Le primarie sembrano essere diventate la panacea per tutti i mali del Bel Paese

Mentre il nostro Premier se ne va a spasso nelle capitali di mezzo mondo e frequenta i salotti finanziari più esclusivi, per “vendere” l’immagine nuova, che lui e i suoi ministri, avrebbero dato al Paese, (trattasi solo di immagine, perchè mai come in questo momento l’Italia si trova ad un passo dal collasso economico e finanziario), i nostri partiti soprattutto quelli che sostengono la maggioranza, impotenti nel contrastare l’azione del Governo, si preparano a darsi un nuovo volto da presentare ai propri elettori in vista delle elezioni di primavera. Il nuovo sarebbe rappresentato dalle primarie che ormai sembra essere il passaggio chiave per la ricerca del leader che dovrebbe assumere, in caso di vittoria, la guida del Paese e decidere chi e a quali condizioni debbano essere  gli alleati con i quali governare. Proprio su questi punto nel Pd, ad esempio, ci sono le più grosse divergenze tra Bersani, che ha aperto a Vendola e molto probabilmente farà altrettanto con Di Pietro, e Renzi che sembra avere una visione che va al di là dell’area di sinistra strictu sensu aprendo anche all’area moderata di destra e di centro. Queste due poste in gioco sono già sufficienti di per sè ad alimentare la madre di tutte le battaglie con il rischio concreto di uscirne entrambi con le ossa rotte e con la conseguenza di allargare le spaccature in atto all’interno del partito. C’è da dire, però, che Renzi, con la sua candidatura, ha dimostrato di saper interpretare quella che è oggi la richiesta di gran parte dei cittadini elettori, di capire sin dall’inizio chi sarà il candidato Premier, con buona pace di coloro che troppo in fretta avevano suonato la campana a morte per il cosiddetto leaderismo in politica, in totale contrapposizione al finto principio di collegialità, che riduce il tutto ad una nomina decisa da pochi dirigenti ed imposta al partito e quindi agli elettori. La caduta di Berlusconi ha alimentato nelle dirigenze nazionali dei partiti, l’illusione che fosse finita l’era dei personalismi,ma non è così; oggi più che mai la gente vuol conoscere prima, chi si assume dinanzi ad essa la responsabilità di guidare il Paese per poi, in caso di fallimento,chiedergliene il conto. Anche all’interno del PDL si parla più timidamente di primarie, ma qui il discorso è diverso, perchè incombe immanente la presenza del leader massimo (Berlusconi), che se si candidasse non ci sarebbe speranza alcuna per eventuali canditati. L’UDC di Casini sembra essersi data la veste di partito virtuoso e solerte risolvendo in poche battute il problema delle primarie, con l’abolizione del nome di Casini dal simbolo e “votando” “all’unanimità” Monti  quale candidato Premier. Gli resta solo di collocare Fini con i suoi seguaci e quello che rimane di Rutelli. Ma alla luce di questi scenari alquanto strani, gli elettori più avveduti potrebbero chiedersi:”Vuoi   vedere che questi sotto sotto hanno intenzione di non procedere alla riforma elettorale, che tanto sta al cuore al Quirinale? Presidente vigili!  

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