La guerra secondo Céline: il monologo disilluso di Ivan Festa

Uno spettacolo essenziale, crudo, privo di illusioni. Guerra, adattato e interpretato da Ivan Festa, è un monologo che non concede tregua, un viaggio nella coscienza ferita di un uomo uscito vivo dalla guerra, ma mai davvero sopravvissuto. In scena fino al 23 marzo 2025 al Teatro Ar.Ma. di Roma, questo allestimento ridotto e interiorizzato trasforma il testo di Louis-Ferdinand Céline in un’esperienza teatrale ipnotica e disturbante.

La scenografia è scarna: un palco nero, delimitato da una luce bianca accecante che taglia lo spazio come una ferita. Un contrasto netto che richiama la tensione tra vita e morte, tra la brutalità della guerra e il desiderio disperato di sopravvivere. La stessa dualità attraversa il testo: il corpo martoriato dal conflitto, la mente febbricitante e allucinata, e poi l’eros, unico antidoto contro l’annichilimento. Il protagonista, Ferdinand, oscilla tra il disgusto e il bisogno di aggrapparsi ai sensi, in un mondo che ormai non ha più senso.

Ivan Festa ha studiato questo testo per un anno, lo ha compreso, ridotto e assorbito fino a farlo esplodere sulla scena con una recitazione distaccata e al tempo stesso corrosiva. Il suo Ferdinand è un uomo spezzato, che racconta l’orrore con un umorismo amaro, quasi grottesco. Non c’è spazio per la retorica o per la compassione: la sua voce è quella di chi ha visto troppo e non crede più a nulla. Festa domina il palco con una presenza magnetica, giocando su un equilibrio difficile tra la sofferenza e il sarcasmo, tra la disillusione e una sorta di folle lucidità.

Céline scrive Guerra come un resoconto autobiografico, ma si può davvero dire che racconti solo di sé? L’autore, tacciato di vicinanza al nazismo, gioca con i confini della realtà e della finzione: la sua medaglia di guerra è un simbolo o un semplice dato biografico? Lo stesso vale per il suo Ferdinand: è lui o è solo una maschera? Lo spettacolo non offre risposte, anzi, moltiplica le domande, lasciando il pubblico con un senso di inquietudine e un retrogusto amaro.

Un monologo che è tutto un gioco di dualismi: luce e buio, guerra ed eros, vita e morte. Uno spettacolo necessario, che spoglia la guerra di ogni eroismo e la mostra per ciò che è: un’aberrazione senza senso. (Foto di Maria Teresa Filetici)

Maria Teresa Filetici

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