La Scoperta: ‘Ecco quante porzioni di carne al mese mangiare, così puoi salvarti la vita’

I Paesi ricchi dovranno tagliare del 40% i consumi di carne di manzo e agnello entro il 2050 se vorranno ridurre le emissioni di gas serra e nutrire 10 miliardi di persone a livello mondiale. Lo sostiene uno studio del World Resources Institute presentato in occasione del vertice sul clima dell’Onu in corso in Polonia.

Più cibo per ettaro

Il rapporto mette in luce quello che a prima vista puo’ sembrare un paradosso: tra circa 30 anni, il mondo avrà bisogno di una quantità di cibo superiore del 50% a quella attuale se vuole sfamarsi. Ma dovrà farlo riducendo il consumo di suolo a opera dell’agricoltura e degli allevamenti.

C’è innanzitutto una ragione di sopravvivenza ambientale: per fermare il riscaldamento globale, le emissioni di gas serra prodotte dall’agricoltura dovranno diminuire di due terzi. Il cibo in più dovrà essere prodotto senza creare nuovi terreni agricoli, dice il rapporto, altrimenti si dovranno abbattere i polmoni verdi restanti. Sotto accusa c’è soprattutto il settore della carne e dei latticini, che consuma l’83% dei terreni agricoli e produce il 60% delle emissioni complessive dell’agricoltura mondiale.

Il peso della carne

Per evitare catastrofi ambientali e umanitarie, suggerisce il rapporto, il primo passo è aumentare la quantità di cibo prodotto per ettaro. Il secondo step è il taglio del consumo di carne e la riduzione di un terzo dello spreco alimentare.  “Dobbiamo cambiare il modo in cui produciamo e consumiamo cibo, non solo per motivi ambientali, ma perché questo è un problema esistenziale per gli esseri umani”, dice Janet Ranganathan del World Resources Institute.

“Se nel 2050 dovessimo cercare di produrre tutto il cibo necessario utilizzando i sistemi di produzione odierni, il mondo dovrebbe convertire la maggior parte della foresta rimanente, e l’agricoltura da sola produrrebbe quasi il doppio delle emissioni consentita da tutte le attività umane”, spiega Tim Searchinger, della Princeton University.

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Meno carne ai ricchi, un po’ più ai poveri

Ecco perché il rapporto raccomanda che 2 miliardi di persone in tutti i Paesi, tra cui Stati Uniti, Russia e Brasile, riducano il consumo di carne e agnello del 40%, limitandolo a 1,5 porzioni alla settimana in media. Una riduzione che deve riguardare i Paesi più ricchi, perché, sostiene Searchinger, “i poveri del mondo hanno il diritto di consumarne almeno un po’ di più”. La riduzione del 40% è un taglio più piccolo rispetto ad altri studi condotti sullo stesso argomento. “Pensiamo che sia un obiettivo realistico”, dice sempre Searchinge: “Negli Stati Uniti e in Europa, il consumo di carne bovina è già diminuito di un terzo dagli anni ’60 ad oggi”.

Certo, un taglio alla produzione del genere avrebbe anche dei risvolti su economia e posti di lavoro. Ecco perché Tobias Baedeker della Banca Mondiale suggerisce di reindirizzare i sussidi attuali all’agricoltura verso i produttori più colpiti per favorire la transizione verso altri modelli di business. E non per favorire l’abbassamento del prezzo della carne, come avviene negli Usa. Anzi, nello studio si cita espressamente la necessità di arrivare a una tassa sulla carne come quella varata in diversi Paesi occidentali sullo zucchero.

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