Workers adjust the EU flags in front of EU headquarters in Brussels on Wednesday, June 22, 2016. (ANSA/AP Photo/Virginia Mayo)

Manovra e Ue: cosa rischia ora l’Italia

Dopo lo scambio di lettere, gli inviti da parte di Bruxelles a rivedere una manovra che esce dai limiti concordati in Europa e l’indisponibilità confermata dalla maggioranza di governo a cambiarne i numeri, si guarda a ciò che potrà accadere nelle prossime settimane.

E’ infatti attesa il 21 novembre l’opinione della Commissione europea sul documento programmatico di bilancio rivisto e inviato dall’Italia, quando potrebbe scattare, a meno di ripensamenti o sorprese sempre possibili, la procedura per deficit eccessivo legata nel nostro caso al debito.  Nello stesso giorno infatti potrebbe essere presentato il rapporto ex articolo 126.3 del Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (Tfue) che rappresenta il primo passo formale della procedura d’infrazione europea. Il negoziato con Bruxelles, a quel punto, si sposterà probabilmente sulle modalità e sui tempi della Edp, come viene chiamata in gergo la procedura per deficit eccessivo. Procedura che è lunga, complessa (prevede una quindicina di passaggi) e che diventa più pesante a mano a mano che procede.

 La procedura per deficit eccessivo (Edp in gergo) che l’Italia rischia di subire è prevista dal braccio correttivo del patto di stabilità, nel quale passa un Paese che non rispetta gli obblighi previsti dal braccio preventivo del patto, quello in cui l’Italia si trova attualmente e che prevede, in caso di inosservanza, un’altra procedura, quella per deviazione significativa, Sdp in gergo. La procedura per deficit eccessivo è lunga e complicata: prevede una quindicina di passaggi e diventa più pesante a mano a mano che procede. Esiste per applicare la previsione del trattato che gli Stati membri debbano evitare livelli eccessivi di deficit e di debito, alla luce dell’interdipendenza degli Stati membri, specie di quelli dell’Eurozona. A questo proposito lo Stato che subisce la procedura viene costantemente monitorato tramite rapporti a cadenza semestrale. In qualsiasi momento la Commissione può emettere una raccomandazione allo Stato membro, se viene percepito un rischio di mancato rispetto della scadenza fissata per correggere il deficit eccessivo.

La procedura per disavanzo eccessivo scatta ogni volta che viene ravvisata una violazione del criterio del deficit (rapporto deficit/Pil al massimo al 3%), oppure del criterio del debito pubblico, che deve ammontare al massimo al 60% del Pil. L’Italia rischia, a quanto ha detto il vicepresidente della Commissione Europea Valdis Dombrovskis, che venga aperta una Edp per il debito, visto che nel maggio scorso si era ritenuto di non procedere alla luce del fatto che il nostro Paese rispettava gli obblighi del braccio preventivo del patto di stabilità. L’Italia infatti, secondo le raccomandazioni del Consiglio approvate all’unanimità (anche dal nostro Paese), avrebbe dovuto ridurre il deficit strutturale, ma programmando per il 2019 un deficit nominale del 2,4%, incompatibile con la richiesta di riduzione del disavanzo strutturale, si è posta fuori dalle regole del braccio preventivo del patto di stabilità.

 Con l’apertura della procedura per disavanzo eccessivo, il Consiglio deve approvare la raccomandazione ex articolo 126.7 della Commissione che stabilisce un limite temporale per correggere lo squilibrio di finanza pubblica e riportarlo in linea con i requisiti del deficit e del debito. La raccomandazione contiene obiettivi di deficit sia nominale che strutturale, legati allo scenario macro delineato nelle previsioni della Commissione. Viene anche data una quantificazione della risposta di politica economica necessaria a soddisfare quegli obiettivi.

 L’Italia, entro la scadenza indicata nella raccomandazione europea, dovrà dimostrare di aver adottato azioni volte a rimediare al deficit eccessivo, pena l’applicazione di alcune sanzioni. Dal deposito, che non produce interessi, di una somma pari allo 0,2% del Pil alla sospensione di alcuni o di tutti i fondi europei strutturali e di investimento. Se la procedura continua il Consiglio può anche decidere di intensificare le sanzioni arrivando ad imporre una multa con importo massimo pari allo 0,5% del Pil.

 

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