‘La fine di Roma. Trionfo del cristianesimo, morte dell’Impero’, di Corrado Augias, Einaudi editore

«Quella cristiana fu certamente una rivoluzione. Ma di che tipo? La cultura romana aveva premiato l’intraprendenza degli individui mettendo nel conto anche la crudeltà che ogni intraprendenza – allora e oggi – comporta. Le guerre erano state il principale motore dell’economia, ma l’iniziativa dei singoli aveva avuto un peso nella formazione delle gerarchie.

Questa organizzazione sociale con il cristianesimo s’indebolisce o viene meno. Molte arti e mestieri che comportano un rapporto con l’idolatria non possono più essere esercitate. I cristiani rifiutano le cariche pubbliche e gli onori civili, il senso di appartenenza a una patria terrena e i rappresentanti del potere. Il rifiuto delle armi si spinge al punto da proibire perfino la figura di una spada incisa su un anello.

Se in Occidente le invasioni germaniche attenuano questi fenomeni, in Siria e in Egitto la vita monastica dilaga. I monasteri diventano quasi gli unici detentori della ricchezza. In base a una serie di ordinanze, gli ebrei sono i soli ai quali sia consentito maneggiare denaro facendone commercio. Con uno strabiliante paradosso, gli viene però subito rimproverata l’attività finanziaria che la società li ha costretti a svolgere. Il risultato è che la scarsa circolazione del denaro, il restringimento dei commerci, la diffidenza verso il guadagno diventano uno dei maggiori ostacoli allo sviluppo. Le angustie del Medioevo, la sua economia asfittica, nascono anche da qui.

Per contro, il cristianesimo produsse sicuramente un ingentilimento dei costumi quando non lo ostacolasse una qualche ragione di contrasto. Nessuno pensò di abolire la schiavitù – gli schiavi erano la base dell’economia –, in compenso il loro destino venne spesso commiserato, in alcuni casi addolcito.

Come è stato autorevolmente affermato da Renan, il cristianesimo vinse perché introdusse nel mondo una nuova disciplina di vita. In questo processo la cultura e la civilizzazione occidentali persero qualcosa, qualcosa guadagnarono.

Il vero grande elemento di novità che la nuova religione introdusse, il cuore della sua «rivoluzione», fu che per quel Dio, unico proclamato vero, si poteva combattere e morire. Ora per diffonderne la fede, ora per difenderne il nome, ora per non rinnegarlo.

Nel mondo pagano nessuno aveva mai nemmeno immaginato una possibilità del genere. Le divinità pagane erano sorridenti, approssimative, dilettantesche – ma non conoscevano la crudeltà né pretendevano d’imporsi come riferimenti morali.

Quel compito tremendo lo assunse, nel bene e nel male, il cristianesimo, di questo è fatta gran parte della storia nel mondo in cui viviamo, cioè l’Europa e il continente americano. Di questo è fatta soprattutto la storia di Roma, ecco perché questo libro descrive anche i luoghi oltre a coloro che li abitarono. Si tratti di costruzioni imponenti o di piccoli angoli nascosti, i luoghi sono lì, sotto gli occhi di chiunque abiti o visiti Roma, e raccontano questa storia. È necessario solo un piccolo clic mentale per collocarli nel loro tempo riscoprendoli nel loro significato. Occorre, in altri termini, saperli guardare con occhi nuovi.»

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