Manipolazione di mercato e abuso di informazione privilegiata: come le Agenzie di rating ‘truccano’ i conti

Le agenzie di rating sono sotto investigazione. Tra le principali iniziative in corso, la SEC ha aperto un fascicolo nell’estate 2011 nei confronti di Moody’s per manipolazione di mercato (“market abuse”) in relazione al rating applicato alle obbligazioni garantite da pacchetti immobiliari, gli ormai famosi MBS (mortgage backed securities) che nel 2007, pochi mesi prima della dichiarazione di default sulle stesse obbligazioni, venivano valutati dall’agenzie di rating con una tripla A. Ancora, è notizia di pochi giorni fa, che il dipartimento di giustizia e la SEC americani stanno investigando potenziali violazioni della legge federale in relazione al rating di prodotti strutturati da parte di Standard&Poor’s. Ciò fa seguito ad un rapporto del Senato americano su Moody’s e Standard&Poor’s relativo al periodo 2004-2007 nel quale le agenzie di rating avrebbero adottato comportamenti collusivi con banche americane al fine di mitigare i giudizi di rating in cambio di laute commissioni. Di fatto, alla fine del 2011, un rapporto della SEC sulle agenzie di rating concludeva che, a distanza di anni dalla crisi del 2007-2008, vi sono ancora “evidenti mancanze” nelle metodologie e nelle procedure adottate dalle agenzie di rating. Infine, restando ai casi più importanti, l’autorità di regolamentazione del mercato europeo, la European Securities Markets Authority (ESMA) ha affermato di recente di essere in procinto di investigare Fitch, Moody’s e Standard&Poor’s per stabilire se i rating bancari degli ultimi mesi sono stati sufficientemente rigorosi e trasparenti.

Anche in Italia le investigazioni nei confronti delle agenzie di rating sono ad uno stadio avanzato. Alla fine di Giugno 2012 il procuratore generale della Corte dei Conti del Lazio, Angelo Raffaele De Dominici, ha stimato che il danno erariale causato al Paese dall’attività di downgrade delle agenzie di Rating è di circa 120 miliardi di Euro. Si tratta solo dell’ultimo atto di una serie di evidenze provenienti da più parti che rafforzano la circostanza che le agenzie di rating possano aver commesso atti o consentito comportamenti da parte di altri soggetti che la legge italiana persegue penalmente. Specificamente, le accuse per le quali le agenzie di rating sono già state rinviate a giudizio nel mese di Giugno 2012 dalla Procura di Trani sono infatti la manipolazione di mercato e l’abuso di informazione privilegiata.

Una recente ricerca universitaria coordinata da ricercatori ed economisti provenienti, tra l’altro, dall’Imperial College di Londra ha quantificato l’impatto complessivo del danno ricavabile al sistema Italia dai due downgrade del debito italiano di Settembre 2011 e Gennaio 2012 in circa 100 miliardi di euro, cifra che ricalca l’ordine di grandezza della stima operata dalla Corte dei Conti.

Il lavoro presenta elementi di rilievo che consentono di apprezzare i dettagli del problema. Difatti, mentre la Corte dei Conti stima il danno erariale attraverso un approccio che potremmo definire “deduttivo”, cioè guardando alla manovre correttive di finanza pubblica che sono state necessarie per fronteggiare il problema, la ricerca universitaria ha seguito un approccio “induttivo” basato sulla stratificazione “dal basso” delle diverse componenti di danno che si ravvisano sulla base degli specifici reati addebitabili, direttamente o indirettamente, all’azione delle agenzie di rating.

Questi i fatti. A Maggio 2011 Standard&Poor’s rivede l’outlook dell’Italia da “neutro” a “negativo”. Il 20 Settembre 2011 Standard&Poor’s taglia il rating sui BTP italiani da “A+” ad “A”, appellandosi ad un mix di fattori quali la debolezza della crescita economia, la scarsa credibilità del quadro politico, l’inefficienza della pubblica amministrazione e la rigidità del mercato del lavoro. Il 13 Gennaio 2012 Standard&Poor’s taglia ulteriormente il rating da “A” a “BBB+”, sulla base della crescente vulnerabilità verso rischi finanziari “esterni”, delle possibili difficoltà ad emettere obbligazioni a lungo termine e dei dubbi sulla competetitivà dell’area Euro verso aree limitrofe. I due tagli del rating portano l’Italia poco sopra la soglia di “titolo spazzatura” (che secondo la struttura di rating di Standard&Poor’s inizia a partire dal livello BBB-). Da notare che a seguito del doppio taglio del rating, il debito italiano acquista lo stesso rating di Colombia, Kazakhstan e Perù. Solo un gradino sotto (BBB) troviamo Marocco, Lituania e Tunisia mentre al di sopra troviamo, tra gli altri, il Messico ed il Sudafrica che hanno rating “A” ed il Botswana che ha una “A-“. Da rilevare che le tre principali banche del Kazakhstan hanno dichiarato default nel 2009 e che Paesi come Messico, Perù e Botswana non hanno di fatto emissioni obbligazionarie governative di rilievo oltre le scadenze brevi (2-3 anni).

