Jobs act, altro referendum contro Renzi

A dare il fuoco alle polveri è stato l’intervento del ministro del lavoro Giuliano Poletti, che ha sottolineato come occorra andare a votare presto,  anche,  e soprattutto,  per disinnescare il referendum promosso dalla Cgil contro il Jobs act, la riforma del mercato del lavoro che rappresenta il fiore all’occhiello dei mille giorni del governo Renzi e che, stando alle analisi elettorali, può essere stato decisivo nello spingere i più giovani a votare ‘No’ al referendum del 4 dicembre. Il Jobs Act, che il governo si vanta abbia creato posti di lavoro, ma che abolendo l’articolo 18 e aumentando la flessibilità in uscita,  e non soltanto in entrata,  ha anche favorito i licenziamenti, rischia di venire abrogato. I quesiti referendari proposti dalle firme sindacali della Cgil saranno sottoposte al giudizio della Consulta il prossimo 11 gennaio.  Se il referendum abrogativo sarà indetto, si rischia un nuovo effetto destabilizzante ai livelli di quello del referendum costituzionale. In particolare a voler evitare a tutti i costi che si voti sulla riforma del lavoro è l’ex premier Renzi. A tal punto che il Pd sembra stia valutando l’ipotesi di ripristinare l’articolo 18, proprio per scongiurare l’appello alle urne. Per disinnescare la bomba,  o si va al voto prima dell’estate 2017, oppure si sconfessa il Jobs Act. Quest’ultima sarebbe una sconfitta per Renzi, mentre il primo è uno scenario che piace all’ex presidente del Consiglio e segretario del Pd. Ma secondo Maurizio Landini, segretario FIOM/CGIL, non basta: ‘Qui non c’è da aggiustare nulla. I voucher vanno tolti. E si deve tornare allo Statuto dei lavoratori del 1970, allargandone le tutele’.  Ecco quindi rispuntare con prepotenza l’articolo 18 soppresso di fatto dal Jobs act,  e che è  oggetto del referendum della Cgil, assieme ai voucher. La storia dell’art. 18 è nota: un padre dello Statuto come Gino Giugni lo aveva previsto in una delle ultime stesure solo per tentare di ampliare il consenso parlamentare che vedeva il Pci arroccato su una posizione ideologica. Posizione che negava diritto di cittadinanza a scelte sul lavoro che non lo vedessero protagonista diretto, malgrado quelle norme fossero il frutto di lotte unitarie di lavoratori e sindacati,  in particolare dell’industria. Tanto che i comunisti non andarono oltre l’astensione nella votazione sullo Statuto. Negli anni ’90 la questione tornò in auge e vide ad esempio contrapporsi sul tema di una maggiore flessibilità del lavoro D’Alema ed il leader della Cgil Cofferati. In D’Alema la concessione al liberismo non fu altro che il tentativo di allearsi con quei grandi gruppi imprenditoriali e di potere finanziario, orfani della prima Repubblica, per rafforzare il potere post comunista. Per Cofferati fu invece una tappa necessaria per la conquista di una leadership a sinistra ma anche un modo necessario per non spaccare la Cgil proprio quando balenava l’idea di semplificare il panorama sindacale, isolando il maggiore dei sindacati. Il merito come al solito cedette il passo alle strategie politiche. Oggi, tornare totalmente indietro sarebbe anacronistico e il mercato del lavoro è cambiato profondamente, e la difficile priorità è quella di creare il lavoro. Il governo Renzi  ha accompagnato il varo del Jobs act ad incentivi che per mesi hanno favorito le assunzioni. Il perdurare delle incertezze sul futuro, l’assenza di politiche economiche espansive, la carenza di investimenti privati ha fatto il resto, e sono ripresi i licenziamenti. Il   secondo punto del referendum è relativo  all’abolizione dei voucher. Che non sono niente altro che la riedizione, ingigantita, del proliferare delle partite Iva.   Un espediente delle imprese , alla faccia del lavoro stabile, per aggirare la scelta di assumere.  Abolire del tutto i voucher forse non sarebbe positivo perché le piccole imprese finirebbero in difficoltà. Il problema vero è, in realtà, ridurre la  precarietà.   In tal caso  la proposta Cgil va oltre i quesiti referendari e pone all’attenzione generale la questione dei diritti del lavoro.

Cocis

 

Circa Cocis

Riprova

Ultima ‘nonsense’ di ‘Lollo’: ‘Un piatto di formaggi italiani obbligatorio nei menù dei ristoranti’

Nei comandamenti culinari della destra di governo qualcosa sta sfuggendo di mano a Francesco Lollobrigida, …

WP2Social Auto Publish Powered By : XYZScripts.com