Un primo ministro sotto sfratto alla vigilia del voto. Si consumano le ultime ore di Theresa May a Downing Street mentre una Gran Bretagna dilaniata dallo stallo parlamentare sulla Brexit apre la tornata delle elezioni Europee del 2019: appuntamento al quale, in tempi di sfide fra sovranisti e non, il Regno non avrebbe neppure dovuto partecipare a rigor di logica, a ben tre anni dal referendum che sulla carta nel giugno 2016 ne aveva suggellato l’addio all’Ue.
La corsa per la scelta dei 73 eurodeputati isolani a Strasburgo – tutti sub iudice e destinati a uscire di scena nel momento in cui il divorzio fosse finalmente formalizzato – non appassiona in effetti quasi nessuno oltremanica, dove del resto l’affluenza per questo tipo di consultazione è sempre stata marginale: sotto il 40%. Non solo perché i risultati si sapranno domenica 26, quando voterà il grosso degli altri Paesi. Ma soprattutto per i venti di crisi politica scatenatisi a Londra, e accompagnati per colmo di disgrazia anche dal crac di British Steel, industria dell’acciaio con 5000 lavoratori a rischio.