L’innalzamento dell’età pensionabile

Riparte la partita sull’età pensionabile. O, meglio, sulla sospensione dello scatto automatico che la porterà a 67 anni nel 2019, a 68 nel 2031 e a 70 nel 2057. Per bloccare un meccanismo che sta diventando perverso, il presidente della commissione lavoro della Camera, Cesare Damiano, insieme al collega del Senato, Maurizio Sacconi, ha lanciato qualche giorno fa un appello al Parlamento e al Governo per disattivare il meccanismo.

Ma l’aria non sembra essere quella dell’accoglimento in toto dell’invito.   Giovedì sindacati e governo si ritroveranno di fronte. E l’agenda sarà ricca. I capitoli li ha elencati proprio Damiano: ‘In discussione ci saranno parecchi argomenti: la pensione contributiva di garanzia, che ha l’obiettivo di consentire ai giovani di avere un assegno pensionistico dignitoso; il riconoscimento, ai fini previdenziali, dei lavori di cura prestati dalle donne; una revisione del meccanismo dell’innalzamento dell’età della pensione’.

Le strettoie del budget però imporranno un mix di soluzioni. Insomma un percorso contorto che non è detto che soddisfi alla fine le attese di milioni di italiani  letteralmente sequestrati dalle rigidità della riforma Fornero e da quel terribile meccanismo automatico di adeguamento dell’età che, peraltro, in questo momento appare un po’ anacronistico visto che sul fronte dell’attesa di vita non è che vi sia stata una particolare impennata.

Un’ipotesi sul tavolo è quella di anticipare l’età attraverso una rete di redditi-ponte che traghetti fino al raggiungimento dei requisiti. Un sistema che con l’Ape già si tenta di mettere in piedi e a cui si affiancherebbe un assegno minimo di garanzia per i giovani e un’attenzione particolare per le fasce deboli, per motivi familiari, di reddito, salute e gravosità del lavoro svolto.

Al momento ci sarebbe un’apertura del Governo a riconoscere dei bonus contributivi per le donne, anche se nell’ambito dell’Ape social (lo sconto sull’anzianità sarebbe di tre anni). I sindacati chiedono però scivoli per tutte le lavoratrici, oltre le platee dell’anticipo social, e propongono di estendere la riduzione sull’età a un anno per ogni figlio. Riguardo alla questione centrale, più critica, l’adeguamento automatico all’aspettativa di vita, per prendere una decisione si aspetta il dato definitivo dell’Istat, che arriverà entro ottobre.

 Si pensa a un cocktail di strumenti: redditi-ponte da sostenere con un risparmio collettivo, come la previdenza integrativa, e uno individuale, come l’Ape volontaria; un fondo di solidarietà per il sostegno alle basse contribuzioni; eliminazione dei vincoli che legano l’uscita agli importi e una pensione minima, a partire da 650 euro mensili, per i giovani o meglio chi ricade totalmente nel contributivo (sono inclusi quindi anche i quarantenni). La somma potrebbe essere incrementata, legandola agli anni di lavoro, fino a un tetto di mille euro, con un tasso di sostituzione che si avvicinerebbe al 65%.

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