La cognata di Gentiloni nuovo direttore dell’Agenzia del Demanio: il ‘clan di famiglia’ mette le mani sulla gestione dei fondi del Recovery Found?

Prima l’avvocato Valentina Canali al ministero della Transazione Ecologica. Poi la cognata alla guida dell’Agenzia del Demanio. Alla fine Paolo Gentiloni è riuscito a piazzare due bandierine fondamentali nella gestione italiana dei soldi del Recovery Found. Sembra proprio che da Bruxelles l’ex presidente del consiglio voglia mettere bocca sulle scelte di Roma nella gestione dei fondi europei per la rinascita dell’Italia. Per ora sembra proprio che ci stia riuscendo creando un vero e proprio clan.

L’avvocato Canali è esperta di reti, energia e infrastrutture, lavora con Sofia Gentiloni Silveri, nipote di Paolo Gentiloni, nel potente studio Gatti-Pavesi-Bianchi, ed è stata introdotta al Ministro Roberto Cingolani dall’ormai onnipresente Antonio Funiciello: il neo capo di capo di gabinetto di Mario Draghi è stato suggerito al neo presidente del consiglio proprio da Paolo Gentiloni che lo aveva avuto al fianco come capo dello staff all’epoca della sua presidenza del Consiglio, tra il 2016 e il 2017. Un semplice incontro, almeno per ora, ma che potrebbe portare a qualche incarico di primo piano fermo restando che l’avvocato sembri avere competenze che potrebbero essere molto utili nella “Transizione ecologica” che l’Italia dovrebbe compiere grazie ad i soldi europei. Un modo per Funiciello per ringraziare il suo mentore.

Ma il clan Gentiloni ha fatto il salto di qualità con la nomina di Alessandra Dal Verme alla guida dell’Agenzia del Demanio al posto di Antonio Agostini.  Dopo alcuni tentativi falliti il consiglio dei ministri ha dato semaforo verde al cambio dell’agenzia di via Barberini. Un ritardo che non è piaciuto, raccontano nei corridoi dei palazzi romani, al Commissario italiano che voleva la cognata alla guida dell’Agenzia già a fine marzo. Ma alla fine è riuscito a piazzare il colpo grazie anche al pressing di Giuseppe Chiné, Roberto Garofali e del sempre presente Antonio Funiciello.

Il nome della Dal Verme, dirigente dell’ispettorato generale per gli affari economici alla Ragioneria dello Stato, non è nuovo alla politica romana. Il suo nome era stato fatto come possibile sottosegretaria alla presidenza del Consiglio o come coordinatore della task force che deve gestire i fondi europei. Ma era stato fatto anche come numero uno del Demanio prima della nomina di Agostini. La scalata della cognata di Paolo Gentiloni ai vertici via Barberini non è stata facile. Mario Draghi, in un consiglio dei ministri di aprile, avrebbe alzato non poco la voce sui ‘cambi’ ai vertici delle agenzie fiscali perché irritato da uno strano attivismo di qualche membro del suo staff e di alti dirigenti di via XX Settembre. Ma a quanto sembra, l’accordo politico, sponsorizzato dal commissario Ue all’Econimia, Paolo Gentiloni, con il supporto, raccontano, di Giuseppe Chiné, Roberto Garofali e Antonio Funiciello ha tenuto ed è stato coronato con la nomina di Alessandra Dal Verme alla guida dell’agenzia del Demanio. Ma da oggi potrebbero iniziare non pochi problemi per il clan Gentiloni. La Dal Verme ricopre il ruolo di dirigente dell’ispettorato generale per gli affari economici alla Ragioneria dello Stato. Una struttura che si occupa di “problemi economico-finanziari concernenti la cooperazione internazionale” e quindi prevede la sua partecipazione in rappresentanza del Ministero dell’Economia in seno alla delegazione italiana ai comitati finanziari e gruppi di lavoro presso OCSE, FISA, ESO, OIL, UNIDO, Organizzazione meteorologica europea, IUE, FAO, CERN, Cooperazione allo sviluppo presso Consiglio Dell’Unione Europea. Ora con il passaggio alla guida del Demanio la cognata di Gentiloni si troverebbe a gestire un bel pacchetto di interventi del Recovery Found.

Sulla Dal Verme pesa, infatti, una ‘incompatibilità’ sia di opportunità politica che tecnica. Innanzitutto c’è il nodo dell’ex presidente del consiglio: tra le incompatibilità dei commissari europei spicca proprio quella di non avere parenti o affini nei Paesi membri dell’Unione europea che gestiscono investimenti e risorse che hanno a che fare con fondi comunitari. E l’attività dell’Agenzia del Demanio riveste un ruolo fondamentale nella progettazione e realizzazione del Recovery Found. A questa si aggiunge una norma del Testo unico della dirigenza pubblica che statuisce che i dirigenti delle amministrazioni vigilanti non possono avere incarichi operativi negli enti vigilati. Insomma la Dal Verme, passando al Demanio, rivestirebbe il ruolo di vigilante e vigilata. Ma non solo: come si legge nel suo curriculum vitae pubblicato sul sito del ministero, è stata Presidente del Collegio Sindacale – Autovie Venete SpA e Componente effettivo del Collegio sindacale – Alitalia SpA. Approdando all’Agenzia del Demanio sarà chiamata a prendere decisioni su dossier di cui si è occupata, in modo diretto, nella precedente esperienza professionale. Su tutti spicca l’affaire Atlantia e quindi Autostrade: un settore di interesse del Demanio che porterebbe la Del Verme, per le sue precedenti cariche, in aperto contrasto con la direzione cui aspirerebbe. Ma c’è anche il nodo porti e spiagge, giusto per citarne alcuni.

La professionalità della Dal Verme non si discute ma è indubbio il pressing senza quartiere di Paolo Gentiloni per volere la cognata in questa posizione di ‘comando’: probabilmente il ‘clan di famiglia’ aspira a gestire la grossa mole di interventi cui è chiamata l’Agenzia nell’attuazione del Recovery Found. Oppure ad incidere su qualche dossier di pertinenza di via Barberini che potrebbe rispondere ad interessi di lobby o gruppi di potere.

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