La manovra potrebbe interrompere la luna di miele tra governo e Paese

Prima il ridimensionamento del rapporto deficit-pil dopo il 2019, poi la spalmatura su 5 anni invece che su tre degli interventi principali: il governo tira dritto sulla legge di Bilancio a dispetto delle critiche piovute da ogni dove, ma prova a ‘dosare’ le misure care alle due forze di maggioranza. Così reddito di cittadinanza e quota 100 non scatteranno a gennaio 2019 ma in primavera.

La nostra intenzione è cercare di partire con il reddito di cittadinanza e la quota 100 dopo il primo trimestre del prossimo anno,  ha annunciato il capogruppo del Movimento 5 stelle al Senato Stefano Patuanelli. Parlando con i giornalisti il senatore pentastellato ha spiegato: ‘Io ritengo che in primavera possano partire sia la riforma della Fornero che il reddito di cittadinanza. Pensiamo che ci vorranno tre mesi per la questione dei centro per l’impiego, forse un mese in più’.

Intanto, dopo il via libera di Camera e Senato  alla risoluzione della maggioranza alla Nota di aggiornamento al Def, il vicepremier Luigi Di Maioha assicurato che la settimana prossima,  lunedì, il Cdm approverà la legge bilancio che verrà poi inviata a Bruxelles e approvata dal Parlamento. E sul reddito di cittadinanza ha aggiunto: ‘E’ stato fatto terrorismo mediatico, purtroppo i media la stanno raccontando così male che neanche all’estero capiscono di cosa si tratta’. La misura voluta dal M5S, ha spiegato ci avvicina all’Europa, è una misura espansiva che salva la vita e la dignità delle persone, che le aiuta a trovare lavoro e fa circolare denaro che finirà anche nelle tasche dei commercianti e degli artigiani. Funziona in tutta Europa e funzionerà anche in Italia.
In realtà la manovra economica rischia di trasformarsi rapidamente nel primo, serio inciampo per il governo guidato da Giuseppe Conte. Per la prima volta dalla sua formazione, il ‘governo del cambiamento’ riceve dai sondaggi un campanello d’allarme, e per la prima volta dal voto del 4 marzo i due partiti che lo sostengono (Lega e Movimento 5 Stelle) conoscono una battuta d’arresto.

Andiamo con ordine. Il colpo d’occhio di Supermedia, settimanale dei sondaggi,  ci dice che tutto resta sostanzialmente immobile rispetto alle scorse settimane, con la Lega saldamente in testa (31,4%) e il M5s alle sue spalle (28,6%), per un totale che ammonta esattamente ad un elevatissimo – e confortevole – 60% per i due partiti di governo. Per contro, le opposizioni sembrano in sofferenza, con il PD e Forza Italia che perdono terreno – seppur in misura contenuta – piazzandosi rispettivamente poco sopra il 16% e un soffio sotto il 9%.

Ma  Supermedia è per una media ponderata basata su un periodo di tempo tale da consentirci di rilevare le tendenze effettive e non gli scostamenti di breve periodo, che spesso non sono altro che il frutto di oscillazioni statistiche poco significative e dobbiamo andare più a fondo, e guardare innanzitutto alla data di realizzazione delle rilevazioni dei singoli istituti. Scopriamo così che, sugli 8 sondaggi su cui è calcolata la Supermedia odierna, i 4 più recenti (EMG, Tecnè, SWG e Noto) rilevano tutti un calo di oltre 1 punto per la Lega, e di oltre mezzo punto (tranne EMG) per il M5s. Normalmente riteniamo il dato aggregato quindicinale più affidabile per fare delle valutazioni, ma in questo caso si tratta di un ‘grappolo’ di dati, coerenti e ravvicinati tra loro, di cui non possiamo non tener conto.

A ciò si aggiunga che, come mostra il nostro grafico dello storico, da circa un mese (e cioè dalla fine della pausa estiva) Lega e M5s sono rimasti sostanzialmente stabili, tra il 59 e il 60 per cento dei consensi. Un valore certamente molto elevato, ma la cui crescita si è di fatto interrotta.

Ma cosa può aver causato questa battuta d’arresto?.  La risposta è strettamente legata al tema che ormai da qualche settimana sta dominando l’agenda del governo, e cioè la manovra economica. Da questo punto di vista il dato forse più clamoroso emerge da una rilevazione dell’istituto Tecnè. Secondo questa rilevazione (datata 8 ottobre) il numero di italiani che esprime un giudizio favorevole verso la manovra economica è inferiore (40%) a quello di chi invece la boccia (42%). Se si trattasse solo di un sondaggio isolato, probabilmente non vi daremmo molto peso: ma lo stesso istituto, soltanto una settimana prima, aveva fotografato una situazione inversa, con i giudizi favorevoli (42%) ben superiori a quelli critici (36%). Anche i singoli provvedimenti da inserire nella manovra (per ora solo paventati) ricevono, per la prima volta in un’inchiesta demoscopica, giudizi in prevalenza negativi, e in modo anche piuttosto netto.

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I dati di Tecnè ci dicono anche di un altro elemento da non sottovalutare: e cioè che la grande maggioranza degli italiani è pessimista – o quantomeno tutt’altro che ottimista – sulle prospettive economiche del nostro Paese. Meno di un quarto degli intervistati (24%) pensa che nei prossimi 12 mesi la situazione economica sia destinata a migliorare; ma soprattutto solo il 4% crede che la crisi economica sia ormai alle nostre spalle, mentre per il 58% essa è tutt’ora in corso e per un ulteriore 14% addirittura il peggio deve ancora arrivare. Questo ci suggerisce che gli italiani non vedono di buon occhio i tentativi del governo di ‘forzare la mano’ nella battaglia contro l’Europa e i mercati finanziari: meglio non giocare col fuoco quando la casa non è ancora a prova di incendio. Per molti potrebbe trattarsi di un azzardo troppo grande.

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E che l’economia sia un argomento delicato per gli italiani lo conferma un articolato studio condotto da Media Communication Research per il quotidiano ‘La Stampa’. Secondo questo studio, il problema principale percepito degli italiani è il lavoro: lavoro che non c’è, o che non dà sicurezze. Una materia strettamente connessa a quella della crescita e della prosperità economica. A confronto, argomenti di cui la politica nazionale si è spesso occupata, come l’immigrazione o la criminalità, costituiscono la principale fonte di inquietudine per una ristretta minoranza di italiani (meno del 6 e 5 per cento rispettivamente). Insomma, se non vorrà perdere consensi il governo giallo-verde dovrà impegnarsi a dare risposte credibili per risollevare – o per non mettere a rischio, a seconda dei punti di vista – la situazione economica del Paese.

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