L’ultima volta de ‘L’ultimo scugnizzo’. Pubblico entusiasta. Tris di repliche a grande richiesta al Trianon

Al Teatro del Popolo di Forcella, altre tre rappresentazioni per soddisfare il pubblico entusiasta, imperdibili per i tanti fans di Nino D’Angelo, applaudito protagonista, che annuncia per motivi anagrafici, giunto ai suoi sessant’anni: ‘sarà l’ultima volta che lo porto in scena’.

A grande richiesta, il Trianon Viviani propone tre recite straordinarie per ‘L’ultimo scugnizzo’ capolavoro di Raffaele Viviani per la regia di Bruno Garofalo, che Nino D’Angelo ha riportato in scena con successo, per l’ultima volta, a quanto annunciato dallo stesso artista.

La commedia va nuovamente in scena venerdì 12 e sabato 13 alle 21 e domenica 14 alle 18, per soddisfare le tante richieste, dopo la rappresentazione di lunedì 8 gennaio che avrebbe dovuto essere conclusiva. E si ci chiede se ne basteranno soltanto tre, vista la decisione presa dall’apprezzato artista di non voler ricoprire mai più il ruolo di ‘Ntonio per limiti di età.

Sgomenti i tanti fans per la decisione presa dall’ex Caschetto d’oro ormai maturo ed intenso interprete di un lavoro tra i più belli e significativi di Viviani.

Con Nino D’Angelo, Antoine, Salvatore Benitozzi, Tonia Carbone, Vittorio Ciorcalo, Marcello Cozzolino, Antonio De Francesco, Tiziana De Giacomo, Sonia De Rosa, Raffaele Esposito, Laura Lazzari, Marianna Liguori, Matteo Mauriello, Gennaro Monti, Gina Perna, Mena Steffen e Maria Rosaria Virgili.

I costumi sono a firma di Mariagrazia Nicotra; movimenti coreografici curati da Enzo Castaldo; consulenza musicale di Ciro Cascino; foto di scena di Fabio Donato.

Il lavoro del grande commediografo stabiese (vero cognome Viviano, nato nel gennaio del 1888) si avvale dell’avvincente interpretazione del direttore artistico del Teatro del Popolo di Forcella. Si tratta di un testo particolarmente vicino e sentito oltre che amato dal pubblico campano di ogni età per il suo messaggio pregnante, per alcuni versi ancora attuale.

Nel successo di questo nuovo ciclo di rappresentazioni, influisce sicuramente la figura e l’intensità dell’interpretazione del sempre più bravo Nino D ‘Angelo nei panni di ‘Ntonio Esposito, lo scugnizzo, ‘cresciuto alla scuola della strada, dove si passa senza esami’, costretto a crescere di colpo e, davanti alla notizia della prossima paternità, conscio all’improvviso di dover dimostrare a se stesso ed alla sua amata, oltre che alla società – quella di appartenenza e quella dei più fortunati ‘nati meglio, nati con una famiglia ed una casa’ – di essere ormai un uomo vero.

È la crescita del giovane che, nel momento in cui apprende che sta per diventare padre, sente in maniera predominante la necessità, pur tra umiliazioni e rischi, di trovare un’occupazione per poter sposare la fidanzata incinta e dare uno stato civile al prossimo nascituro, assumendosi così con amore e con dignità le sue responsabilità. Lo spettacolo è prodotto da Immaginando e Pragma, in collaborazione con la Fondazione Campania dei festival, e finanziato dalla Regione Campania.

Nelle parole di D’Angelo, l’entusiasmo provato nel ritornare dopo dieci con questo lavoro sul palcoscenico: ‘È particolarmente emozionante interpretare il personaggio dello scugnizzo Esposito nel teatro del popolo di Forcella, che si trova proprio a due passi dalla ruota degli espostidell’Annunziata ma, per motivi anagrafici, visto che quest’anno ho festeggiato i miei sessant’anni, ho deciso che sarà l’ultima volta che lo porto in scena’.

La commedia in tre atti debuttò il 16 dicembre 1932 al teatro Piccinni di Bari, con l’autore nel ruolo di ‘Ntonio, mentre la sorella Luisella quello di ‘Nnarella, futura suocera dello scugnizzo. Lo spettacolo andò nuovamente in scena l’anno successivo, prima al Teatro Fiorentini di Napoli e quindi a Milano. È del 1938 la riduzione cinematografica che si avvalse della sceneggiatura di Gherardo Gherardi, con la regia di Gennaro Righelli, e Viviani ancora nel panni del protagonista. Poi, nel 1957 l’interpretazione teatrale di Nino Taranto, con la regia di Vittorio Viviani, alla quale ne sono seguite molte altre.

