Istat: Italia crescita zero

Quell’alone di incertezze sul futuro che avvolge e blocca l’industria, porta come risultato una crescita pari allo zero, che se dovesse prolungarsi per un periodo più o meno lungo, la nostra industria manifatturiera subirebbe ulteriori tagli di capacità produttiva con conseguenze negative in termini di occupazione.

L’Istituto di Statistica a Ferragosto tira fuori dati allarmanti sul Pil. Si sa ancora poco sul peso delle varie componenti, ma una traccia sembra averla indicata, comunicando che a determinare la “crescita zero” del secondo semestre 2016 , c’è stata una diminuzione del valore aggiunto dell’industria, solo in parte compensata dall’incremento dell’agricoltura e dei servizi. Una gran parte dell’industria italiana vive come in attesa di eventi ‘nuovi’ e di decisioni che vengono dall’alto per spingerle ad investire e quindi aumentare la loro produttività. Una delle cause principali risiede nell’aumento del grado di incertezza che avvolge sia il futuro prossimo del governo sia, più in generale, l’evoluzione del quadro geopolitico internazionale. Un’incertezza che blocca i piani di investimento, la voglia di procedere ad acquisizioni, di creare una rete di imprese o anche di lanciare nuovi prodotti sul mercato. Ritengo, però, che l’industria italiana oltre a subire negativamente questi fattori di condizionamento, celi dietro di sè un quesito che può essere sintetizzato così:quanto del nostro apparato produttivo riusciremo a traghettare dal mondo pre-crisi al nuovo post-crisi, che ad oggi è ancora un’incognita? La Confindustria sostiene che un quarto dell’impresa ha ampiamente passato il guado, un altro quarto è annegato e l’altro 50% che avrebbe l’opportunità di raggiungere la riva, corre seriamente il rischio di annegare.E’ evidente che se la crescita dovesse attestarsi intorno allo zero ancora per molto tempo, la nostra manifattura subirebbe ulteriori tagli di capacità produttiva, con una ricaduta negativa in termini di occupazione. I dati pubblicati dall’Istat preoccupano anche perché viene sottolineata la circostanza che la ripresa in termini di consumi interni dei trimestri precedenti si è interrotta. La vendita nelle grandi catene di distribuzione sono salite, si fa per dire, dello 0’3% nonostante che circa il 30% dei prodotti fosse in promozione. L’unico settore che sembra non aver subito rallentamenti è quello dell’auto, a luglio le immatricolazioni hanno fatto segnare un + 2,6% e tra queste la Fiat, con alcuni modelli di piccola cilindrata è diventata la regina del mercato.Un altro settore che sembra risvegliarsi dal torpore in cui era caduto è quello immobiliare, anche se lo stock di invenduto continua a pesare. L’unica voce, brillante e trainante e che ci aiuta ad evitare il peggio, rimane l’export. Ma alcune tendenze neo-protezionistiche, di alcuni stati, sembrano farci guardare al futuro con grande apprensione. Di fronte a queste tendenze servono idee nuove, che però si devono tradurre in fatti e ci si deve riuscire in tempi utili, prima che sia troppo tardi.

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