Nella sala Verdi dell’Hotel Quirinale (affollata da un pubblico dall’età media sorprendentemente giovane), i conservatori europei hanno parlato a più voci e non solo per un fatto geografico (hanno infatti partecipato delegati dalla Svezia alla Spagna, dalla Croazia al Regno Unito) ma soprattutto perché hanno raccolto le diverse sensibilità politiche, a confronto in vista delle elezioni europee in programma nel 2024.
«L’evento – come hanno spiegato gli organizzatori Fantini, Giubilei, Tatarella – ha aperto di fatto la campagna elettorale per le europee non solo da un punto di vista politico ma anche culturale e meta politico. Italian Conservatism – si dicono convinti gli organizzatori – è l’inizio di un percorso che ci porterà a organizzare varie iniziative per costruire finalmente un’Europa dei popoli e delle nazioni».
Ma sono stati soprattutto il tema immigrazione e quello delle alleanze elettorali che hanno tenuto banco nel corso degli interventi dei vari relatori. Tra le diverse anime, da una parte ha spiccato l’antieuropeismo di Gianluigi Paragone che ha annunciato alla platea del Quirinale che Italexit non si presenterà alle Elezioni europee (la soglia di sbarramento al 4% lo metterebbe quasi sicuramente fuori) per poi articolare una violenta intemerata contro l’istituzione Unione europea. A fargli da ideale contraltare Antonio Giordano, segretario di Ecr. «La politica si fa con il pragmatismo – ha ricordato il deputato di Fratelli d’Italia – e alle elezioni europee si vota col sistema proporzionale». Per poi ricordare che «se già in Italia è complesso armonizzare le esigenze di un cittadino della Sicilia con quello del Trentino, in Europa gli elettori alla frontiera con la Russia hanno posizioni ed esigente completamente diverse dalla nostre. Come pure la sensibilità di un cittadino svedese con quelle di un elettore del sud Italia». Mai come adesso ha concluso Giordano servono «buon senso e buona volontà» per arrivare a una sintesi politica vincente per i conservatori europei».
Evento più atteso dell’ultima giornata, l’intervista di Luca Telese a Gianfranco Fini. L’ex leader di Alleanza nazionale non ha lesinato elogi al governo, in particolare al premier Meloni sul fronte dell’emergenza migranti. «Nell’attuale contesto europeo il governo italiano sta facendo tutto il possibile e lo sta facendo bene e il Piano Mattei può essere la soluzione per arginare in maniera concreta i flussi migratori». Fini ha ricordato che «Meloni sta agendo in sede europea e sta agendo con i Paesi di partenza». «Oggi – ha aggiunto l’ex presidente della Camera – ci sono Paesi che rifiutano di riprendersi i loro connazionali e in quei casi il foglio di via è inutile. Solo con stretti accordi bilaterali con i Paesi di partenza si possono rendere piu’ agevoli i rimpatri». Fini ha anche elogiato anche, da ex ministro degli Esteri del governo Berlusconi, l’attuale responsabile della Farnesina. «Non capisco le contestazioni alle frasi di Tajani sulla Germania. Se una nave adempie a un dovere salvando dalla morte un migrante, lo porta nello Stato di cui quella nave batte la bandiera. Diventa difficile contestare la limpidezza di questa considerazione». A questo proposito ha ricordato la definizione del presidente Mattarella sul Trattato di Dublino “preistorico”. E sulla legge che porta la sua firma (la Bossi-Fini) non ha mancato di osservare «che 22 anni sono tanti, è cambiato il mondo» ed è «cambiata la storia». Per poi lanciare una stilettata alla sinistra. «L’hanno tanto contestata ma non l’hanno mai cambiata quando sono stati al governo».
La seconda giornata di Italian Conservatism ha registrato, tra i diversi interventi, quello del viceministro dell’Economia Maurizio Leo, che ha illustrato alla platea la svolta della riforma fiscale attuata dal governo. Una rivoluzione «nel rapporto tra fisco e contribuente», «un cambio di paradigma incentrato sulla certezza del diritto e la semplificazione».
In un’intervista a Milano Finanza il sottosegretario con delega all’Attuazione del programma, Giovanbattista Fazzolari, rimette in ordine i dati sugli indicatori economici, a partire dallo spread, che in questi giorni sono stati utilizzati da sinistra e giornaloni per sostenere la tesi di un governo in bilico, addirittura agitando lo spettro dell’esecutivo tecnico. “Il governo è arrivato con uno spread a 230 mi sembra. E all’epoca nessuno si era preoccupato mi pare…”, ha ricordato Fazzolari, sottolineando che “la Borsa rappresenta un termometro della fiducia dei mercati nel governo e dello stato di salute dell’economia nazionale” e “i mercati si sentono sicuramente rassicurati dal governo Meloni, percepito come affidabile, serio e stabile”.
“E – ha proseguito – si sentono rassicurati da quanto fatto sinora dall’esecutivo, con buona pace di quanti hanno tentato di spaventare i mercati e le cancellerie estere parlando di centrodestra pericoloso e inaffidabile”. “I fatti sono più importanti della propaganda”, ha quindi commentato il sottosegretario, ricordando anche che “con il mondo imprenditoriale abbiamo un dialogo costante e costruttivo, remiamo nella stessa direzione. Per quanto riguarda i mercati, i dati che hanno fatto registrare da quando il governo è in carica parlano da soli. Stanno ad indicare una grande fiducia in questo governo che, accompagnata alla fiducia degli italiani, ci incoraggia a perseguire sulla strada che abbiamo intrapreso”.
Quello che si registra, ha osservato ancora Fazzolari, è “un rallentamento evidente e atteso, anche dalla Commissione europea che da inizio a fine 2022 ha ridotto di 2 punti percentuali la crescita media 2023 prevista per le nazioni dell’Unione. La verità è che l’economia italiana sta andando meglio di quanto ci si aspettasse”.
L’esponente di FdI, quindi, si è soffermato sulla manovra nella quale “confermeremo il taglio del cuneo contributivo, che già quest’anno ci ha permesso di aumentare le buste paga dei lavoratori con redditi medio-bassi di oltre 100 euro al mese, e daremo avvio alla prima fase della riforma del fisco iniziando dall’intervento sul primo scaglione Irpef”. “Il rallentamento dell’economia in corso e l’andamento dell’inflazione – ha chiarito – richiedono una politica di sostegno ai redditi reali delle famiglie, in particolare quelle con redditi più bassi, ancora più incisiva di quella sinora realizzata. Per questo proseguiremo anche sulla strada dei rinnovi contrattuali del pubblico impiego, con particolare riferimento alla sanità”.
“Non sarà una legge di bilancio semplice, come del resto non lo è stata la precedente quando abbiamo dovuto destinare buona parte delle poche risorse disponibili a contrastare l’emergenza del caro energia. Questa volta – ha chiarito – si aggiunge anche il fardello dei maggiori interessi sul debito, che da soli valgono più o meno la metà di quanto vale solitamente una manovra, e la catastrofe annunciata dei bonus edilizi”. “Sicuramente, come abbiamo confermato nella Nadef, concentreremo le risorse su alcune priorità che fanno parte del programma di coalizione e che – ha concluso Fazzolari – sono avvertite come tali anche dagli italiani: famiglie e natalità, redditi e pensioni più basse, avvio dell’attuazione della delega fiscale per ridurre il carico fiscale su cittadini e imprese, lavoro, imprese e sviluppo economico, sanità”.