Le principali voci della ‘Spesa Pubblica’ italiana

Nel 2015 la Spesa Pubblica totale nel nostro Paese è stata di circa 830 miliardi. Ovvero, più o meno la metà del Pil. Nonostante tagli lineari, spending review e riforme, resta a livelli record sia nel confronto col passato sia rapportata agli altri paesi europei. Molti interventi già attuati o annunciati avranno senz’altro un impatto dalla centralizzazione degli acquisti alle norme sugli appalti, dalla riforma della P.a. alle norme anti evasione. Ma, ad oggi, molte delle distorsioni e delle inefficienze croniche della spesa restano irrisolte. Ecco quali: Pubblico Impiego  (165 miliardi). Acquisto di beni e servizi  (130 miliardi). Interessi sul debito   (70 miliardi). Pensioni e assistenza   (335 miliardi). Investimenti, trasferimenti ed altro  (64 miliardi). Lo Stato spende circa 165 miliardi per gli stipendi dei dipendenti pubblici. Il numero dei lavoratori è più o meno in linea con quello degli altri grandi paesi europei ma il problema è costituito dai servizi offerti e dalla valorizzazione dei dipendenti stessi. Il numero di dipendenti pubblici varia molto da regione a regione. In Lombardia rappresentano il 4,11% della popolazione e la media del resto d’Italia è del 5,64%. La differenza è pari al 27%. Non significa naturalmente che un quarto dei dipendenti pubblici vada licenziato, ma il dato testimonia grandi incongruenze e disfunzionalità nella distribuzione, nelle mansioni e negli organici. Nel pubblico impiego i giorni di assenza medi di un lavoratore sono 19 all’anno e nel privato sono 13. Questa differenza, come calcolato dall’ufficio studi di Confindustria in base al costo del lavoro, da sola comporta un costo di 3,7 miliardi all’anno. Più del 2% della spesa. Ipotizzare un 15%-20% di spesa inefficiente in questo comparto non è esagerato. 40 miliardi rappresentano beni e servizi già oggi presidiati da Consip. 40 miliardi sono spese della sanità presso operatori di mercato (farmaci, convenzioni con privati ed altro. Nella spesa sanitaria le inefficienze sono stimabili intorno al 20%. Il ministro Lorenzin sostiene che i soli esami inutili costano 13 miliardi. L’ex commissario alla spending review Carlo Cottarelli quantifica tra il 5% e il 20% l’extra-costo negli acquisti pubblici dovuto ai ritardi nei pagamenti della pubblica amministrazione. Nel complesso, una stima di sprechi e inefficienze tra il 15% e il 20% non è esagerata.  Decine di miliardi ogni anno vengono inghiottiti dagli interessi che paghiamo sul nostro debito. Il prezzo degli sprechi del passato Sono gli interessi che l’Italia deve pagare per farsi finanziare l’enorme debito pubblico vendendo sul mercato Bot, Btp ed altro. E’ una spesa poco comprimibile e soggetta a oscillazioni fuori dal controllo del governo. Sprechi diretti sono a prima vista impossibili da definire su questa voce, anche se esiste un ampio dibattito sulla convenienza dei derivati stipulati dal Tesoro negli anni bui della crisi. Se lo Stato fosse capace di riscuotere le tasse avrebbe minori necessità di finanziarsi sui mercati. E’ uno spreco legato in qualche modo al costo dell’evasione. Tutti i Paesi emettono debito e ne pagano gli interessi. Per le ragioni espresse sopra possiamo stimare che il 50% di questa voce sia assimilabile a spesa inefficiente.   Sul capitolo ‘pensioni’ propriamente detto parlare di sprechi è delicato, poiché si tratta di assegni derivanti da ‘diritti acquisiti’ e spesso di importo modesto. I diritti acquisiti, tuttavia, possono essere considerati sprechi passati ed esistono prestazioni palesemente sproporzionate rispetto ai contributi versati come vitalizi, pensioni di platino ed altro. Quasi 80 mila persone, ad esempio, sono andate in pensione tra i 35 e i 39 anni. Che esistano grandi squilibri anche nella spesa previdenziale è innegabile, anche immaginando che la cifra totale destinata alle prestazioni resti inalterata. Diverso e ancora più grave è il caso della spesa assistenziale.
L’Inps rivela, ad esempio, che sui 20 miliardi di prestazioni per gli anziani ‘poveri’ ben 5 miliardi vanno alla fascia più agiata della popolazione, ovvero il 25%. Le pensioni di invalidità sono letteralmente esplose negli ultimi anni fino a toccare un costo di 15 miliardi annui. Le stime sul numero di falsi invalidi sono oggetto di discussione. Nel corso degli ultimi anni, su 850 mila verifiche gli assegni revocati sono state 67 mila (circa l’8%). Nel capitolo ‘assistenza’ rientrano anche gli ammortizzatori sociali, la cui reale efficacia è oggetto di dibattito.  In totale, in questo comparto, la stima della spesa inefficiente è da considerarsi prudenzialmente più bassa che negli altri con una percentuale inferiore al 10%. Dalla corruzione ai finanziamenti a fondo perduto in una miniera di spese inefficienti 64 miliardi di spesa annua (2015) che comprendono investimenti, ad esempio per le opere pubbliche, contributi, trasferimenti e varie. Per le opere pubbliche la Corte dei Conti stima un extra-costo del 40% dovuto alla corruzione. I fondi europei sono anch’essi spesa pubblica, perché l’Italia riceve da Bruxelles meno di quanto versa e, per di più, deve poi cofinanziare i progetti. Roberto Perotti, ex consulente del governo sulla spending review. ha sostenuto che almeno il 60% di questi fondi si potrebbe risparmiare perché inutile o dannoso. Anche i trasferimenti alle imprese sono oggetto di un ampio dibattito. Francesco Giavazzi, che su incarico del governo stilò un rapporto su questo tema, propose di cancellare 10 miliardi di sussidi in quanto improduttivi e di trasformarli in incentivi fiscali. Su questo capitolo la stima di sprechi e spesa improduttiva può essere valutata intorno al 40%.

Cocis
 

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