Rapiti in Libia: Bruno Cacace (sx) e Danilo Calonego (dx)

Libia, chiesti 4 milioni di euro di riscatto per italiani rapiti

I due italiani sequestrati nel sud-est della Libia lo scorso 20 settembre sono presumibilmente nelle mani di un gruppo guidato da un uomo algerino legato ad al Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi) ma che agisce per proprio conto. Lo hanno rivelato fonti della sicurezza algerina al sito web Middle East Eye, aggiungendo che il gruppo ha chiesto un riscatto di 4 milioni di euro.

Il gruppo è composto da libici e algerini ed è guidato da un algerino che si chiama Abdellah Belakahal, ha rivelato la fonte, che ha minacciato di cedere gli ostaggi all’Aqmi o ad una cellula dello Stato islamico, se il riscatto non viene pagato. Ma su quanto affermato non ci sono conferme ufficiali.

 Bruno Cacace e Danilo Calonego sono stati rapiti insieme ad un canadese chiamato Frank e lavorano come tecnici per la società italiana ‘Contratti Internazionali Costruzioni’ presso l’aeroporto di Ghat.

Le fonti consultate da Middle East Eye sostengono che, sebbene nella zona sia molto attiva l’organizzazione di al Qaeda nel Maghreb islamico (Aqmi), i sequestratori avrebbero agito per proprio conto. Oltre al riscatto, i rapitori avrebbero chiesto la scarcerazione di due prigionieri, tra i quali il fratello di Belakahal, in carcere per traffico di armi.

Nei giorni scorsi il colonnello Ahmed al Mismari, portavoce delle forze armate libiche legate al maresciallo Khalifa Haftar, aveva detto che i due italiani rapiti nel sud-ovest della Libia sono stati sequestrati da una banda criminale e dietro c’è l’impronta di al Qaeda. Una squadra di investigatori italiani è stata inviata a Ghat, nella regione del Fezzan, per indagare sul rapimento.

Secondo quanto riferiscono fonti della sicurezza locale citate dal sito informativo libico al Wasat, gli investigatori italiani sarebbero rimasti sorpresi per la scarsa importanza data dalle autorità libiche al caso del sequestro dei tre stranieri che lavoravano all’aeroporto locale.

 

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