La ricerca ha consentito di riscontrare importanti evidenze relative alla possibile ricorrenza sia del reato di abuso di informazioni privilegiate (insider trading), che punisce “chiunque essendo in possesso di informazioni privilegiate acquista, vende o compie altre operazioni su strumenti finanziari utilizzando le informazioni medesime”, che di quello di manipolazione di mercato (market abuse), che punisce “chiunque diffonde notizie false o pone in essere operazioni simulate o altri artifizi concretamente idonei a provocare una sensibile alterazione del prezzo di strumenti finanziari”.

Per quanto concerne l’ipotesi di abuso di informazioni privilegiate sono state condotte analisi econometriche sulle serie storiche dei prezzi delle attività negoziate, in primis BTP e CDS (Credit Default Swap). L’ipotesi di ricerca si è basata sulla considerazione che l’insider trading assume carattere altamente probabilistico laddove forti anomalie statistiche sui prezzi e rendimenti delle attività finanziarie non siano supportate e spiegabili da notizie pubblicamente disponibili, o da altre variabili statistiche osservabili.

Riguardo le anomalie statistiche, dall’analisi quantitativa delle serie storiche dei prezzi è stato identificato un intervallo di tempo compreso tra Agosto 2011 ed inizio Settembre 2011 durante il quale si riscontrano comportamenti dei prezzi e correlazioni tra BTP e CDS fortemente anomali, che infrangono le “leggi” statistiche osservabili lungo tutto il periodo di osservazione impiegato nella ricerca, che inizia dal 2001.

Successivamente, l’evidenza statistica sulle serie storiche è stata incrociata con il flusso di informazioni pubbliche che si è prodotto attorno al periodo di riferimento, onde verificare se le stesse anomalie fossero giustificate da fattori esterni. L’elemento che è parso maggiormente decisivo riguarda proprio la mancanza di riscontri informativi, il che conferma l’evidenza di un impatto sui prezzi in assenza di notizie pubblicamente disponibili. Ciò ha condotto i ricercatori a suffragare l’ipotesi che attori di mercato abbiano utilizzato informazioni riservate per speculare sui CDS e sui BTP nel periodo precedente alla comunicazione ufficiale del primo taglio del rating di Settembre 2011.

Relativamente al caso di manipolazione di mercato, l’esito dell’analisi consentirebbe di identificare diverse categorie di informazioni e dati che Standard&Poor’s avrebbe utilizzato nell’ambito delle proprie analisi e che risulterebbero, a seconda dei casi, i) non veritiere, ii) contraddittorie rispetto all’uso che delle stesse variabili l’agenzia di rating parrebbe aver fatto nell’ambito di analisi settoriali e iii) strumentali, ovvero funzionali all’obiettivo di fornire un quadro negativo del caso italiano.

Tra i diversi esempi di informazioni non veritiere ci sono:

L’affermazione che il debito pubblico italiano dipende fortemente (“heavily”) da soggetti esteri. L’Italia si distingue da altri Paesi dell’area OCSE per l’esatto contrario, dato che circa il 55% del debito è in mano a soggetti italiani, mentre nel caso USA o UK, ad esempio, la parte del debito detenuto all’estero supera il 75-80% del totale.

I timori di un accorciamento della vita media del debito italiano. Anche questo dato appare privo di fondamento se si guarda alla scadenza media dell’intero debito pubblico, che è inserita in un trend di crescita costante di lungo periodo che inizia dal 1982 con un valore pari ad 1 anno e giunge a fine 2011 con un valore di 7 anni.

L’esempio più lampante di informazione “contraddittoria” si riscontra confrontando i dati macro-economici utilizzati a supporto del rating del debito italiano con quelli relativi all’analisi BICRA (Banking Industry Country Risk Analysis, Analisi dei rischi Paese del settore Bancario) applicata da Standard&Poor’s nel 2011 a 23 Paesi allo scopo di classificare gli stessi sulla base della solidità e dei rischi dei rispettivi sistemi bancari. Nell’analisi BICRA viene detto che l’Italia ha mostrato forti miglioramenti nel settore bancario, e che la piccola dimensione media delle banche unita ad una forte propensione al risparmio degli italiani consentono alle banche di far fronte alle necessità di raccolta mediante i risparmiatori al dettaglio (retail). Tuttavia, nel report relativo alla secondo taglio del debito italiano, la stessa agenzia di rating solleva dubbi sulla capacità di collocamento del debito pubblico di nuova emissione, il che contraddice il giudizio positivo espresso nell’analisi BRICA sulle banche italiane, tenuto conto che le stesse banche sono tradizionalmente i principali sottoscrittori di debito pubblico italiano.

