Non scende la tensione tra M5s e Lega e, dopo che nel corso di mercoledì il Carroccio aveva diffuso una nota durissima in cui si accusavano gli alleati di governo di aver “sabotato” le istanze di cambiamento solo per “barattare” poltrone al Parlamento Ue, in serata arriva l’ennesimo affondo. “Quello del Movimento 5 Stelle al Parlamento europeo è stato un vero e proprio tradimento”, hanno infatti fatto sapere fonti leghiste.

Nel day after dell’elezione di Ursula von der Leyen a presidente della Commissione europea, vanno quindi in scena tra M5s e Lega scambi di accuse e note al veleno, da cui emerge la sensazione di essere di fronte a due avversari e non ai due alleati di governo.

 A irrigidire ulteriormente le posizioni, e a far trovare il premier Giuseppe Conte alle prese con una mediazione delicatissima, si inserisce inoltre l’incognita della nomina di un esponente leghista nella squadra dell’ex ministra della Difesa tedesca. Nomina appesa a un filo, tanto che ormai in ambienti della maggioranza non si esclude più che, a spuntarla, sia un tecnico gradito a Matteo Salvini. Anche se fonti leghiste, a Strasburgo, puntano allo scontro: “Il nostro nome sarà di valore, se ce lo bocceranno sarà come un atto di guerra”, avvertono.

 Intanto le tossine dello strappo M5s-Lega sul voto in Europarlamento sono tutt’altro che smaltite. “Non votare von der Leyen sarebbe stato un voltafaccia”, sottolinea il M5s che, in un post, attacca la Lega: “C’era l’accordo che i cosiddetti sovranisti votassero von der Leyen. Poi la Lega all’ultimo secondo ha scelto di sfilarsi, pur di colpire noi si è condannata all’irrilevanza”.

Durissima la replica della Lega, che in una nota parla di “sabotaggio” in Europa e di un M5s che ha “barattato una svolta storica per una poltrona. Se qualcuno pensa che i voti della Lega siano merce di scambio si sbaglia”, tuonano i salviniani.

 L’aria che si respira a Strasburgo tra i leghisti è, del resto, di stampo pre-bellico. Nessuno fa trapelare il minimo rimorso per il no di martedì. E poco importa che von Der Leyen avesse il placet del premier Giuseppe Conte, che ha osservato gelido la svolta leghista sull’ex ministra tedesca. Fonti di Palazzo Chigi ricordano come il premier abbia lavorato per il miglior interesse del Paese e non di bottega, scongiurando che la Commissione fosse guidata da un’esponente temuta in Italia come Vestager. Ma ora, sottolineano le stesse fonti, la partita per il commissario si fa molto più complicata.

“Il no della Lega è legittimo, non so se compromette le trattative in corso per il commissario”, spiega Conte, ricordando come la delega alla Concorrenza gli sia stata “assicurata”.

 Ma il punto è come conciliare un esponente leghista ad un programma che la stessa Lega ha bocciato. “I commissari dovranno rispettare il programma di von der Leyen”, sottolinea, non a caso, il presidente dell’Europarlamento David Sassoli. A questo punto calano le possibilità che sia Giancarlo Giorgetti il profilo scelto: troppo rischioso mandare un uomo chiave della Lega sulla graticola di Strasburgo e, in ogni caso, in un esecutivo non certo amico. Difficile anche per Giulia Bongiorno, altro membro di governo del quale Salvini non vorrebbe privarsi e sul quale, in ogni caso, c’è il veto del M5s. Veto che, come scandito da Tiziana Beghin, si estende anche all’attuale ministro degli Esteri Enzo Moavero Milanesi. Toccherà a Salvini, tornato proprio nella giornata di mercoledì a tessere la sua tela europea nella riunione dei ministri dell’Interno a Helsinki con il non scontato placet di Conte, trovare il nome giusto.