Italiani in Tunisia scrivono a Salvini: ‘Anche noi qui siamo immigrati e ci hanno accolti con il sorriso’

‘L’unico modo per arginare l’immigrazione è garantire sviluppo e stabilità’,  con queste parole, un vero e proprio slogan sulle sue intenzioni, il ministro dell’Interno Matteo Salvini ha dato il via alla visita istituzionale a Tunisi, sottolineando l’impegno ad aiutare le imprese italiane che vogliono investire in Tunisia e ringraziando quelle che già lo hanno fatto e danno posti di lavoro nel Paese.

Ad accogliere Salvini, l’ambasciatore d’Italia a Tunisi, Lorenzo Fanara, e il direttore generale della Cooperazione internazionale del ministero tunisino dell’Interno, Ezzedine El Amri. Salvini ha in programma un incontro anche con il presidente della Repubblica, Beji Caid Essebsi.

Nel frattempo, in occasione della visita del leader leghista, un gruppo di italiani a Tunisi, fatto di attivisti, ricercatori e persone che a vario titolo operano nel paese nordafricano, ha scritto una lettera aperta al vicepremier lombardo.

Ecco il testo integrale

In quanto cittadini italian’ residenti in Tunisia, abbiamo sentito il bisogno di portare alla sua attenzione alcune semplici considerazioni, strettamente legate alla nostra condizione di ‘immigrati’ in terra straniera. L’occasione ci è offerta dalla sua visita al nostro paese di accoglienza questo giovedì 27 settembre 2018.

La nostra prima considerazione riguarda il motivo reso noto della sua visita, cioè, secondo le sue dichiarazioni, la volontà di capire perché in un paese bellissimo, libero, con un parlamento, un governo, strade, ospedali, scuole, le tunisine e i tunisini sentono comunque il bisogno di lasciare la loro terra. Sebbene con traiettorie individuali e situazioni di partenza sensibilmente differenti, anche noi italiani residenti in Tunisia abbiamo lasciato l’Italia. E lo abbiamo fatto con le stesse motivazioni che animano oggi i tunisini : la ricerca incessante di condizioni di vita migliori. Nel 2016, quasi 125.000 italiani, in gran maggioranza giovani, hanno lasciato il nostro ‘bellissimo paese’, nonostante esso conti numerose strade, ospedali e scuole. Noi non resteremmo in Tunisia oggi se le nostre condizioni qui non fossero migliori di quelle che avevamo o avremmo in Italia. Con ogni probabilità, deve essere la stessa cosa per le nostre amiche e i nostri amici tunisini.

Certo, troverà l’ipotesi probabilmente fantasiosa, ma la storia ci ha insegnato che nulla, o quasi, è impossibile. Ed allora ci siamo chiesti: e se accadesse anche a noi? Si, se un giorno un ministro dell’interno tunisino decidesse di condurre una crociata mediatica contro gli stranieri residenti nel suo paese, e per di più, decidesse di iniziare proprio dal paese più vicino, praticamente limitrofo, l’Italia. Noi cosa faremmo in Italia? Quale sarebbe il nostro destino? Chi ci accoglierebbe? E quali opportunità troveremmo nel nostro paese, che molti di noi hanno lasciato proprio a causa della mancanza di prospettive?

Ma sì, lo sappiamo bene, un tale scenario non accadrà mai, e per una ragione tanto semplice quanto inaccettabile eticamente: popoli e individui diversi non detengono gli stessi diritti. Una tale assenza di reciprocità è tanto più insopportabile in quanto non è oggetto di alcun dibattito pubblico, né a nord né a sud del Mediterraneo. Eppure noi, i privilegiati della globalizzazione delle disuguaglianze, continuiamo a viaggiare in Tunisia senza visto. La potenza del nostro passaporto rosso ci permette di lavorare e produrre ricchezza per noi e per il paese che ci accoglie.

Come possiamo ragionevolmente spiegare un tale livello di disuguaglianza ai tunisini che ci hanno accolto, da più di un secolo, anche quando a sbarcare qui non era proprio ‘il meglio dell’Italia’, e possibilmente anche qualche galeotto?

Le chiediamo pertanto di impegnarsi con la stessa attenzione per la tutela e gli interessi degli italiani in Italia che per quelli degli italiani fuori d’Italia che sono parimente cittadini italiani ma anche di avere un’attenzione particolarmente benevola in questo paese amico che è la Tunisia, paese che attraversa una transizione democratica a seguito di una Rivoluzione, il cui popolo ha saputo rovesciare una dittatura decennale, ma che vive oggi un forte disagio economico. E cio’ malgrado ha saputo accoglierci, oggi come ieri, con il sorriso.

Caro Ministro, queste poche righe non hanno la presunzione di avere anche un benché minimo impatto sulla sua visita in Tunisia né sugli obiettivi che essa persegue. Tuttavia, in Italia, il dibattito s’è acceso sulle nuove disposizioni nel cosiddetto ‘Decreto sicurezza ed immigrazione’. Senza entrare in considerazioni di merito, noi pensiamo che le parole contano in politica quasi quanto i fatti, per cui è necessario che esse siano il più preciso possibile.

Questo decreto, Ministro, introduce misure che tendono a rafforzare l’arsenale securitario, vale a dire atte al mantenimento dell’ordine tramite un maggiore controllo sulle persone. La sicurezza è un obiettivo molto più complesso e difficile da raggiungere, poiché essa è strettamente connessa al livello di benessere ed ai valori di tolleranza delle società in cui viviamo, ed è quindi perseguibile solamente attraverso la riduzione delle disuguaglianze e delle ingiustizie e l’acquisizione di diritti per i più emarginati delle nostre società, oramai globalizzate.

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