Manovra 2025, lacrime e sangue

Pronta la manovra, ma stavolta la Meloni potrebbe pensare di fare la mossa grossa, ossia racimolare un bel gruzzoletto per la finanziaria. In che modo? Si pensa a tagliare gli sgravi fiscali, ma stavolta non ci si accontenta di quelli di poco conto. Secondo i calcoli eliminare le piccole agevolazioni farebbe risparmiare troppo poco, circa 400 milioni di euro in totale. Ecco quindi la trovata, tagliare anche gli sgravi più significativi. Chi è che rischia a questo punto?

La manovra di quest’anno sarà composta di  lacrime e sangue,  necessarie e dolorose, in particolar modo per i redditi più alti, visto che il taglio agli sgravi fiscali potrebbe stavolta riguardare proprio loro. Negli ultimi anni ci si era approcciati a mosse del genere, con una franchigia di 260 euro sulle detrazioni per i redditi superiori a 50 mila euro, che in pratica rendeva nulla la riduzione sulle aliquote. Il Ministro dell’Economia è silente sulla strategia ma si vocifera di un taglio che permetterebbe comunque di risparmiare un paio di miliardi di euro. A seguito dei paletti imposti, oggi i redditi più alti continuano a mantenere una importante riduzione, andando a toccare un risparmio di 1,6 miliardi di euro. C’è però da dire, proprio a ragione dei paletti sopra citati, che tali detrazioni riguardano bonus sull’edilizia settore sul quale c’è poco da intervenire.

La manovra della Meloni sembra fortemente orientata verso i tagli alle agevolazioni per i redditi più alti. Oltre a bonus e superbonus per ristrutturazioni ed edilizia, ci sono quelli per le spese sanitaria, per gli interessi sulla prima casa, poi per le spese di istruzione e per la previdenza integrativa. Una combinazione  ponderata tra deduzioni e tagli degli sgravi fiscali potrebbe essere l’unica scelta percorribile per arrivare a racimolare i soldi necessari per una nuova finanziaria.

Il Governo Meloni prepara il piano per la nuova manovra; nuovi tagli sulle agevolazioni, le detrazioni fiscali e le deduzioni sono le operazioni da portare a termine; a rischio i redditi più alti.

Dalla stretta sulle pensioni all’operazione ‘ceto medio’ che porterebbe benefici fiscali ad altri 8 milioni di contribuenti, accanto ai 14 milioni di lavoratori interessati dal taglio del cuneo fiscale, per un totale di 22 milioni di contribuenti coinvolti dal taglio delle tasse. Sono queste le ipotesi sul pacchetto pensioni e quello fiscale sulle quali lavora il governo in vista della manovra.

Sul fronte previdenziale, i tecnici dei ministeri del Lavoro e del Tesoro lavorano su varie simulazioni per una stretta all’anticipo pensionistico, liberando risorse da una misura – quota 103 – che così com’è risulta molto dispendiosa. A questo scopo, a quanto si  apprende  da fonti governative, la tecnostruttura dell’Inps competente per la materia è stata convocata dalle controparti dei due dicasteri per una ricognizione sulle possibili opzioni

Allo studio nel governo ci sarebbe un prolungamento delle finestre di uscita a 6-7 mesi dagli attuali 3 per i lavoratori che optano per l’anticipo con 42 anni e 10 mesi di contributi (41 e 10 mesi per le donne) a prescindere dall’età anagrafica. Potrebbero inoltre non essere rinnovate né Opzione donna, né l’Ape sociale.

Tra le misure allo studio anche dei tecnici anche una ritocco verso il basso del meccanismo di rivalutazione per gli assegni di importo più elevato. TFR. Sul tavolo del pacchetto pensioni c’è anche la proposta lanciata nelle scorse settimane dai sottosegretari leghisti all’Economia, Federico Freni, e del al Lavoro, Claudio Durigon, per destinare obbligatoriamente il 25% del Tfr alle forme integrative, alleggerendo così parzialmente l’onere a carico dello Stato.

Tra le priorità del governo in manovra c’è la volontà di confermare il taglio del cuneo fiscale per 14 milioni di lavoratori e dell’accorpamento delle prime due aliquote Irpef. Inoltre, a quanto si apprende, nella logica prosecuzione della riduzione della tassazione prevista dalla delega fiscale, coperture permettendo, il governo punta ad alleggerire il carico fiscale per il cosiddetto ceto medio, che non ha goduto né del taglio del costo del lavoro, né della semplificazione Irpef. Allo studio c’è dunque l’ipotesi di ridurre l’aliquota intermedia dal 35 al 33% e il rialzo da 50 a 60mila euro del limite del reddito per il secondo scaglione: uno schema che porterebbe benefici nelle tasche di circa 8 milioni di contribuenti. Il tutto è però condizionato dal reperimento delle risorse. Costo dell’operazione ‘ceto medio’ circa 4 miliardi.

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