna  presenteremo una squadra per il governo della città’. I consiglieri Pd attendono un segnale dal partito nazionale che li liberi dal vicolo cieco in cui si trovano. Renzi, in viaggio di Stato in Sudamerica, è rimasto sostanzialmente in silenzio sulla vicenda degli scontrini che sta provocando la caduta del sindaco di Roma, per inciso esponente di quel Partito Democratico che, sempre più incartato, aspetta da lui un cenno su come dirimere la questione. Marino, che dopo aver rassegnato le dimissioni il 12 ottobre, si avvicina alla data del 2 novembre, giorno in cui le stesse diventeranno irrevocabili, agisce come se sedesse sulla più solida delle poltrone, lasciando trapelare l’intenzione di ritirarle e andando avanti come se nulla fosse successo. La guerra di nervi tra il ‘marziano’ e il Pd si gioca su uno scacchiere che somiglia a un campo minato e sotto ognuna delle caselle, in un campo e nell’altro, si nasconde un ordigno, regolamentare e politico, pronto a esplodere. Fino a qualche giorno fa Marino pensava di convocare il consiglio per affrontare la vicenda in sede politica, ritirando le dimissioni dinanzi all’Assemblea. ‘Verifichiamo quello che succede in aula’, spiegava martedì l’assessore all’Ambiente, Estella Marino, ai giornalisti che le chiedevano cosa farebbe se il sindaco facesse dietrofront, dando così per scontato che Marino avesse deciso di andare alla conta: ‘Questa vicenda è soprattutto politica e nelle sedi politiche va affrontata’, diceva la Marino. In realtà  il Testo unico degli Enti Locali prevede che dalla convocazione alla riunione del consiglio possano passare fino a venti giorni. Termine che sforerebbe, e di molto, il limite del 2 novembre, giorno in cui le dimissioni diventeranno irrevocabili.    Quindi Marino potrebbe anche revocare le dimissioni senza passare per l’Assemblea. Se lo facesse, resterebbe in sella e potrebbe andare avanti per un po’ a furia di delibere di giunta, ma senza una maggioranza con cui amministrare una città che ha estremo bisogno di essere amministrata. Quanto durerebbe? Al massimo fino al 31 dicembre, data entro la quale l’assemblea deve approvare il bilancio, che potrebbe slittare non oltre gennaio. Sarebbe uno strappo senza precedenti, con il quale il sindaco rischierebbe di dare di sé l’immagine del politicante che non molla la poltrona. L’immagine peggiore per un politico che potrebbe ripresentarsi alle primarie del Pd e, nel caso probabile di sconfitta, correre per il Campidoglio con una sua lista civica in grado di far perdere al Pd un bel gruzzolo di voti. Per portare a termine il dietrofront Marino non ha bisogno di chiedere un voto dell’Assemblea capitolina perché gli basta ritirare le dimissioni. A quel punto la palla passerebbe al Pd, che potrebbe presentare una mozione di sfiducia e andare al voto. Ma la strada è impervia perché per farla passare, i dem avrebbero bisogno del voto della maggioranza assoluta dei componenti del Consiglio, si legge nel regolamento comunale. Ovvero del voto favorevole di 25 consiglieri su 48, quando il Pd ne conta soli 19. Dove andare a prendere gli altri 6? Servirebbe un’alleanza con uno dei gruppi dell’opposizione, strada difficilmente praticabile e che metterebbe in serio imbarazzo il Nazareno. Intanto il sindaco dimissionario continua a lavorare nel suo fortino Campidoglio. ‘Questa città ha patito corruzione e criminalità, noi abbiamo mostrato discontinuità ma  Roma deve andare avanti’, dice Marino. . Se anche lui debba andare avanti con Roma lo deciderà a breve, firmando il ritiro delle sue dimissioni.

Cocis

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