Infine, l’uso strumentale di determinate informazioni è riscontrabile in varie parti dei due report di Standard&Poor’s. Ad esempio, a supporto del taglio del rating di Settembre 2011 vengono menzionati come fattori “probatori” l’opposizione dei sindacati alla cessione di Alitalia alla Air France del 2008, che starebbe ad indicare l’assenza di competitività interna al mercato italiano, e il rapporto Debito/Pil del 117% rilevato alla fine del 2011, ritenuto in forte crescita rispetto al valore del 100% del 2007, senza che venga fornita alcuna spiegazione della ragione dell’impiego del 2007 come anno di riferimento. A tale proposito va rilevato che numerosi articoli usciti durante il 2011 affrontano il tema dell’uso arbitrario e strumentale da parte delle agenzie di rating dell’orizzonte temporale di definizione delle due variabili che formano il rapporto Debito/Pil, dando così alle stesse agenzie la possibilità di manipolare questo importante indicatore ed estrarne valori in qualche modo funzionali alla tesi che si intende sostenere. Il tema è stato approfondito, tra gli altri, da Robert Shiller (Università di Yale), nell’articolo “Debt Deal Delusions: Debt to Gross Domestic Product Ratio”.

Un articolo imprescindibile per analizzare varie ipotesi di manipolazione di mercato è “Moody’s analyst breaks silence: Says Ratings Agency Rotten To Core With Conflicts”, nel quale William J. Harrington , un ex-analista che ha lavorato per undici anni presso Moody’s, spiega come le agenzie di rating siano caratterizzate da elevati conflitti di interessi nei meccanismi operativi interni che l’ex analista non esita a definire profondamente corrotti.

La ricerca universitaria si concentra infine sulla quantificazione del danno ascrivibile alle conseguenze dell’azione delle agenzie di rating, sintetizzato nelle seguenti considerazioni:

Relativamente alle conseguenze del possibile reato di manipolazione di mercato e del relativo impatto sulla curva dei tassi, viene rilevato che la quotazione del BTP decennale è passata da 100.64 del 1 Luglio 2011 a 86.67 di fine Dicembre 2011, con una perdita quindi del 13.9%. Su scadenze minori, ad esempio sui 5 anni, la perdita è stata minore, con un prezzo passato da 106.42 del 1 Luglio 2011 a 96.1 di fine Dicembre 2011, con una perdita di 9.7%. Considerando l’intera curva per scadenze dei BTP si può ipotizzare che solo su questi titoli la perdita complessiva sia stata nell’intorno del 10%. Considerando l’ammontare di BTP in circolazione di 1.188 miliardi di euro ciò equivale a stimare, solo sui BTP, una perdita in valore assoluto di circa 110 miliardi di Euro, di cui, com’è noto, per circa il 55% è sopportata da soggetti residenti in Italia, identificabili in risparmiatori privati e tesorerie di banche e aziende, per un totale quindi di circa 60 miliardi di Euro di impatto sul “sistema Italia”.

Vi è poi un danno rilevante causato soprattutto sulla raccolta di capitali da parte delle aziende e delle banche italiane (ma anche dei singoli risparmiatori), a causa dell’aumento dello “spread” BTP-Bund. Nell’arco di un anno solare, come ad esempio il 2012, il Tesoro emette circa 350 miliardi di Euro per rifinanziare le obbligazioni in scadenza. Allo stesso tempo, le banche italiane rinnovano le obbligazioni in scadenza verso soggetti istituzionali per circa 90 miliardi di euro (escludendo le obbligazioni collocate presso investitori al dettaglio e obbligazioni trattenute in bilancio) e raccolgono circa 65 miliardi di Euro sul mercato interbancario. In totale, si stimano circa 500 miliardi di Euro di raccolta. Ipotizzando una spread medio di 400 punti base è possibile quindi stimare un danno incrementale pari a circa 20 miliardi di Euro.

Per quanto concerne la componente di insider trading, la stima dell’impatto sui CDS a danno degli emittenti di tali strumenti è stimabile in circa 12-15 miliardi di Euro. Non è stata condotta un’analisi sull’impatto del possibile insider trading operato direttamente sui BTP che si ritiene tuttavia essere in qualche modo già inclusa nella diminuzione delle quotazioni degli stessi titoli di cui si è detto nel primo punto.

Queste dunque le macro aree nelle quali il danno complessivo di circa 100 miliardi di euro può essere scomposto. La ricerca universitaria si concentra poi su numerosi altri aspetti, quali, ad esempio, il confronto tra Paesi per verificare la coerenza dei dati utilizzati dalle agenzie di rating (analisi cross-country) e l’impiego di metodologie di calcolo alternative per verificare la robustezza dei risultati (stress-test).

Sulla base delle evidenze riscontrate la ricerca conclude osservando che la tipologia di reati imputabili alle principali agenzie di rating ed a chi eventualmente ha praticato insider trading appare in linea con la casistica osservabile in altri Paesi dove le stesse agenzie sono già oggetto di investigazione. Ciò lascia sperare che l’Italia possa essere il teatro di un’azione incisiva che restituisca dignità ad una funzione determinante per il funzionamento dei mercati finanziari, quella appunto dell’apprezzamento del profilo di rischio delle attività finanziarie, e consenta di recuperare risorse finanziarie potenzialmente sottratte al Paese.

Alberto Micalizzi, Ph.D

Docente Universitario

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