Le statue parlanti di Roma: protagoniste di satira e irriverenza

ROMA – C’è un gruppo di statue a roma che hanno il vizio di “parlare” e lanciare invettive contro il potere. Temporale o spirituale non fa differenze. Sono le statue di Pasquino in piazza di Pasquino, l’Abate Luigi a piazza Vidoni, il Facchino in via Lata, Madama Lucrezia a piazza di S. Marco, Marforio nel cortile del Museo Capitolino e il Babuino a Via del Babuino. L’associazione culturale Calipso sabato 4 luglio ha organizzato una visita guidata con teatro itinerante e
insieme a Isabella Leone abbiamo visitato tutte le statue. Leone ci ha spiegato che i busti parlanti hanno in comune una caratteristica: a tutti manca un pezzo di qualcosa. Chi la testa, chi il naso, chi il braccio. Sta di fatto che ne hanno viste di tutti i colori. E più di una volta hanno rischiato di scomparire. Come nel caso di Pasquino, la prima a essere visitata, che prima con papa Adriano VI, poi con Sisto V e Clemente VIII ha corso il rischio di finire nel Tevere o comunque distrutta. E questo perché era una statua “scomoda”. Pasquino fu ritrovato dal cardinale Oliviero Carafa nel 1501 duranti gli scavi per la pavimentazione stradale e la ristrutturazione del Palazzo Orsini (oggi Palazzo Braschi). Probabilmente proveniva dallo stadio di Domiziano (l’attuale piazza Navona) ed è la copia romana di una statua greca che quasi certamente raffigura Menelao. Ma perché dunque si chiama Pasquino? La guida ci spiega che secoli fa lì sorgeva l’antica sede de La Sapienza e che un professore assomigliasse profondamente alla statua. Gli studenti, avendolo notato, avrebbero iniziato a chiamare il busto Pasquino e ad attaccarci delle invettive contro il professore. Da allora i romani hanno preso a incollarci messaggi contro il potere. E in quegli anni il potere era detenuto dal Papa. E mentre Isabella parlava della statua, Pasquino ha iniziato a parlare (voce prestata dall’attore Luca Bacci) e a raccontarci di alcune cose da lui “vedute”.

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Da qui ci siamo mossi e siamo andati a incontrare la statua dell’abate Luigi in piazza Vidoni. La statua, a cui manca la testa, indossa una toga dell’antica Roma. Si presume quindi che raffigurasse un cittadino dell’Urbe. Ci racconta la guida che la sua testa era molto brutta e che i cittadini di Roma ci vedessero l’abate Luigi della chiesa di Sant’Andrea della Valle. E a un certo punto è arrivato Luca Bacci travestito da abate Luigi in cerca della sua testa.

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Da piazza Vidoni ci siamo mossi per raggiungere la nostra terza Statua: quella del Facchino. Durante il tragitto siamo passati dietro il Pantheon e per via S. Stefano del Cacco (dove c’è il piede di Madama Lucrezia). Il Facchino, sito in via Lata, è in sostanza una fontanella, ma differisce dalle altre statue perché rinascimentale. Alcuni sostengono che sia di Michelangelo, altri di Jacopo dal Conte (che viveva lì dietro). Poiché la statua tiene in mano una piccola botte e indossa un cappello da frate, all’inizio si credeva fosse Martin Lutero. L’ipotesi più accreditata è che si tratti di un acquarolo (un facchino che portava l’acqua). Davanti la statua la nostra guida e Luca Bacci, travestito da marchese, hanno inscenato un siparietto in omaggio a Totò.

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La quarta statua rappresenta un personaggio realmente esistito: Lucrezia d’Alagno, favorita di Alfonso V d’Aragona, re di Napoli. Isabella Leone ci spiega che sotto la statua si faceva un ballo chiamato saltarello, che Luca Bacci, travestito da Madama Lucrezia, ci ha mostrato. Sembra anche che i romani più poveri la abbellisero per poi sposarvici.

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L’ultima nostra meta è Marforio. Non essendo possibile visitare la statua vera e propria, l’attore Luca Bacci, vestito da Marforio, ci ha intrattenuto piacevolmente inscenando un botta e risposta con Isabella. Per poi concludere dicendo “pure sotto dittatura semo na seccatura. Ce potranno toglie la dignità ma mai la libertà”.

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Quanto al Babuino, che non abbiamo potuto visitare per problemi di itinerario, raffigura un sileno giacente su una base rocciosa, chiamato dal popolo di Roma così proprio perché tanto brutto e deforme da poter essere paragonato a una scimmia. La statua è protagonista di varie babuinate e contraddice sempre Pasquino. E’ infatti una caricatura del potere.

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Alessandro Moschini

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