La commedia è caratterizzata da due temi fondamentali tipici di Viviani: la miseria e l’emarginazione ai quali si aggiunge il forte desiderio di crescita che scatta in ‘Ntonio quando apprende che diventerà padre. Allora il giovane decide di voler cambiare vita è sente forte il desiderio di abbandonare il suo passato precario, che vuole superare pur non rifiutandolo.

Tenta di tutto per riuscire ad ottenere un lavoro onesto per potere vivere dignitosamente e soprattutto per offrire al figlio in arrivo una vera famiglia e un’esistenza serena. Ma l’incanto dura poco, il destino è già segnato, quel destino irreversibile che non lascia speranza a chi nasce sfortunato: il nascituro muore ed è la fine morale per Ntonio e la sua speranza di rinascita. È la presa d’atto oltre che della sconfitta, dell’ essere diverso dagli altri. Il ragazzo che aveva trovato all’improvviso la forza ed il coraggio per inserirsi tra tanti sforzi nel mondo sano del lavoro, ricade altrettanto repentinamente nella realtà di sempre – quella che l’aveva accompagnato fin dalla nascita – fatta di disperazione e di emarginazione senza alcuna speranza di cambiamento.

È una sentenza amara quella di Viviani che ancora una volta unisce a filo stretto l’essere scugnizzo con la realtà di emarginato e di povero ‘a vita’.

Nota per le le scene: quella del primo atto è ambientata in un interno: lo studio dell’avvocato Razzulli. Il secondo atto si svolge invece all’esterno, in vico Lepri ai Ventaglieri, vicino ad un basso tipico partenopeo. L’ultimo atto è di nuovo in un interno in casa Razzulli, nello studietto di ‘Ntonio.

Un ruolo indipendente da ml punto di vista artistico va riconosciuto alla famosissima ‘Rumba degli scugnizzi’ dal ritmo d’impronta giullaresca alquanto singolare è decisamente trascinante, che riesce sempre ad evocare suggestioni singolari ed inedite emozioni. D’Angelo sostiene questa prova d’attore per Nino con grande competenza ed effetto incredibilmente trascinante sulla platea, aggiungendo ulteriore pregio alla sua interpretazione ed alla rappresentazione .

Nessuna sede teatrale meglio del Trianon avrebbe potuto essere appropriata per rappresentare il dramma dell’infanzia difficile, in quanto posto in una zona che per secoli ha rivestito un ruolo importante nella storia sociale di Napoli, con la real casa dell’Annunziata e la sua famosa ruota nella quale venivano abbandonati i neonati ai quali la struttura poi provvedeva per l’accoglienza, l’assistenza e l’eventuale affido; ancora, per i due monasteri, un tempo esistenti, che erano dedicati alle donne ‘perdute’: quello di Santa Maria Egiziaca all’Olmo, nella cui sede fu istituito l’Ospedale Ascalesi, e l’altro dedicato alla Maddalena, nel quartiere che ne ha preso il nome. Infine, per la realtà spesso dura che ha contraddistinto per lungo tempo la vita dei bambini poveri ed a rischio dei quartieri popolari della città, tra cui quello che ospita il Trianon.

Dimostrando attenzione alle esigenze degli spettatori, l’organizzazione del popolare teatro partenopeo ha predisposto per questo spettacolo un servizio di navetta gratuito da e per il garage convenzionato Quick parking San Francesco, nella piazza san Francesco di Paola dove vi era la Pretura, a ridosso di porta Capuana. Una decisione opportuna quanto gradita ai frequentatori, che sarebbe auspicabile anche per le altre rappresentazioni e ci si augura divenga di routine anche da altri teatri partenopei.

Ancora di più, è auspicabile che vengano istituite delle corse pubbliche di autobus, metro, funicolari dopo-teatro che favorirebbero il coinvolgimento soprattutto di giovani ed anziani, ancora più penalizzati dai costi accessori dello spostamento in auto con relativo garage. O, perlomeno, basterebbe che la fine dello spettacolo precedesse, almeno in alcune serate (e non esclusivamente la domenica) l’ultima corsa metropolitana della linea 1, delle ore 23, e parimenti le ultime corse – fissate in genere pure intorno a quell’ora – delle linee principali di autobus che si diramano dal centro città, dove sono dislocati la maggior parte dei teatri, verso le altre zone cittadine e periferiche. Già l’inizio delle rappresentazioni alle 20,30/20,40 potrebbe essere risolutivo nella maggior parte dei casi.

Promuovere il teatro, vuol dire anche adoperarsi affinché possa essere fruibile a tutti, soprattutto in un periodo di crisi economica. Ammortizzare il costo dei trasporti, già sarebbe tanto.

Teresa Lucianelli

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