LA CONOSCENZA DEL DESIDERIO

Domenica 10 aprile è andata in scena la performance artistica “Il lato oscuro del desiderio” presso lo spazio Zalib a Trastevere, installazione performativa di Senith, con la collaborazione di Electra, Velvet Madonna, Mila Morandi Maiorelli, Angelo Venneri, Elisa Zedda, a cura di Roberto Cavallini e Barbara Lalle

La location ha sicuramente giocato a favore dell’allestimento, sfruttando sia gli spazi interni che quelli esterni, così che il pubblico potesse muoversi lungo un itinerario non stabilito, fatto di sei “stanze”, sei luoghi di interazione, osservazione, scambio e introspezione.

La performance indaga il concetto del desiderio, quello celato e nascosto, spesso considerato perverso, immorale, come dice il titolo stesso oscuro, ma è attraverso il confronto, in prima battuta con i performers, poi con noi stessi e il nostro subconscio, che si sviluppa la vera intenzione artistica.

Varie le possibilità che si sono poste davanti allo spettatore.

L’osservazione:

Qui il pubblico si è diviso tra chi assisteva in un profondo silenzio e chi scattava foto per immortalare un attimo, un momento rubato; come è avvenuto nella stanza della “schiavitù consensuale” dove si assisteva a corpi legati e umiliati, dove la faceva da padrona una grande rete di corde con appesa una maschera bianca, simbolo di un ruolo da assumere e di un volto da nascondere; ma ancora nel “buco della serratura”, attraverso il quale era possibile “spiare” due corpi in continuo movimento, fatto di balli, interazioni e intrecci a ritmo di musica, e ancora nello spazio “in vetrina” dove viene messo in luce il tema dell’accettazione e del conflitto interiore. La protagonista, posta davanti ad uno specchio, continua ripetutamente a truccarsi e a cambiare il proprio aspetto con parrucche ed accessori. Sullo sfondo un audio continua a raccontare il suo dramma interiore e forti risaltano le parole “ho imparato a conoscermi, ho imparato a perdonare gli altri, ma soprattutto ho imparato a perdonare me stessa”.

L’interazione:

Quella in cui era possibile entrare in contatto col performer. Così è stato nella stanza di “Dammi l’abito e ti farò il monaco” dove il corpo nudo di Angelo veniva vestito dalle intenzioni dell’osservatore; di volta in volta ognuno gli ha dato un’identità diversa, quella che volevamo che rappresentasse per noi, fosse essa legata ad un cappotto coprente o ad un tacco a spillo vertiginoso. Diverso lo spazio di “La chat” dove è stato possibile interagire attraverso la parola scritta, così un computer unisce, ma allo stesso tempo divide. Ognuno può sentirsi libero di interpretare una storia o essere soltanto se stesso; un gioco fatto di linguaggio scritto, ma contemporaneamente di sguardi e sorrisi, perché si è seduti uno di fronte all’altro, ma con l’unica possibilità di relazionarsi attraverso la tecnologia.

L’interpretazione:

Nello spazio dedicato a “Il confessionale” eravamo noi stessi a diventare parte attiva della scena. Invitati a sedere su un trono coperto da un grande drappo rosso, si poteva raccontare e condividere la propria storia e la propria visione del “lato oscuro del desiderio”. Da spettatore si diviene performer, da osservatore ad osservato, da giudice a giudicato.

Attraverso questa performance si accende una nuova possibilità: analizzare il concetto del desiderio nella molteplicità delle sue forme e dei suoi intenti. Potremmo cogliere questa possibilità per eliminare una serie di tabù, attraverso la conoscenza degli altri e di se stessi, perché spesso quello che non comprendiamo o ignoriamo ci porta a pensare che esso sia catalogabile come qualcosa di “Oscuro”. La diversità ha sempre rappresentato la prima forma di critica, sia personale che generale, mentre dovremmo apprezzarne soltanto il suo aspetto di ricchezza. Allora quel lato oscuro evolve in accettazione del diverso, di qualcosa di non convenzionale, che esce al di fuori della logica della tradizione, perché il desiderio, se consensuale, diviene esso stesso piacere.

Dario Bontempi

   

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