Il presidente emerito della Repubblica , Giorgio Napolitano, durante il convegno "La Visione e la Politica estera dell'Italia - Il contributo del CeSPI" presso la sala della Regina alla Camera. Roma, 25 maggio 2017. ANSA/CLAUDIO PERI

Legge elettorale: Attesa per primi voti. Napolitano: ‘Paradossale voto anticipato’

 Il presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano definisce paradossale discutere sulla necessità di andare alle elezioni anticipate.

Per Napolitano è semplicemente abnorme il gioco e il patto extra-costituzionale sulla data del voto. Tutto ciò, sono ancora sue parole, rappresenta solo l’azione di quattro grandi partiti che calcolano la loro convenienza.

Napolitano parla di incertezza politica dalla quale deriva l’instabilità di governo e il frequentissimo succedersi di nuovi esecutivi e la loro conseguente fragilità. Per l’ex presidente della Repubblica è da febbraio, dopo il positivo avvio del nuovo governo Gentiloni, che hanno cominciato ad inseguirsi voci e pressioni per elezioni anticipate ‘al più presto’, e allora il rischio di una ingiustificata e irragionevole precipitazione è stato evitato dal consolidarsi del consenso, in Europa e in Italia, attorno al governo Gentiloni e dal fermo richiamo del presidente della Repubblica all’interesse generale e a una nuova corretta prassi costituzionale.

Ma ora, ha rilevato Napolitano, siamo di nuovo alle prese con il tema dell’instabilità di governo e ciò è aggravato dal prospettare, senza neppure offrirne motivazioni appena sostenibili, ipotesi di date per elezioni anticipate e, in conseguenza, per scadenze di governo e parlamentari come la presentazione del bilancio dello Stato per il 2018.

L’ex capo dello Stato non ha avuto timore a sostenere che è semplicemente paradossale discutere se possa sprigionare più incertezza politica attorno all’Italia andare a elezioni anticipate o all’inizio del prossimo anno, ricordando che in tutti i paesi democratici europei si vota alla scadenza naturale delle legislature: fare diversamente significa dare il massimo contributo negativo al consolidamento della credibilità politico-istituzionale del Paese. Napolitano ha inoltre definito un funambolico passaggio il dibattito dal sistema elettorale francese a quello tedesco.

In ogni caso, ha concluso, di fronte a una situazione del genere, la governabilità si profila molto problematica e comunque si dovrà pronunciare il presidente della Repubblica: ‘In ogni caso siamo di fronte a quattro grandi partiti che calcolano la loro convenienza’.

 Nelle ore in cui la Camera, in un’Aula quasi deserta, avvia la discussione del nuovo sistema di voto tedesco, arriva dall’ex capo dello Stato una netta e autorevole stroncatura dell’accordo siglato da Pd, M5s, Fi e Lega facendo sperare i piccoli partiti che, complici anche le incognite del voto segreto, puntano a far saltare la legge e bloccare il ritorno alle urne.

Poco meno di una ventina di deputati, su 630, prende parte alla discussione generale della legge elettorale nell’emiciclo di Montecitorio. Ma a tradire i nervosismi della vigilia delle prime votazioni, previste oggi all’ora di pranzo, c’è un ruvido botta e risposta tra Beppe Grillo e il Pd.

Il leader M5s infatti, parlando con gli operai Ilva a Taranto, dice che la legge elettorale non la capisce nessuno. Poi si corregge e spiega che il tema è complicato ma il lavoro sul testo è certosino e il testo che emerge è costituzionale. Ma il Pd teme che dietro i 15 emendamenti presentati da M5s si celi la voglia di mettere in discussione qualche punto dell’accordo.

E Lorenzo Guerini avverte: ‘Per noi l’accordo è valido se nessuno si sfila’. Se uno dei quattro partiti vota contro, anche su un punto marginale, sottolinea Ettore Rosato, l’accordo salta. Ma nell’accordo non c’è, assicura Matteo Richetti, il ritorno alle urne: ‘Nessun automatismo’.

Ma è la mancanza di una legge elettorale uniforme l’unico vero ostacolo al ritorno al voto. Perciò i piccoli partiti denunciano che il giorno dopo l’approvazione del ‘tedesco’ i quattro ‘grandi’ saranno pronti a dichiarare finita la legislatura. Pier Luigi Bersani, che con Giuliano Pisapia lavora al non facile percorso per il nuovo soggetto della sinistra, la racconta così: ‘L’accordo è votare subito. Chi non sta governando pensa di lucrare un po’ di voti, chi sta governando non vuole fare la legge di stabilità: fa impressione l’assenza di responsabilità’. La corsa alle urne nasce dai capricci di uno che vuole tornare a fare il presidente del Consiglio, attacca Enrico Letta con implicito riferimento a Renzi.

Angelino Alfano prova intanto a incalzare: il testo è ‘incostituzionale’, anche perché usa i collegi del Mattarellum, disegnati 25 anni fa, nel 1993. Nessuna incostituzionalità, assicura il Pd: ‘Se ci fosse stato lo sbarramento al 3% Ap sarebbe stato a favore’, dice Rosato.

Ma proprio sui collegi i quattro grandi partiti stanno ancora lavorando: in Aula il relatore Emanuele Fiano potrebbe presentare un emendamento che modifica quelli del Senato e li riduce dai 112 attuali, ai 100 dell’Italicum. Un altro emendamento, già ribattezzato ‘salva Mdp’, permetterà ai neonati gruppi della sinistra di presentare liste senza raccogliere le firme, come tutti gli altri gruppi. Ma sui cardini dell’intesa, avvertono i Dem, non possono esserci modifiche.

Perciò, di fronte alle richieste di M5s di introdurre il voto disgiunto e le preferenze e di fronte alle perplessità di alcuni di Fi sulla parità di genere, i Dem avvertono che se cambia qualcosa salta tutto. Occhi puntati, dunque, sui voti a scrutinio segreto, possibili sui temi più delicati: ne va del destino dell’intera legge.

Cocis

 

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