LA GAIA SCIENZA – LA RIVOLTA DEGLI OGGETTI, Corsetti, Solari, Vanzi, dal 17 ottobre al 3 novembre al Teatro India di Roma

Teatro India

17 ottobre ● 3 novembre

A quarantatré anni di distanza, i tre artisti della Gaia Scienza,

Giorgio Barberio Corsetti, Marco Solari, Alessandra Vanzi, si riuniscono per riallestire La rivolta degli oggetti.

La loro prima opera del 1976 passa il testimone a tre giovani performer, dando vita a un incontro fra epoche, corpi ed esperienze differenti.

Una coproduzione Fattore K con Teatro di Roma, Romaeuropa, Ert per riportare alla luce

uno spettacolo destinato a diventare un riferimento per la controcultura romana degli anni Settanta.

La Gaia Scienza – La rivolta degli oggetti

di Vladimir Majakovskij
con testi e regia Giorgio Barberio Corsetti, Marco SolariAlessandra Vanzi
interventi scenografici Gianni Dessì
con Dario Caccuri, Carolina Ellero, Antonino Cicero Santalena
tecnico luci Tiziano Di Russo
assistente di produzione Ottavia Nigris Cosattini

Produzione Fattore K. 2019 in coproduzione con Teatro di Roma – Teatro Nazionale,

Romaeuropa Festival e Emilia Romagna Teatro Fondazione

A quarantatré anni di distanza dalla sua apparizione sul palco del leggendario Beat 72, La rivolta degli oggetti torna a rivivere nel corpo-segno di tre giovani performer guidati dagli interpreti originali di quello storico e rivoluzionario spettacolo, i fondatori de La Gaia Scienza. Giorgio Barberio Corsetti, Marco Solari e Alessandra Vanzi si riuniscono per passare il testimone ai tre giovani attori, Carolina Ellero, Dario Caccuri, Antonio Santalena, riportando sul palcoscenico un riallestimento che è un incontro nel tempo fra epoche, corpi ed esperienze completamente differenti.

Lo spettacolo, frutto della collaborazione fra Teatro di Roma e Fondazione Romaeuropa, debutterà al Teatro India dal 17 ottobre al 3 novembre, nell’ambito del Romaeuropa Festival. Una produzione Fattore K. 2019 in coproduzione con Teatro di Roma – Teatro Nazionale, Romaeuropa Festival e Emilia Romagna Teatro Fondazione.

Nato nel clima di estrema libertà artistica della controcultura romana degli anni Settanta, l’evento – un’ora esatta di poesia, distillata tra rivoluzione sociale ed estetica, tra avanguardie storiche e arte contemporanea – si presenta al pubblico di oggi mosso dalla volontà di restituire agli spettatori proprio quello spazio utopico di creatività e circolazione del pensiero che ne aveva favorito la creazione. Specchi, sedie sospese, funi, un cappotto, un violino scordato: sono gli oggetti che si oppongono ai corpi dei performer, acrobati in esplorazione dell’universo poetico di Majakovskij – il titolo stesso è quello di un suo poema del 1913 – che si rotolano, si lanciano, si dondolano come smarriti, amplificando i versi dell’autore russo nella risonanza di una miriade di frammenti. Lo spettacolo del 1976 trovava la sua essenza in un lavoro sul corpo basato sulla gestualità, sulla parola, sullo slancio e sull’energia in una sintesi tra teatrodanza e arte visiva che fu la chiave dell’impatto emotivo sul pubblico e sulla critica, la quale non mancò di rimarcare la leggerezza con cui tutti gli elementi venivano amalgamati assieme per essere poi condivisi con lo spettatore.

Il metodo alla base del lavoro partiva infatti da una sostanziale rottura con la tradizionale divisione dei ruoli: tutto nasceva dal cortocircuito di diverse individualità artistiche che in quel momento, incontrandosi, generavano qualcos’altro, e davano vita ad un universo complesso e in costante trasformazione. Nel 2019 questo cortocircuito è rinnovato dalla presenza dei tre giovani performer, alle cui sensibilità è affidata la creazione – ogni sera differente – su base della “partitura” dello spettacolo originario, per associazioni e dissociazioni, sguardi e movimenti. I tre performer, in dialogo con lo spazio e con il proprio tempo, incarnano così attraverso i loro corpi lo straniamento e le tensioni di un presente diviso fra la mercificazione imperante e la libertà sterminata di internet e dei media. Il risultato è uno spettacolo che, come in un gioco di scatole cinesi, concentra l’esperienza artistica di tre epoche storiche lontane fra loro – l’avanguardia rivoluzionaria russa, le cantine romane, il mondo come lo vediamo oggi – per aprire di nuovo il teatro allo stupore e alle possibilità dell’incontro, tanto fisico quanto metaforico.

«Ragioniamo di nuovo insieme dopo trentacinque anni di strade e percorsi separati, su quel lavoro che per ognuno di noi ha costituito un punto di partenza importante, fondante. – raccontano insieme Giorgio Barberio Corsetti, Marco Solari e Alessandra Vanzi – Se una ricostruzione filologica è impensabile, perché equivarrebbe a rifare ciò che non veniva replicato, riprodotto di sera in sera, ma di sera in sera prodotto nuovamente, quello a cui ci accingiamo è creare le condizioni per trasmettere un’esperienza, reinventando il gioco scenico, utilizzando alcuni materiali originari (le parole di Majakovskij, l’idea di sospensione, i rimandi di frammenti di spazio tramite specchi rotti, qualche oggetto, qualche taglio di luce, qualche brano registrato), consegnando a giovani attori e danzatori gli oggetti da rivoltare, che sono appunto quei materiali – ed eventuali altri – ma anche concetti, pensieri, stimoli che erano tutto il non-detto dello spettacolo, la sua sostanza immateriale. Tutto ciò presuppone un aspetto laboratoriale, che non è solo un periodo di prove, ma uno spazio-tempo di elaborazione di un linguaggio. Un passaggio di testimone, nel quale anche noi tre saremo presenti, interagendo in sovrapposizione o in contrappunto, in dialogo quindi con le nuove sensibilità».

