Di Maio tra manovra e Ue: ‘Questa Europa tra sei mesi è finita’

Troppo deficit, così non va. Rapidissima e inconsueta, la bocciatura dell’Ue ai numeri del Def. La lettera di risposta al messaggio del ministro dell’Economia Giovanni Tria è firmata dai commissari Moscovici e Dombrovskis, che chiedono al governo di ‘assicurare che la bozza di legge di stabilità sarà in linea con le regole comuni di bilancio’:  ‘I target di bilancio rivisti  sembrano, ad una prima vista, puntare ad una deviazione significativa dal percorso raccomandato dal Consiglio. Questa è una fonte di seria preoccupazione’.

Ora la Commissione Ue aspetta la manovra, poi inizierà l’esame concreto. Non c’è stata alcuna bocciatura da parte dell’Ue, spiega in serata in Governo, che ribadisce la bontà della propria manovra,  anche perché non è stata ancora avviata, né poteva esserlo, alcuna interlocuzione formale. Si conta, invece, su un dialogo costruttivo. Sono ottimista, assicura il ministro Tria, che si dice convinto che si aprirà un confronto costruttivo. Anche perchè i deficit fanno parte degli strumenti di politica economica consentiti dalla prassi.

Tria spiega la necessità, in un contesto di una congiuntura che rallenta, di fare una manovra espansiva. Ma questo,  scrive il governo nel Def, solo in parte poggerà sull’aumento del deficit. Investimenti, sostegno al reddito, politiche a favore delle imprese consentiranno di spingere sull’acceleratore del Pil, richiedono risorse. Per far quadrare i conti bisognerà anche tirare la cinghia su altri fronti, a partire dai tagli di spesa, nei ministeri e non solo, e da una nuova, inaspettata, stretta fiscale: dalla cancellazione di incentivi all’aumento degli acconti delle imposte sui redditi. La legge di bilancio 2018 si preannuncia una maxi manovra da 35-40 miliardi. Una cifra quasi doppia rispetto a quelle degli ultimi anni, ma che,  nelle intenzioni del governo, sarà necessaria per rilanciare la crescita economica e ridurre progressivamente, fino ad annullarlo, il differenziale con l’Europa. La Nota di aggiornamento al Def descrive, nero su bianco, la lista delle coperture previste per reddito di cittadinanza, revisione della Fornero, flat tax sugli autonomi e Ires agevolata sugli utili reinvestiti.

Si opereranno tagli alle spese dei ministeri e altre revisioni di spesa per circa lo 0,2% del Pil”, si legge. In pratica una nuova ondata di spending da 3,6 miliardi di euro. Saranno cancellate l’Iri, in vigore dal primo gennaio, il cui costo si aggira sui 2 miliardi di euro, e l’Ace, l’Aiuto alla crescita economica di montiana memoria, oggi sfruttato da banche e imprese per circa un miliardo. In più, come già sperimentato nel 2013, potrebbero tornare ad aumentare gli acconti delle imposte sui redditi, arrivando a superare il 100%, e potrebbe essere rivista anche qualche spesa fiscale. Ulteriori aumenti di gettito proverranno da modifiche di regimi agevolativi, detrazioni fiscali e percentuali di acconto d’imposta, specifica il Documento trasmesso ieri in Parlamento. Il percorso di riduzione delle aliquote Irpef, da 5 a 2 a fine legislatura, inserito in una prima bozza della Nota, è peraltro scomparso nella versione definitiva, lasciando spazio ad una molto più vaga flat tax sulle famiglie. Quanto basta per scatenare la reazione delle opposizioni. “Più tasse per tutti. La pressione fiscale secondo il Def presentato da Lega e Cinque Stelle l’anno prossimo aumenterà. Capolavoro”, commenta il segretario del Pd Maurizio Martina, definendo la manovra semplicemente ingiusta. Anche per Silvio Berlusconi i tagli di tasse non si vedono affatto, così come non si vedono, nonostante l’insistenza di Luigi Di Maio sugli effetti occupazionali del reddito di cittadinanza, misure per dare lavoro ai giovani. 


