La boxe cambiò con Clay-Liston

Esattamente cinquanta anni fa cambiò la storia della boxe con un giovanotto di ventidue anni che diviene campione del mondo dei pesi massimi. Il suo nome? Cassius Clay. Con il suo cognome da schiavo aveva già conquistato quattro anni prima una medaglia d’oro alle olimpiadi di Roma. Clay riuscì a battere il killer del ring, l’ex galeotto Sonny Liston entrando nella leggenda. Aveva abbattuto per questo ogni ostacolo cogliendo che bisognava abbattere gli avversari anche dal punto di vista psicologico togliendo loro sicurezza. Liston lo riteneva ”semplicemente un buffone” visto che era andato a provocarlo fin sotto casa. Una notte, alle 3, Clay si era piazzato nel giardino della villa di Sonny e, danzando sull’erba, aveva cominciato a insultare il rivale, andato su tutte le furie anche perché, prima di arrivare, Clay aveva convocato i giornalisti, che avevano assistito divertiti alla scena. Liston aveva dieci anni di più e da raccoglitore di cotone nei campi e poi rapinatore di supermercati era diventato pugile e campione dallo sguardo assassino. Era diventato detentore del titolo battendo Floyd Patterson.Il pubblico del Convention Center di Miami Beach riteneva che per l’Orso Sonny conservare il titolo sarebbe stata una formalità. Le cose andarono invece diversamente e Liston cominciò a dannarsi l’anima per tentare di colpire Clay, che gli ballava davanti colpendolo in controtempo con il jab. Lo sfidante vinse le prime riprese ma dopo la quinta andò all’angolo urlando al manager Angelo Dundee che gli bruciavano terribilmente gli occhi. I suoi secondi riuscirono in qualche modo a neutralizzare lo strano unguento di cui erano cosparsi i guantoni di Liston. L’epilogo ci fu alla settima ripresa, quando fu il campione a dire basta e ritirarsi per problemi per problemi a un tendine della spalla sinistra. Con il “Più Grande”, l’atleta del secolo, il massimo che sul ring era agile e veloce come un peso medio, la boxe era entrata in una nuova era a ritmo di “Ali shuffle”, il passo sul ring che rendeva Clay inimitabile. Clay divenne il simbolo dei neri d’America.

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