Il 17 ottobre, al termine della prima, la compagnia incontrerà il pubblico nell’ambito di Post It, il ciclo di incontri realizzato dal Romaeuropa Festival in collaborazione con Rai Radio 3. Moderato da Massimo Pasquini l’incontro sarà volto ad approfondire non solo il rapporto tra la scena e il testo da cui nasce lo spettacolo ma anche a costruire un ponte tra gli anni Settanta e il presente.

Eventi collaterali intorno alla RIVOLTA DEGLI OGGETTI

Il ritorno de La rivolta degli oggetti de La Gaia Scienza non può non portarsi dietro parole e immagini degli anni in cui è nata, i segni di un momento storico – gli anni ’70 – che ha disegnato l’orizzonte culturale e vitale del nostro paese.

Le tre settimane di programmazione al Teatro India saranno accompagnate da un calendario di eventi, mostre, incontri, e attraversate da molti che in quegli anni hanno iniziato a produrre pensiero radicalmente critico, in ambito culturale, politico e artistico. Immagini inedite, una collezione di documenti mai assemblati per una esposizione pubblica, materiali editoriali eccezionali, installazioni, letture e interventi di personalità decisive allora, come ancora, nell’attuale panorama artistico e intellettuale italiano: tutto per squarciare una visione sul passato, ma anche e soprattutto per prendere da quel passato strumenti che possono aiutarci a rivoltare un immaginario presente.

Il tempo – dal 17 ottobre al 3 novembre – e il luogo – gli spazi del Teatro India – ospitano una ricomposizione di materiali, mai accorpati, ma che naturalmente riecheggiano di immagini comuni, di incroci e di storie che si intrecciano da tempo; Il Male, Simone Carella, Mario Mieli: tre nodi, di corpi e di pensieri, che si legano fra loro, rendendo viva e presente un’immagine degli anni ’70 e non solo, il teatro, le cantine romane, la transdisciplinarietà, la controcultura, la politica.

Ad inaugurare il calendario delle attività, il 17 ottobre, la rievocazione della celebre mostra dell’IMMOBILISMO MOLISANO, un’avanguardia – anzi, una retroguardia – immaginaria a cui fu dedicata una mostra al Beat72, ideata da Il Male. Un’installazione che rivive oggi, e diventa il presidio per tutte le tre settimane di un intero immaginario.

Dal 22 ottobre al 3 novembre in programma l’omaggio a SIMONE CARELLA – una delle figure chiave dell’avanguardia degli anni Settanta e animatore del Beat72 – attraverso la mostra di materiali fotografici, in parte inediti, tratti dai suoi archivi. Una galleria che va dalle iniziative del Beat a Miseria 81 fino al festival dei poeti di Castelporziano, incrociando attori “irregolari” come Victor Cavallo, la redazione del Male, poeti come Allen Ginsberg, passando per Roberto Benigni. La carrellata di immagini sarà accompagnata dall’audio-video di un’intervista inedita allo stesso Carella realizzata dalla figlia Elettra.

Segue, dal 29 ottobre al 17 novembre, IL MALE PRIMA DEL MALE. IL MALE DOPO IL MALE, una mostra di materiali eccezionali, tratti dagli archivi di Angelo Pasquini e Mario Canale, per raccontare l’indimenticabile esperienza del Male, fondamentale rivista dell’epoca, e del suo gruppo redazionale. In esposizione: alcune prime pagine di ZutLa RivoluzioneCannibale, l’Avventurista; una sezione dedicata ai fotoromanzi con protagonisti dell’epoca come Renato Mabor, Victor Cavallo, Donato Sannini; alcuni episodi inediti di Maledetto Trussardi!, un primo esempio di fotoromanzo animato”; una sezione fotografica sulla vita di redazione. (La mostra incrocia quella dedicata ai materiali più classici del Male in programma dal 25 ottobre a We Gil).

Evento eccezionale il 1 novembre con una installazione su Mario Mieli – figura emblematica del movimento di liberazione omosessuale italiano degli anni Settanta, acuto pensatore, leader delle piazze e dei cortei e irriverente provocatore – raccontato attraverso materiali fotografici inediti (fortuitamente  ritrovate in un mercatino dell’usato romano) e una ricca raccolta di materiali epistolari con l’esposizione di una selezione di libri (come Elementi di critica omosessualeLa Traviata NormaIl Risveglio), alcuni volumi della sua attività teatrale (come Teatro in delirio e uno dei Quaderni del Cassero di Bologna), alcune riviste fondate dallo stesso Mieli e uscite con un unico numero (come Il vespasiano degli omosessuali e Dalle cantine froce). Tutti i materiali presentati fanno parte di un archivio privato di Franco Buffoni, curato da Francesco Del Re.

Infine, il 2 ottobre (ore 20.30) il neo Cardinale Matteo Zuppi (recentemente nominato da Papa Francesco) e lo scrittore e filosofo Franco Berardi Bifo si incontrano per parlare di presente e di apocalisse, dell’apocalisse del presente, ma anche delle sue irriducibili alternative. Un incontro unico ed esclusivo per riflettere sulla possibilità della consistenza di un pensiero critico, dagli anni ’70 ad oggi.

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