La bisbetica domata. Regia di Andrea Chiodi. Produzione Luganoinscena. Foto ©Masiar Pasquali

‘La bisbetica domata’ al Teatro Vascello di Roma dal 19 al 24 marzo

LA BISBETICA DOMATA da William Shakespeare con Tindaro Granata, Angelo Di Genio, Christian La Rosa, Igor Horvat, Rocco Schira, Massimiliano Zampetti, Walter Rizzuto, Ugo Fiore che replicherà al Teatro Vascello dal 19 al 24 marzo dal martedì al sabato h 21 – domenica h 18  presso il TEATRO VASCELLO Via Giacinto Carini 78 Monteverde ROMA, colgo l’occasione per invitarvi prenotatevi subito in una data a vostra scelta.

Teatro Vascello Via Giacinto Carini 78

Cap 00152 Monteverde Roma

www.teatrovascello.it

dal 19 al 24 marzo 2019 dal martedì al sabato h 21 – domenica h 18 (teatro)
LuganoInScena, Centro d’Arte Contemporanea Teatro Carcano
in coproduzione con LAC Lugano Arte e Cultura
LA BISBETICA DOMATA
da William Shakespeare
traduzione e adattamento Angela Demattè
regia Andrea Chiodi
con Tindaro Granata, Angelo Di Genio, Christian La Rosa, Igor Horvat, Rocco Schira
Massimiliano Zampetti, Walter Rizzuto, Ugo Fiore
scene Matteo Patrucco, costumi Ilaria Ariemme
musiche originali Zeno Gabaglio, disegno luci Marco Grisa

La bisbetica domata, o “addomesticata” come si tradurrebbe alla lettera, è una delle prime commedie di Shakespeare, la più contorta forse, la più discussa.
Una commedia che suo malgrado ci fa ridere perché piena di atrocità e di strani rapporti, dove l’amore non è amore ma interesse, dove la finzione è uno dei primi ingredienti già dopo due pagine di testo; insomma una sfida complessa che ci ha portato a scegliere il gioco elisabettiano del travestimento, perché in fondo i rapporti sono così falsati, cosi poco naturali che solo una stranezza quasi animalesca poteva rendere bene l’idea di cuori “selvatici”, appunto da addomesticare. Ma siamo certi che sia solo il cuore di Caterina, la bisbetica, a dover essere domato?

Note di regia
Dunque, che cos’è The Taming of the Shrew? É innanzitutto, credo, un esperimento sul potere manipolatorio della parola. Shakespeare comincia a mostrarci il fascino e la terribilità del linguaggio, il suo potere di cambiare la realtà. Il privilegio di affrontare una delle sue prime commedie mi ha dato modo di osservare il genio che si allena, che verifica e prova a giocare i primi “match” della sua arte, che ne verifica i confini.
Quale parola preferiamo? Quella vitale ma indomabile e fuori dalla società dell’indiavolata Caterina o quella trasformata, terribile ma potente della sua sottomissione? A questa domanda la risposta pare essere facile. Eppure, bisogna guardare Petruccio e le sue strategie, guardare Tranio e le sue manovre e sentirsi presi e affascinati da essi; allora sarà più difficile decidere, sia che siamo donna o uomo, giovane o vecchio. La lingua è magica. La sua ambiguità lavora dentro di noi. Non si può far altro che star davanti al signor Shakespeare che affina i suoi strumenti, goderne e tremare con lui dei suoi azzardi.
Sono entrato dentro il testo, grazie alla traduzione di Angela Demattè, cercando di esplorare le relazioni tra tutti i personaggi, muovendomi dentro l’intreccio delle storie per cercare di far emergere in primis la trama e poi il pensiero dei personaggi e di Shakespeare. In sostanza, per mettere in scena questo autore, per capirne i pensieri, non si può che appoggiarsi alle parole del testo, farle diventare vita e azione in palcoscenico. E come sono queste parole? Le parole finali di Caterina sono terribili. L’ordine che propone insopportabile. Eppure, suscitano un fascino ambiguo. Star davanti alla società umana, che è vita e dilemma, che può precipitare nel caos, può essere molto problematico. Il genio di Shakespeare ci fa sentire la tentazione di un ordine assoluto, definitivo. Il potere della parola coercitiva, anche se irragionevole. Petruccio, sempre con la parola, ci rende partecipi della sua soddisfazione. Ecco che Caterina cede, si sottomette. Impara a non compromettere più la parola con la vita, con le emozioni e i sentimenti. Impara ad usarla come arma, strumento di potere e coercizione. E così riporta l’ordine dentro una società che ha perso forza perché ha perso la sacralità della parola.
Una donna, Caterina, che per avere un posto nella società si fa uomo, parla come un uomo di potere, con dolore si sottomette per diventare la regina della casa. È un’astuzia terribile e amara, piena di una finta rivalsa, la cui eco arriva fino ad oggi.
Andrea Chiodi

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