L’Arte ventriloqua del pittore Tony Giuffrè

Tony Giuffrè nasce  a Reggio Calabria nel 1970 dove compie gli studi artistici presso l’Istituto d’arte e l’Accademia di Belle Arti, e si interessa di restauro architettonico. Curioso e colto sperimentatore si dedica alla pittura e la scultura affinando un’innovativa tecnica stilistica originale e raffinata, divenendo inconsciamente capo scuola di un fare artistico che fonda la sua ricerca nelle antiche tecniche esecutive e materiche che si coniugano con nuovi dettami contemporanei. Ha all’attivo numerose esposizioni e collettive di pittura, i più recenti riconoscimenti riguardano il I Premio Nazionale d’Arte – Città Metropolitana di Reggio Calabria nel 2018 ed il Concorso Internazionale IV edizione I Dauni a Vieste nel 2019 dove è primo classificato assoluto per la sezione pittura. Le sue opere si trovano in collezioni permanenti pubbliche e private italiane. Ad oggi è docente a contratto di Storia dell’Arte e Tecniche artistiche. Opera da oltre un ventennio, intimamente e intensamente, nel suo studio a Reggio Calabria, ingombro di opere, bozzetti, colori e materie primeIn questi giorni la Galleria d’arte M.A.D. (Mantova Arte Design di Mantova)  di Lucia Ghirardini, ospita la sua  personale dal titolo “Di- Visi”, in essere  dal 22 gennaio al 4 febbraio 2022.

E’ utile per cogliere nell’intimo gli afflati creativi di Tony Giuffrè compiere un viaggio attraverso  Antonella Aricò curatrice personale  dell’artista, cogliendo, attraverso la sua  scelta professionale,   i cambiamenti, le problematiche e i punti di forza dell’artista. E’ un  meccanismo di connessione inclusiva quello espresso dalla Aricò che diventa, nella fattispecie,  un contenitore che si esprime. Poniamoci nella posizione di uno spettatore  che osserva un quadro di Tony Giuffrè e  lo valuta, cogliendo ‘una parte’ dei contenuti che il quadro esprime. L’artista in questa dinamica ne è fuori, ne è distante, ne è coinvolto solo per essenza creativa fissata su un supporto. Il quadro non gli appartiene più, appartiene allo spettatore, al fruitore. La curatrice, a sua volta ne è fruitrice,  ne scriverà e ne parlerà,  e nei suoni della sua  parola sarà costruita la concretezza dell’opera e saranno diffusi i suoi semi del divenire. La curatrice diviene  una facilitatrice che ci racconta immagini, scelte, visioni e  azioni dell’artista. La curatrice ha le sembianze dei contenuti, che sono fluidi, modellabili e in divenire. In pratica, per Tony Giuffrè,  è niente altro che l’inizio di un confronto con l’esterno. Assistiamo  a  un gioco di ruoli…

Antonella, lei è la curatrice di Tony Giuffrè, che segue da tempo. In qualità di curatrice dell’artista Giuffrè è la persona più indicata per introdurmi nei suoi procedimenti creativi e nelle logiche emotive che danno il via alle sue opere pittoriche.

La sua arte mi ha affascinata e coinvolta, ho così iniziato ad indagare le sue opere, con un approccio prima emotivo e poi “critico”. Da studiosa d’arte faccio sempre fede agli insegnamenti del più grande storico di tutti i tempi, Roberto Longhi, che diceva: «illustrare un quadro non deve essere spiegazione di quello che si vede, ma rivelazione di quello che non si vede. E, attraverso ciò che non si è ancora visto, molto spesso ancora inedito. Un dipinto antico è un frammento del tempo sopravvissuto. Possiamo soltanto fraintenderlo, deformarlo attraverso l’ingombro del nostro gusto. Lo storico dell’arte ha di fronte un teatro di fantasmi. Il suo materiale non è nel passato ma nel presente. Se le immagini stanno davanti a noi, l’unico strumento autorizzato ed efficace per indagarle è l’occhio. Così la storia dell’arte non riguarda quello che esiste, ma quello che non esiste ancora. Il suo racconto della storia non è interpretazione o documento ma è una continua emozione del vedere. La critica è una gara con l’arte e con la storia. Così, davanti all’immagine, il critico si fa ventriloquo. Il dipinto comincia a parlare e ne esce l’essenza, la verità nascosta, il pensiero segreto.»

Quindi lei è il ventriloquo di Tony Giuffrè?

Questo è tutto quello che tengo fissato nella mia mente ogni qualvolta mi approccio allo studio di un dipinto,  che sia moderno o contemporaneo.  Nel caso specifico di Tony Giuffrè l’attenzione cresce perché la sua è una pittura spirituale, in continua evoluzione, che narra la grande OperaUn percorso cifrato impossibile da sciogliere senza la conoscenza, che destabilizza il fruitore, lo affascina stimolando emozioni contrastanti che spaziano dal più profondo timore per giungere, i più fortunati e acuti, alla rivelazione. I suoi supporti prevedono un’imprimitura di terre e minerali, sperimentazione di sostanze, frutto di un’appassionata e profonda conoscenza della materia. Eccessi di colori secchi e vischiosi, che divengono macchie, disegni illustrati che si rivelano per sottrazione di pigmenti soltanto nella fase finale di esecuzione, opere in continuo divenire sospese nella sfarzosa coesistenza d’immagine e materia, fondendosi in un’unica sola grande scenografia pittoricaTony propone composizioni complesse quasi barocche, di racconti atavici; personaggi posti su piani differenti legati ad ambienti che indicano la simultaneità di un evento ultraterreno.  Realizza figure grottesche e irriverenti nei confronti della pittura o dell’opera stessa, diventando così elogio alla potenza creatrice dell’immaginazione legata alla vicenda di un’anima, all’essenza primordiale e spirituale dell’essere umano. I suoi soggetti nascono imperfetti, inquadrature, fortemente concentrate sul soggetto principale che vengono deformate in modo ossessivo come a voler far tornare alla luce la primitiva essenza del protagonista, che sia oggetto, animale o essere umano, lo deforma portandolo ad essere simbolo di qualcosa di ancestrale, di antiche tradizioni. Rigorosa anche la sua tavolozza, predilige cromie ispirate dalle antiche concezioni alchemiche:

Nigredo o opera al nero, in cui la materia si dissolve, putrefacendosi; stasi

Albedo o opera al bianco, durante la quale la sostanza si purifica, sublimandosi; neve

Rubedo o opera al rosso, che rappresenta lo stadio in cui si ricompone, fissandosi. Rosso forza vitale

Lei mi dice che la pittura di Tony Giuffrè  esprime un mondo spirituale attraverso modalità innovative, con un suo proprio ritmo pittorico, che non ha come fine l’imitazione, ma vuole esprimere un mondo interiore spirituale, attraverso modalità pittoriche  innovative , con una geometria degli spazi e dei volumi che si astrae dalla materia, dando valore alle tonalità cromatiche, attraverso il  dinamismo dei colori, disposti, o meno,  secondo accostamenti armonici e complementari. E’ corretta la mia interpretazione?

Si esatto, a quello che lei ha ben interpretato relativamente alla tecnica esecutiva possiamo ancora aggiungere che le sue raffigurazioni richiamano nello specifico lo spirito presente in ogni cosa. La lettura semantica dell’opera ci rivela motti e imprese di carattere morale, filosofico e profetico in un dialogo serrato tra consistenza dei materiali ed elaborazione formale di riti e profili dettati dal subconscio. La simbologia è protagonista assoluta della raffigurazione e si lega, spesso, indissolubilmente ad iscrizioni cifrate che occupano uno spazio di rilievo su tutta la superficie dipinta.Ascoltiamo ora Tony Giuffrè: diamo per scontato che le è noto  il principio ermetico che nell’uno vi è il tutto,  fondamentale unità nell’universo, e che il singolo è parte attiva dello stesso universo. Perché la sua mostra a Mantova la ha titolata ‘Di-Visi’?

Il termine di-visi non vuole essere solo un gioco di parole ma proprio attraverso questo “gioco” riporto un Insegnamento che ho avuto la fortuna di ricevere. Fortuna mia fu quella di avere conosciuto e frequentato un Maestro.
Un giorno egli assistetette  ad un contraddittorio che mi vedeva protagonista con altre,con una di loro in particolare la discussione fu davvero forte; non se ne usciva,restammo fermi sulle nostre posizioni. In disparte il Maestro mi disse: “vedi,tu avevi ragione” non feci a tempo a gioire che aggiunse “ma anche lei aveva ragione”. Colto il mio smarrimento mi spiegó ” vedi Tony se noi riuscissimo ad innalzarci al di sopra della corrente comune, vedremmo con Chiarezza” Cosa? Domandai!  Lui: “Vedremmo la veritá, quella di cui ognuno ne serba un piccolo pezzo. Vedremmo dunque tutta la verità ma fatta a pezzi: a noi il compito di ricomporla. Maestro! gli chiesi, ma dunque se noi possediamo la verità, noi siamo la verità? E come i frammenti in cui l’abbiamo ridotta così noi, giá di-visi nel corpo dovremo volgere tutto il nostro amore alla ricerca dell’uno. Dunque DI-VISI è questo, il racconto di un  cammino verso l’uno, ogni volto, viso, è in sé quello che l’altro non è.
‘La sua pittura possiamo definirla materica-amaterica visto che lei interviene sulla sue opere per ‘sottrazione’,  partendo da  una materia grezza e uniforme, nel cui ventre, intestino, stomaco,  sono rinchiusi gli elementi pittorici definitivi da mostrare al pubblico. Alchemicamente è partendo  dalla terra, attraverso un passaggio attraverso lo stomaco, che si arriva al cielo. Gli elementi pittorici ricchi  di colori ed elementi simbolici, frutto di passaggi  interiori,  vengono fissati su un supporto  in una  metafora esoterica del bisogno  di ricostruire l’unità della persona divisa. Persona che  acquista auto conoscenza e diventa consapevole della natura androgina della propria psiche, maschile e femminile nello stesso tempo. Condivide questa mia chiave di lettura?
Mi pone una domanda apparentemente complessa, essa porta ‘Chiara-Mente’ il risultato di un’attenta analisi  dei soggetti, o forse dovrei dire degli “elementi”. He compongono la mia arte. Roberto Cristiano attraverso questa di-Visione narrata con le mie opere e con la serie di-visi in particolare, continuo un cammino iniziato molto tempo fa.
Oggi più che mai mi nutro dei miei veleni mortali per renderli dolci e trasformarli in miele. Lei parla di femminile e di maschile, quello siamo! Ma separati da un sottile velo di fittissima ragnatela…
Roberto Cristiano

 

 

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