L’allarme però è anche quello dei sindacati e riguarda il pubblico impiego. Nel Documento non viene fatto alcun accenno al rinnovo del contratto dei 3,2 milioni di dipendenti pubblici in scadenza a fine anno. L’intenzione sarebbe, secondo quanto si apprende, quella di garantire solo l’indennità di vacanza contrattuale, sancita per legge, paventando il rischio di un nuovo blocco della contrattazione. La vacanza varrebbe circa 500 milioni, mentre il rinnovo dei contratti per lo scorso triennio è costato complessivamente, tra statali, scuola, sanità, enti locali e gli altri comparti, 5 miliardi di euro. Il giudizio più atteso, oltre a quello dei mercati che  si sono mossi poco sullo spread, rimasto poco sopra a 280 punti base, è però quello dell’Europa. La bocciatura messa nero su bianco in serata era preannunciata dalle parole del presidente della Commissione europea Jean-Claude Juncker: ‘Spero che Matteo Salvini non finisca mai nella situazione di dover raccogliere un mucchio di macerie’, ha detto, scatenando immediatamente l’ennesima reazione del vicepremier italiano. Le uniche macerie che dovrò raccogliere,  ha ribattuto,  sono quelle del bel sogno europeo distrutto da gente come Juncker.

Dopo la lettera scritta dal vicepresidente della Commissione europea, Valdis Dombrovskis, e dal titolare agli Affari economici Ue Pierre Moscovici – che hanno manifestato “seria preoccupazione” per un Def ritenuto “una deviazione significativa dal percorso di bilancio indicato dal Consiglio Ue – il governo insomma non cambia idea: Di Maio ribadisce che, pur non volendo sfidare Bruxelles, l’obiettivo della manovra è un altro e cioè quello di “ripagare il popolo italiano di tanti torti subiti”. E proprio questo verrà ribadito quando il presidente della Camera Roberto Fico si recherà alla Commissione Ue: “Faremo lavoro di squadra – ha detto Di Maio – per spiegare che gli italiani hanno bisogno di queste misure che non sono spot ma finalmente cambiamo la vita delle persone”.

Sul fronte dei conti pubblici, il Governo non fa retromarcia e continua la sua strada: lo stesso ministro dello Sviluppo Economico e vicepremier Luigi Di Maio dice senza mezzi termini che non c’è ‘nessun piano B’. Questo perché da parte dell’esecutivo non c’è alcuna volontà di arretrare né si vuole assolutamente tradire i cittadini italiani. Non si torna indietro.

Che a Bruxelles non vedano di buon occhio la manovra, in quanto rallenta il rientro dal deficit di bilancio, è cosa nota, tant’è che il presidente della Commissione, Jean-Claude Juncker, pur escludendo qualsiasi similitudine tra il nostro Paese e la Grecia, ha ribadito che “l’Italia è in una posizione difficile”. “Ho detto a Friburgo che l’euro era in pericolo se tutti avessero richiesto regole speciali in modo tale da non rispettare gli accordi precedenti nel contesto del coordinamento delle politiche economiche e di bilancio” ha aggiunto ricordando la prossima scadenza. L’Italia, ha aggiunto, “dovrà presentare il proprio bilancio alla Commissione entro il 15 ottobre. Valuteremo, e, se necessario, proporremo modifiche ‘sine ira et studio’. Siamo in una procedura normale”.

Ma Di Maio, sollecitato dai giornalisti, non sembra ammorbirdirsi: “Questa Europa qui tra sei mesi è finita”, ha detto riferendosi alle prossime elezioni europee. Ancora più duro il Ministro dell’Interno Matteo Salvini: “L’Europa dei banchieri, quella fondata sull’immigrazione di massa e sulla precarietà, continua a minacciare e insultare gli italiani e il loro governo? Tranquilli, fra sei mesi verranno licenziati da 500 milioni di elettori, noi tiriamo dritto”. Da Juncker arriva indirettamente la replica: il presidente della Commissione Ue, da parte sua, invita i due vicepremier italiani a prestare maggiore attenzione alle parole: “Il fatto che due vicepremier ministri italiani usino un linguaggio sboccato sull’Unione europea come istituzione nella struttura generale del continente va guardato con molta attenzione”.

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