A due anni dalla sua scomparsa di Silvio Berlusconi resta forte il ricordo attraverso le sue ultime parole vergate a mano su dei fogli di bloc-notes negli ultimi giorni di ospedale. Importante rileggerle con Marina Berlusconi: «Ero lì con lui, in quella camera del San Raffaele di Milano raccontò nella prefazione del libro di Paolo Del Debbio che un anno fa ne ha svelato l’esistenza – nel primo pomeriggio di sabato 10 giugno, quando scrisse queste righe. E non potrò mai, mai dimenticare. Nemmeno lo voglio. Sembrano proprio un messaggio universale, che va ben oltre la politica. In un mondo che pare avere un disperato bisogno di unità e dialogo, le sue ultime righe assumono un significato ancora più profondo. Il primo desiderio di mio padre è sempre stato quello di sentirsi amato, di sentirsi apprezzato. Non capiva quelli che ambiscono in tutti i modi a farsi temere: era quanto di più lontano dal suo modo di essere».
«Certamente non sarebbe possibile comprendere appieno chi era mio padre, senza capire che l’amore, inteso ovviamente nelle sue diverse declinazioni, è stato la stella polare della sua vita: di quella privata e famigliare, di quella imprenditoriale, di quella pubblica e politica. Era l’amore a collegarle indissolubilmente tra loro, come un comune denominatore».
Dalle quattro pagine, scritte con la fragilità di chi sta vivendo le ultime ore, emerge un manifesto liberale che Marina definisce «potente, soprattutto guardando a ciò che accade nel mondo». C’è in effetti la visione di un’Italia e di un’Europa senza muri, che puntano alla collaborazione politica e alla solidarietà sociale. «È stato uno dei più convinti sostenitori di una maggiore unione tra i Paesi europei e già nel ’94 auspicava una politica estera comune e una difesa comune». Oggi però molti considerano una maggiore integrazione europea come perdita di sovranità nazionale. Cosa direbbe il Cavaliere? «È stato tra coloro che hanno anticipato quella che si potrebbe definire una nuova forma di patriottismo – di cui c’è tanto bisogno – un patriottismo europeo, sempre ovviamente nel quadro di un legame di ferro tra le due sponde dell’Atlantico. Sono le stesse idee che hanno ispirato e continuano a ispirare Forza Italia».
Dal manoscritto traspare quella di un uomo che per quasi metà della sua vita ha dovuto lottare per una giustizia giusta”. Così, proprio mentre le cronache raccontano le ultime assurdità giudiziarie, e il garantismo rischia di evaporare come la più improbabile delle utopie, non si può non fare cenno a quel sistema che per trent’anni ha aggredito suo padre, con «teoremi accusatori costruiti ad arte e processi usati come armi». Per questo, ma anche contro gli errori e gli abusi che ogni anno si trasformano in calvario per mille innocenti, le chiediamo cosa pensa della riforma che sta approdando a Palazzo Madama: «La riforma della giustizia è e deve restare una priorità. Perché un Paese in cui la giustizia non funziona è un Paese destinato a fallire. Certo, non mi illudo che basti una riforma per restituire questo Paese alla piena civiltà giuridica, ma penso che rappresenterebbe decisamente un importante passo avanti. E poi servirebbe anche altro. Andrebbe introdotta una vera e propria responsabilità civile dei magistrati, in nome di un principio sacrosanto che dovrebbe valere anche per loro: è giusto che chi sbaglia risponda dei propri errori».
Nonostante le aggressioni e gli attacchi, però, Silvio Berlusconi è rimasto «un uomo di equilibrio, un moderato vero», che ha sempre preferito il dialogo allo scontro. Ne ha dato grande prova nei giorni di servizio sociale a Cesano Boscone: «Scontava la pena per una condanna che non stava né in cielo né in terra, ma non lo sentii mai lamentarsi né protestare. Al contrario, ha vissuto quei giorni con grande positività e affetto per le persone di cui si prendeva cura. Non smise mai di sorridere. Era riuscito a trasformare un momento difficile e umiliante in qualcosa di positivo. Fino all’ultimo è rimasto coerente con se stesso e non ha mai smesso di difendere la tolleranza, il garantismo e la democrazia: era la sua religione della libertà, per lui il bene più prezioso. Oggi, che non c’è più, vedo che molti tra i suoi più irriducibili avversari ne riconoscono le doti e la grande umanità: segno che tutto quel che ha seminato continua a dare frutti».
Uno dei frutti cui Marina tiene di più è la Silvio Berlusconi Editore, nata nel 2024 per parlare di libertà: «Un tema di assoluta attualità e un valore veramente universale, che va difeso, discusso e approfondito. E che, specialmente, non va mai e poi mai dato per scontato». Un’iniziativa di sapore politico? «Direi piuttosto uno strumento di dibattito su temi di valore politico nel senso più nobile del termine, come la libertà e la democrazia, sempre lontano da qualsiasi forma di arroganza e di militanza». Basta scorrere i primi titoli della nuova casa editrice del Gruppo Mondadori: «la Silvio Berlusconi Editore dà voce a idee che possono essere vicine alle nostre o molto lontane, ma comunque meritevoli di attenzione. Ed è un’eredità viva e fertile, che si svilupperà e si arricchirà nei prossimi anni, non solo un modo per onorare la memoria di mio padre».