Lotta alla povertà e possibili interventi del prossimo Governo

La lotta alla povertà rappresenta per l’Italia una priorità non più rinviabile, specialmente nell’attuale fase storica in cui il Paese, oltre a consolidare il suo ‘status’ di potenza industriale, tende ritagliarsi un ruolo propulsivo nella riproposizione dei valori fondativi dell’Unione Europea. Per altri versi, è’ stato ormai dimostrato che il conseguimento di uno ‘standard’ di socialità adeguato all’attuale contesto occidentale avrebbe una valenza positiva anche sul piano dello sviluppo del reddito, fornendo un contributo significativo all’attenuazione degli effetti recessivi derivanti dalla grande diseguaglianza nella distribuzione del reddito, accumulata  nei decenni passati.

L’Italia impiega nella ‘spesa sociale propriamente detta’ soltanto l’11,9% del PIL, a fronte del 12,1% della Spagna, del 14,3% della Germania, del 15,1% del Belgio e del 16% della Francia, con una media dell’Europa a 21 Paesi intorno al 13,4%.

I fondi dedicati dal nostro Paese alla spesa sociale  accusano  un sensibile ritardo, rivelando una forte la carenza di servizi sociali divenuti ormai essenziali: mancanza  di asili nido, di strutture per l’assistenza agli anziani e alla prima infanzia, di ambulatori, impieghiamo  tempi troppo dilatati nell’erogazione dell’assistenza sanitaria; tutti servizi che contribuiscono efficacemente ad alleviare la condizione di povertà relativa dei ceti meno abbienti.

Per quanto riguarda ii fondi dedicati ai ‘trasferimenti sociali’,  o pensioni nel loro insieme, anche se  allineati al livello dei principali Paesi europei,  si disperdono in un numero enorme di prestazioni (circa 21 milioni), distribuite a  circa 16 milioni di aventi diritto, con una distribuzione che presenta, peraltro, una grande divaricazione tra gli importi minimi e quelli più elevati

Per il nostro istituto di previdenza le prestazioni pensionistiche previdenziali sono circa 17 milioni, di un importo medio lordo di poco superiore ai 1000 euro mensili e la loro distribuzione accusa un’ampia dispersione intorno alla media; ad esse si aggiungono quasi 4 milioni di prestazioni ‘pensionistiche assistenziali’.

Le prestazioni pensionistiche previdenziali comprendono quasi 5 milioni di prestazioni per le ‘Gestioni lavoratori autonomi e parasubordinati’, il cui importo medio mensile lordo è di circa 650 euro, mentre le prestazioni pensionistiche assistenziali registrano una media di poco inferiore ai 400 euro mensili lordi, contribuendo ad abbassare la media complessiva delle pensioni a circa 850 euro lordi mensili.

Da questi pochi dati emerge un contesto molto disarticolato che contempla, oltre a una endemica carenza di servizi sociali alla famiglia, anche un’ ampia dispersione nella distribuzione dei redditi pensionistici, inseriti in una Società che accusa una forte diseguaglianza dei redditi ed un livello di ‘povertà assoluta’ che conta 4,5 milioni di poveri.

Al prossimo Governo spetta il compito di ricomporre gradualmente un quadro sociale più equilibrato, con provvedimenti che potrebbero articolarsi lungo tre direttrici: a) sviluppare  un’azione di base che, stabilendo il salario minimo garantito ed altre misure di carattere fiscale, inizi a ridurre le diseguaglianze di reddito; b) reperire un volume di risorse annuali pari a circa 1 punto di PIL (13 Mld) a copertura del finanziamento di una più ampia offerta di servizi sociali, in modo da  recuperare almeno parte del nostro ritardo nei servizi sociali; c)stanziare almeno un altro punto di PIL a copertura dell’adeguamento del ‘reddito di inclusione’ garantendo alla maggior parte dei 4,5 milioni di ‘poveri relativi’ un’integrazione di reddito media di almeno 3-4000 euro l’anno.

Il complesso di queste azioni, da realizzare gradualmente in due o tre anni, richiederebbe la disponibilità di nuove risorse per circa 25 Mld complessivi, che potrebbero essere finanziati incidendo fiscalmente cespiti non attivi rispetto alla base produttiva, quali le rendite finanziarie, ad esempio  attraverso una ‘mini patrimoniale finanziaria’ ‘una tantum’  del 2,5% sui patrimoni finanziari superiori a 500mila euro, che, secondo le statistiche della Banca d’Italia, ammontano a 1.100 Miliardi.

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