Le sfide del nuovo governo Conte

Esordisce con un ringraziamento a Sergio Mattarella e, dopo il conferimento dell’incarico, Giuseppe Conte avvia la sua dichiarazione ai giornalisti, al Quirinale, annunciando: “Oggi stesso avvierò le consultazioni con tutti i gruppi parlamentari. All’esito, mi dedicherò a elaborare il programma con le forze politiche che hanno espresso il loro sostegno a questo nuovo progetto politico”. Ed anche a loro il presidente incaricato rivolge “fin d’ora” il suo ringraziamento.

Realizzerò un governo nel segno della novità, me lo chiedono le forze politiche che hanno annunciato la loro disponibilità” aggiunge Conte, che parla di “una nuova e ampia stagione riformatrice” che si propone di affrontare con un esecutivo che “rilanci la speranza e offra al Paese certezze. “Siamo a poche settimane dall’inizio della sessione di bilancio. Mi metterò subito all’opera per una manovra che contrasti l’aumento dell’Iva, tuteli i risparmiatori, dia una solida prospettiva di crescita e sviluppo sociale.

Preciso subito che il mio non sarà un governo ‘contro’ ma ‘per’: per il bene dei cittadini, per modernizzare il Paese e rendere la nazione più competitiva, giusta, solidale, inclusiva. La prospettiva di avviare una nuova esperienza di governo, con una maggioranza diversa dalla precedente, mi ha sollevato più di qualche dubbio.

Non lo nasconde, parlando ai giornalisti al Quirinale, Giuseppe Conte. Ma il presidente del Consiglio incaricato aggiunge subito che “ho superato le perplessità”, forte anche della “consapevolezza di aver cercato di operare sempre nell’interesse di tutti i cittadini, nessuno escluso”.

“Molto spesso, negli interventi pubblici sin qui pronunciati, ho evocato la formula di un ‘nuovo umanesimo’. Non ho mai pensato che fosse lo slogan di un governo. Ho sempre pensato che fosse l’orizzonte ideale per un intero Paese è il passaggio finale della dichiarazione di Conte.

“Il rischio di perdere il Nord”, scrive Antonio Pilati su “Il Sole24Ore” parlando delle incognite politiche d’un governo Pd-5 Stelle, orientato da valori, strategie e convenienze che appaiono diversi da quelli che ispirano gran parte dei ceti produttivi concentrati tra Lombardia, Nord Est, Piemonte ed Emilia. “Il rischio di alienarsi il Nord”, ragiona su “La Stampa” Giovanni Orsina, politologo attento ai movimenti di fondo della società italiana. “La distanza da colmare tra borghesia e politica”, nota Federico Fubini sul “Corriere della Sera”, citando i dati delle indagini Ipsos sulla crescita delle astensioni e del disincanto politico tra i ceti sociali con maggior livello di istruzione e più netto impegno imprenditoriale e professionale.

Sono temi cardine d’un ragionamento che, messi da canto calcoli di potere, schermaglie e tatticismi tipici d’ogni manovra legata alla formazione d’un governo, deve saper guardare agli orientamenti di fondo di chi, in un Paese a bassissimo livello di crescita e scadente produttività, ha un ruolo essenziale nella costruzione della ricchezza nazionale e della competitività internazionale. Le critiche contro il governo giallo-rosso da parte di Carlo Calenda, personalità della politica economica caro ai ceti imprenditoriali (che ne hanno molto apprezzato i provvedimenti a favore dell’innovazione e dell’Industria 4.0) alimentano, naturalmente, le preoccupazioni.

Le organizzazioni imprenditoriali non avevano affatto nascosto, nel recente passato, una chiara critica verso l’ex governo giallo-verde, manifestamente ostile a scienza, innovazione, infrastrutture, imprese, investimenti e ispirato da statalismi, protezionismi e assistenzialismi lontani da una buona cultura del mercato e dell’Europa. E ne avevano apprezzato i pochissimi provvedimenti positivi (come il rilancio dell’Ice, in mani competenti). Adesso stanno a osservare, con un misto di curiosità e preoccupazione.

 Sono perfettamente consapevoli di alcuni aspetti degli accordi di fondo per il nuovo governo: la scelta europea e la rinuncia all’oltranzismo sovranista; l’attenzione all’equilibrio dei conti pubblici, per poter avere risorse necessarie per una nuova politica di investimenti produttivi; le dichiarate inclinazioni ambientaliste, in nome della sostenibilità ambientale e sociale. E, ben ispirate dall’idea che si giudicano politiche e fatti, scelte concrete e progetti realizzabili, aspettano di conoscere la composizione del governo (a cominciare dai nomi dei ministri dell’Economia, dello Sviluppo economico, del Lavoro e degli Interni) e i particolari del programma.

Alcuni fatti, comunque, sono certi fin d’ora, guardando l’Italia con gli occhi dei ceti produttivi. Dal governo ci si aspettano misure che rimettano in moto l’economia, favoriscano gli investimenti interni e internazionali, facciano crescere innovazione, conoscenze, competenze e sostengano la creazione di lavoro qualificato.

‘Il bene per il Paese è evitare l’aumento dell’Iva e i pieni poteri a un uomo instabile come l’ormai ex ministro dell’Interno. L’accordo è un mezzo per raggiungere questi obiettivi’,  va al punto e taglia corto Maria Elena Boschi, già ministro per le Riforme, in un’intervista a Il Messaggero. Per poi ascrivere il merito del successo alla proposta di Renzi e della sua componente per un governo Pd-M5s, dimostrando così di anteporre l’interesse del Paese mettendo da parte ogni questione personale e senza chiedere nessuna poltrona.

Maria Elena Boschi non farà alcun passo indietro e non ritirerà nessuna delle querele sporte nei confronti dei grillini, ‘merito  dell’arroganza di Salvini’. Non rinuncio a nessuna causa, sui risarcimenti non torno indietro,  aggiunge l’ex ministro del governo Renzi, che nel corso della direzione del Pd che ha tributato una standing ovation alla relazione del segretario Nicola Zingaretti, non s’è alzata come il resto della sala, fa notare il quotidiano della Capitale. Ma lei, all’obiezione risponde pronta: ‘Non farei l’esegesi anche delle ovazioni’. E poi, ‘non tutti si sono alzati’ in piedi.

Oggi stesso avvierà le consultazioni con tutti i gruppi parlamentari: si terranno a Montecitorio. Il presidente del Consiglio incaricato, dopo aver lasciato il Quirinale, si è subito recato a palazzo Giustiniani per un colloquio di un’ora e mezza con la presidente del Senato Elisabetta Alberti Casellati. Adesso Conte si reca alla Camera, dove sarà ricevuto dal presidente Roberto Fico.

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