Ha fatto molto discutere nelle scorse settimane la direttiva Ue sulla classe energetica delle case. Si tratta di un pacchetto di norme proposto dall’Unione Europea per incoraggiare la ristrutturazione degli edifici esistenti e la costruzione di nuovi edifici ad alta efficienza energetica, con l’obiettivo di ridurre i consumi energetici e le emissioni di CO2 del parco immobiliare dei 27 Stati membri. L’iter parlamentare non sarà breve, e alcuni paesi – Italia e Polonia in primis – stanno provano a mitigarne gli effetti.
La Commissione Europea ha stabilito per ora alcuni obiettivi minimi da raggiungere negli Stati membri, tra cui quello di rinnovare almeno il 15% del patrimonio edilizio in classe G, portandolo almeno al grado F entro il primo gennaio 2027 per gli edifici non residenziali e entro il primo gennaio 2030 per quelli residenziali. Bruxelles ha fin qui lasciato a ciascuno di essi la libertà di trovare i migliori incentivi per stimolare le ristrutturazioni.
La direttiva ha l’obiettivo di ridurre l’inquinamento generato dagli edifici, in quanto questi sono responsabili di oltre un terzo delle emissioni di gas serra nell’Unione Europea e il 75% di essi è inefficiente dal punto di vista energetico. Secondo la Commissione Europea, ridurre queste emi8ssioni è un passo fondamentale per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050. La revisione della direttiva sulla prestazione energetica degli edifici, fa parte del pacchetto “Fit to 55%” e mira ad adottare politiche più green per l’edilizia in Europa.
Una transizione del genere comporterebbe costi significativi per l’Italia, che ha un parco immobiliare vecchio e una larga diffusione della proprietà immobiliare. In meno di dieci anni si chiede quindi ai proprietari di intervenire sulle loro case e ristrutturarle, senza però adeguate agevolazioni, il costo dell’operazione potrebbe essere elevato e ricadere in modo significativo sui cittadini. Motivo per cui iul governo italiano si è messo di traverso a livello comunitario. Lapidario sul tema Matteo Salvini: “Ci opporremo, nel nome del buon senso e del realismo, come governo ma soprattutto come italiani: la casa è un bene prezioso, frutto dei sacrifici di una vita, luogo di memorie e affetti.
Come ha ricordato proprio Salvini citando i dati dell’Ance, oltre 9 su 12,2 milioni di edifici residenziali sono stati costruiti prima dell’entrata in vigore della normativa sul risparmio energetico e dunque non sarebbero in grado di garantire le performance richieste dalle nuove regole.
Nicola Procaccini, eurodeputato e responsabile nazionale Energia e Ambiente di FdI, è più morbido ma ugualmente risoluto: “Siamo tutti d’accordo sugli obiettivi finali che il provvedimento persegue, ma contestiamo la mancanza di flessibilità e la tempistica che viene imposta agli Stati. Per questo ci batteremo e proveremo a costruire un fronte trasversale, che possa arrivare anche ai liberali, per riportare la direttiva sulla strada del buonsenso e sostenere questo percorso di efficientamento energetico e di riduzione dei consumi, non con paletti, soglie e sanzioni, ma promuovendo, finanziando e sostenendo incentivi e percorsi di maggiore gradualità”.
Il governo Meloni è pronto alle barricate contro la direttiva “Green” europea sulle case. Non c’è un altra definizione, occorre parlar chiaro: sarebbe una «patrimoniale camuffata». La casa è sacra e non si tocca, è la stella polare con cui Fratelli d’Italia si sta muovendo contro il tentativo dell’Unione europea di rifilare all’Italia, con la direttiva sull’ efficientamento energetico, una normativa che va a ledere i diritti dei proprietari. La proposta di subordinare la possibilità di vendita o fitto di un immobile appartenente ad una classe energetica alta è una ipotesi irrealistica e devastante, soprattutto per l’Italia. Sarà una corsa contro il tempo: “la presidenza di turno svedese dell’Ue è infatti decisa ad approvare entro sei mesi la normativa. Che di fatto impone l’obbligo di ristrutturare due immobili su tre per ridurre i consumi energetici. L’obiettivo, ha annunciato in conferenza stampa il premier svedese Ulf Kristersson insieme alla presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen, è arrivare con un testo pronto alla plenaria di Strasburgo del prossimo 13 marzo.
Stampa, Repubblica e giornaloni titolano più o meno tutti:“La destra contro l’Europa”. Alzi la mano tra gli italiani chi non si sia imbestialito di fronte a una simile iniziativa. Confedilizia e L’Ance chiamano il governo a questa battaglia contro il tempo: l’associazione dei costruttori italiani lancia l’allarme sulla base di alcuni dati che troviamo sul Messaggero: “Su 12,2 milioni di edifici residenziali, più di 9 milioni «non sono in grado di garantire le performance energetiche indicate dalle nuove normative; e soprattutto nei tempi brevi previsti». Tradotto: tre edifici su quattro finirebbero sotto la scure immobiliare europea voluta da Verdi e sinistra. Ancora dati Ance: il 74% degli immobili italiani è stato costruito prima che entrasse in vigore la normativa sul risparmio energetico e sulla sicurezza sismica. Numeri che spingono il governo ad agire, prima che sia tardi”.
Con queste premesse, il terreno si preannuncia lungo e accidentato. Il 9 febbraio il testo arriverà in commissione per l’industria, la ricerca e l’energia (Itre) insieme alla pioggia di emendamenti, oltre 1500, firmati in gran parte dal blocco di centro-destra all’Europarlamento – che va dal Partito Popolare europeo, a Ecr (Conservatori e Riformisti europei), passando per Identità e Democrazia -, tra i cui banchi siedono anche i tre partiti della maggioranza di governo (FdI, Lega e Forza Italia), nettamente contrari.
La Commissione ha tuttavia fissato gli obiettivi generali ma lasciato discrezionalità a livello nazionale sul percorso, con gli Stati chiamati a mettere a punto un proprio piano di rinnovamento del parco immobiliare, anche attraverso l’individuazione di standard minimi di prestazione energetica nel settore residenziale. Battaglia dunque aperta.